Capiolo 3 - 1° giorno di lezione: conoscenze.

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Io e Mike dopo quel giorno non ci parlammo più.
In camera facevamo finta che non esistessimo, in modo da non avere, per forza, bisogno di scambiare la parola.
E andava bene così!
Avevo messo le corde che gli  avevo comprato dentro il cassetto del mio armadio.
Però il portachiavi era sparito!
Lo avevo cercato ovunque: sotto il letto, dietro il comò, sotto la scrivania, dentro la borsa, ma nessuna traccia.
Mike non doveva averlo sicuramente, sennò glielo avrei visto nelle chiavi.

All'ora di lezione d'arte il professore si impegnò a conoscerci, e  chiederci il motivo della scelta di quella materia. Sembrava uno che ci tenesse molto a instaurare un buon rapporto insegnante-alunno!
Mi venne in mente la mia professoressa di Italiano del primo anno di superiori.
Poverina, si impegnava tanto nelle sue lezioni, anche quando non ne poteva più,  ed era esausta di dire sempre le stesse cose, cercava di aiutarci in tutti i modi.

Ma ero fermamente sicura che con un professore uomo non sarebbe mai accaduto un caos.
È vero, con una donna è più facile riuscire a fare casino, ma l'uomo sa prendere meglio la situazione in mano.
Certe volte il nostro sbaglio era proprio questo: lasciarci sfuggire la situazione di mano, lasciando che se ne approfittassero della nostra debolezza.

Misi il mento sul palmo della mano, ascoltando i miei compagni presentarsi. Speravo che non toccasse mai a me, mi imbarazzavo troppo!
Avevo preso posto accanto alla finestra, in prima fila.
La classe in cui eravamo si affacciava al campo da basket, contornato da erbacce, e da un prato ben curato.
Un misto stra il brutto e il bello, credo..
E Mike..

"Tu come ti chiami?" La voce del professore mi fece sussultare, mi imbarazzai.
"Io sono Alessandra. Alessandra Drago" sorrideva. Se ne stava seduto sulla cattedra con una gamba alzata, e con le mani poggiate sul ginocchio. Aveva i capelli arruffati, portati corti, e la barba di tre giorni, mista al nero e grigio.
"Raccontaci un po' di te" mi incitò, prendendo completamente posto a sedere sulla cattedra.
"Beh io vengo dall'Italia, mi sono trasferita qui due anni fa a causa di problemi in..famiglia" l'ultima parola la dissi quasi sussurrando.

Dentro il petto mi si formò un nodo al ricordo di tutto quello che avevo passato.
La voce iniziò a tremarmi. "Ecco..io.."
Non riuscivo più a parlare, mi sentivo come se mi avessero tolto la capacità di formulare una frase di senso compiuto.
Nella stanza c'era silenzio, mi sentivo gli occhi di tutti addosso, e qualcuno bisbigliava cose incomprensibili.
Mi sentivo un pesce for d'acqua.

"Bene! Molto interessante, Alessandra." Sorrise il professore. Cercò di alleviare la situazione che si era creata cambiando discorso.
Tenevo lo sguardo basso. Stavo morendo di vergogna.
L'ora passò in fretta, e la campanella suonò segnando la fine della seconda ora.
Ci alzammo tutti per andare nelle altre apposite classi per svolgere le materie che avevamo scelto.

"Alessandra scusami.." stavo passando davanti la cattedra con la borsa a tracolla, e due libri stretti al petto.
"Si?" Mi fermai dopo aver sentito il professore richiamarmi.
Dopo che tutti furono fuori dall'aula, si alzò e si mise di fronte a me.
"Prima ti ho visto molto turbata quando stavi parlando della tua famiglia. C'è qualcosa che non va? Vorresti parlarne?" Si offrì gentilmente, con un sorriso rassicurante.
Apprezzai quel gesto. L'interesse che stava dimostrando nei miei confronti.
"La ringrazio dell'interessamento, ma non ha importanza. Insomma, non credo che ne abbia adesso.." dissi sconfitta.
Perché mi ero arresa ormai.

"Ne sei sicura?" Chiese accarezzando la mia spalla.
Sorrisi debolmente, e annuii.
Avevo di nuovo quel nodo in gola, se non fossi uscita, sicuramente, sarei scoppiata a piangere davanti a quest'uomo che si offrì di aiutarmi.
Presi un lungo respiro.
"Dai, vai alla prossima lezione! Se hai  bisogno chiedi di me alla signora Rooney, lei ti saprà dirmi dove trovarmi." Sorrise.
"Grazie!" Uscii dalla stanza a passo svelto.

Una volta fuori dalla classe, presi un bel respiro, chiudendo gli occhi, cercai di tornare rilassata.
Sentivo i muscoli tesi, come se l'incubo avesse ripreso vita, e non potevo affatto permetterlo!
Qualcuno mi diede una spinta, facendomi arrivare i libri per terra. Pensai che l'avessero fatto apposta, e invece..
"Devi perdonarmi, ti prego! Sono sbadato e.." guardò l'ora nel suo orologio. "..e pure in ritardo!"
Prese i miei libri e guardò se fossero interi prima di consegnarmeli.

Era un ragazzo alto e abbastanza magrolino, con dei capelli biondo scuro. Indossava una camicia azzurrina, con una polo dello stesso colore. Sembrava un tipo simpatico, ma il problema era uno: non mi aveva dato tempo di dirgli di non preoccuparsi per la spinta.
"Aspetta, ti prego!" Lo supplicai alzando le mani. "Non fa niente, capita di essere sbadati" Ridacchiai.
"Io sono proprio un caso disperato, tesoro mio"
Lo disse in un modo che mi fece ridere ancora più forte. Anche sul suo viso spuntò un risolino, pure se provava a nasconderlo.

"Mi chiamo Alessandra, e tu?" Chiesi una volta smesso di ridere.
"Io sono Roman." Si pronunciò lui sembrando un soldato pronto per la missione. Mi guardò attentamente. "Non sei americana?"
Scossi la testa. "Italiana. Ma neanche tu sembri americano"
"Sono Russo."
Iniziammo a camminare lungo il corridoio.
"Che classe cerchi?" Domandai. Magari avrebbe potuto aiutare a trovare la mia.
"Psicologia. E tu?"
"Anche io!" Esultai.
Lui rise. "Dovrebbe essere questa.." guardò all'interno, e quando tornò  a fissarmi era arrossito.
Inarcai un sopracciglio. "Allora?"
"Si..si, sisi, è..è..questa." Iniziò a balbettare ed entrò  a passo svelto, prendendo posto all'ultima fila, accanto alla finestra.

Lo raggiunsi e presi posto accanto a lui. Mise gli occhiali e iniziò a guardare un gruppetto davanti a noi.
"Tutto bene?" Mi preoccupai vedendo quel suo cambiamento improvviso.
"Cosa?" Mi guardò. "Ah. Si, tutto bene" sorrise.
La professoressa entrò in classe e tutti presero posto.
Anche queste 2 ore passarono in fretta, ed era già ora di pranzo.
Guardai Roman. "Ti va di pranzare insieme?"
"Si, certo!" Alzò lo sguardo verso quel gruppetto di ragazzi, e poi si mise in piedi, incitandomi di camminare.
Era strano. Molto strano.

Arrivammo in mensa e iniziammo a guardare cosa ci fosse. Prendemmo dei vassoi e mettemmo l'acqua, io presi la frutta, mentre Roman afferrò un piatto riempiendolo di patate.
"Vedo che ti piacciono le patate." Lo presi in giro.
"Senso retorico?"
"Cosa?"
"Intendi pure.."
"No!" Avampai.
Scoppiò a ridere. "Stavo scherzando, sta tranquilla!"
Prendemmo altre cose e andammo a sederci.

La mensa era piuttosto grande, e molto elegante. Ne rimasti stupita!
Di solito nei film le mense erano luride, ma qui era perfetta.
Roman riprese a guardare quei tre ragazzi che erano nella nostra classe.
Mi chiedevo se fosse giusto chiedergli il motivo.
"Ma tu cosa pensi delle persone..beh ecco..gay?" Mi domandò girando la forchetta nel suo piatto.
"Nulla contro. Sono persone normali. Perché?"
"No, così!" Scrollò le spalle. "Mi piacerebbe avviare una campagna contro la violenza sulle persone omosessuali, ma metà delle persone qui, cioè ma maggior parte, non approvano. Voglio evitare fiaschi."
"Se non ci provi, non puoi saperlo"
"Hai ragione!"
"Se vuoi posso aiutarti" sorrisi.
"Sarebbe magnifico!" Sorrise e iniziammo a pranzare cambiando discorso.

Il pomeriggio presi il mio portatile e accesi Skype. Isabella era online e decisi di video-chiamarla.
Attaccai le cuffie e quando nello schermo apparve il suo viso sorridente, sentì la mancanza scavalcarmi.
"Finalmente! Pensavo fossi morta" Ridacchiò.
"Scusami, ho avuto da fare e..il college" Sventolai la mano. "Sai com'è"

"No, non lo so" rise. "Dai sta tranquilla! Piuttosto raccontami: come ti trovi?"
"Non mi lamento. Oggi ho avuto le prime lezioni, ed ho  fatto amicizia con un ragazzo"
Sul suo viso spuntò un sorriso malizioso.
"No Isa, non è come pensi tu."
"Che peccato!"
La porta della camera si aprì e Mike entrò senza guardami.
"Chi è quello?" Chiese Isa.
La guardai e feci segno di smetterla, e deviare il discorso.

Attraverso la videocamera vidi Mike avvicinarsi verso la scrivania e prendere un mazzo di chiavi.
Uscì dalla camera sbattendo la porta.
"Allora? Chi è?" Domandò nuovamente.
"Il mio compagno di stanza"
Si accigliò. "Non mi prendere in giro! Non è possibile!"
"Beh, qui lo è. Non avevano altre camere, ed hanno combinato alcune stanze mettendoci misti" Raccontai.
"Però è un figo."
"È antipatico!" Protestai.
"Che gli hai combinato?"
"Gli  ho rotto la chitarra.." ammisi abbassando lo sguardo.
"Ma..Alessandra!"
"Giuro, non volevo!" Mi difesi. "Gli ho pure comprato le corde per chiedergli scusa, ma non ha accettato"
Scosse la testa. "Dai tempo, magari farete amicizia"
"Non credo proprio! Ma non me ne importa, va bene così."

Parlammo un altro po' e poi  Isa dovette staccare.
Decisi di leggere un libro, ma dopo un paio di pagine, caddi nel sonno.
Mi sentivo turbata.
Iniziai a girarmi e rigirarmi nel letto.
Di nuovo quell'incubo.

A Lonely Night. ||Mike Bird||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora