38. Debiti

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Mi sveglio di soprassalto, colpita dai raggi luminosi del sole che riflettono sulla finestra della camera da letto e arrivano dritti sul mio volto. Accanto a me la mia piccola dorme tranquilla, tra le braccia della sua mamma, e vedere il suo viso sereno porta un po' di sollievo nel mio cuore roso di tristezza. Mi chino sulla testolina di Mary Jane e le do un bacio tra i capelli chiari, morbidi, che pian piano stanno diventando sempre più lunghi, poi la stringo contro il mio petto per sentire la sua vicinanza e il suo calore, per sentirla respirare. Sospiro e allungo un braccio verso l'altra metà del letto, scoprendola vuota, fredda, facendo accrescere la desolazione e il senso d'impotenza in seguito a ciò che è accaduto, a ciò che non tornerà più. Istintivamente porto quella mano al mio ventre, scostando la stoffa della maglietta e tirando un sospiro carico di frustrazione. Una lacrima scivola lungo il mio volto, per poi cadere sulla manina di mia figlia, dissolvendosi sulla sua pelle morbida. La piccola apre pian piano i suoi occhietti azzurri, facendo dei versi contrariati e assumendo un'espressione buffissima, uguale a quella di un'altra persona di mia conoscenza. Ho un magone tremendo alla bocca dello stomaco, mi trovo costretta a scacciare ogni ricordo inerente alla tragedia accaduta, al dolore che ha causato in tutti noi, alla terribile realtà dei fatti. Vorrei poter chiudere gli occhi e dormire ancora un po', ma la piccola ha bisogno di me, quindi mi metto seduta e la sistemo sulle ginocchia, dandomi qualche minuto prima di scendere al piano di sotto e prepararle il latte; Mary Jane preferisce quello della sua mamma, ma da un mesetto a questa parte ho iniziato con il latte in polvere, su suggerimento del medico. Di solito la mattina preferisco allattarla al seno, ma oggi mi sento ridotta a uno straccio. Non so dove riesca a trovare la forza di rimettermi in piedi, ma riesco nell'intento, barcollando un attimo ma restando in equilibrio, fermandomi tuttavia non appena avverto un dolore al basso ventre. Alzo la maglia per scoprire il livido che mi ha lasciato quel mostro schifoso, proprio sotto la pancia, vicina al mio bambino che, ringraziando il cielo, è sano e salvo. Mi ricopro subito non appena sento dei passi avvicinarsi alla stanza e tiro un sospiro di sollievo vedendo Annie, in lacrime, raggiungermi a braccia aperte.

«No, ti prego», la scongiuro, con gli occhi lucidi. «Non ti ci mettere di nuovo. E' già abbastanza difficile».

«Lo so, ma sono ... distrutta», piagnucola, appoggiandosi contro la mia spalla. «Ho pianto tutta la notte. Io ... non riesco a darmi pace».

Con un braccio, le cingo la schiena, comprensiva. «Va tutto bene. Non dobbiamo disperarci. A che serve? Se non reagiamo, se ci abbandoniamo al dolore, finirà per distruggerci completamente».

«Sì, hai ragione», concorda, sciogliendo l'abbraccio e cercando di ricomporsi. «Ma è tutto così triste».

«Mamma? », una vocina, appartenente al piccolo Edgar, irrompe all'improvviso nella stanza, facendo sussultare subito Annie, la quale cerca di ripulirsi il viso per non essere vista da suo figlio in quello stato, e lo raggiunge prendendolo in braccio. «Ti sei svegliato, amore della mamma. Hai dormito bene? »

Il piccolo annuisce, appoggiandosi contro il suo petto. «Papà? »

Ad Annie le si riempiono di nuovo gli occhi di lacrime, deglutisce, mi guarda e poi apre bocca per dare una risposta a suo figlio. «Papà sta bene, non preoccuparti». Poi prova a cambiare discorso, avvicinando il piccolo a Mary Jane. «Guarda che bella. La tua futura moglie, tesoro».

Edgar scuote il capo, facendo una smorfia di disgusto. «No».

«Cosa? », sbotta Annie, inorridita. «La apprezzerai sicuramente dopo che vi sarete sposati, tranquillo. Tua madre sa quello che fa, è un buon partito».

«Annie», la riprendo, con la voce rotta dal pianto ma divertita da quel dolce quadretto. «Non pensi che dovrebbe scegliere da solo con chi sposarsi? Non è una scelta che spetta a te».

Purple Conjuction - Shades of LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora