Lo osservo mentre è disteso sul letto, nudo, apparentemente addormentato. Il petto si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro, gli occhi blu e profondi sono chiusi, riposano, l’espressione del suo volto è dolce come quella di un bambino, e quella leggera barbetta che gli fa da cornice è la ciliegina sulla torta che non mi permette di togliergli lo sguardo di dosso. Sono le due del mattino, Mary Jane si è appena addormentata, per la seconda volta, come sempre mi sono dovuta alzare per calmarla, visto che il suo paparino non vuole di che saperne di darmi una mano di notte.
«Tanto lo so che non dormi», esclamo, mettendomi a braccia incrociate e continuando a fissarlo, a pochi passi dal letto. «La piccola si è addormentata, puoi riaprire gli occhi».
Attendo con impazienza che sollevi le palpebre, ma, visto che quel carro armato sembra non avere la ben che minima intenzione di accontentarmi, salgo sul letto e mi metto a cavalcioni su di lui. Immediatamente le sue labbra prendono la forma di un sorriso furbo, mente posa le mani sui miei fianchi, mi chino a baciargli la fronte, poi gli occhi, coccolandolo come se fosse un bambino, soffermandomi sulla sua bellissima bocca virile. Ne assaporo lentamente il profumo, intanto che sotto di me qualcuno inizia a mettersi sull’attenti, per poi sfiorargli le labbra e aspettare una sua reazione. La mano di Jack risale sul mio corpo fino a posarsi sulla nuca e attirarmi a sé per divorarmi la bocca con uno dei suoi baci focosi e passionali. Sistemo le mani sul suo petto, sulle cicatrici, rabbrividendo davanti all’intensità di quel bacio, al contatto delle nostre lingue calde che giocano spostandosi da una bocca all’altra e al sentire la sua barba sfregare contro le mie labbra.
«Non è colpa mia se continua a chiamare sempre e solo la mamma», si giustifica, lasciandomi un attimo per riprendere fiato.
«Prima o poi lo dirà, a quel punto non potrai più tirarti indietro», lo metto in guardia, mentre prendo a strusciarmi contro di lui. «Tra due settimane compirà un anno, ti rendi conto? Come vola il tempo, sembra ieri che mi guardavo allo specchio meravigliata perché la nostra piccola stesse crescendo dentro di me».
Jack mi abbaglia con un sorriso dei suoi e si tira sui gomiti, fissandomi con intensità fin in fondo l’anima. «Dai, tanto lo so che stai per dirlo. Ripetimi ancora una volta che compirò trentanove anni, avanti».
Scoppio a ridere per quanto sia adorabile in questo momento, con quell’espressione accigliata, il sorriso da birbante e gli occhi sorridenti. «Sei proprio un vecchietto, allora».
Aggrotta la fronte, facendo il finto offeso. «Vuoi provocarmi, gioiellino? »
«Sono incinta», gli ricordo, allungandomi per strappargli un altro bacio veloce.
«Me lo segnerò da qualche parte», mi avvisa, mettendosi seduto e appoggiando la schiena alla testiera del letto. «Non vedo l’ora di conoscerlo, a tal proposito», afferma, riferendosi al nostro piccolo. «Intanto potremmo ripassarci un po’ il suo concepimento, che ne dici? »
«Dico che sei un vero stupido», controbatto, tirandogli un destro contro il petto. «E che ti amo tanto». Faccio scivolare le mutandine in un secondo, sotto ai suoi occhi ardenti di desiderio e amore, non riuscendo in nessun modo a reprimere la voglia che ho di lui, malgrado vorrei non dovergliela dare vinta ogni volta e provare a resistergli. Più passa il tempo e più Jack Lewis si monta la testa, soprattutto quando l’oca di turno prova ad attaccare bottone con lui.
«A cosa stai pensando? », chiede, gemendo. «Ti vedo pensierosa. Non mi va bene che tu pensi ad altro mentre stai facendo l’amore con me, lo sai».
«Non sto pensando ad altro, sto pensando a te», lo rassicuro, ridendo. «Stavo pensando a te e a tutte quelle che ti sbavano dietro».
«Ah, smettila», inarca la schiena, trattenendo a stento un sorrisetto compiaciuto. «Scommetto che scapperebbero a gambe levate vedendo il mio corpo».
«Cosa? Il tuo corpo è bellissimo», esclamo, sconvolta dalle sue parole. «Perché dovrebbero scappare via? »
«Piccola, il mio corpo è bellissimo per te, perché per uno strano motivo che io non riesco a spiegarmi tu non vedi tutte queste orrende cicatrici, ma ne sono sollevato».
«Orrende cicatrici? », sbotto, contrariata. «Se non stessimo facendo quello che stiamo facendo, ti giuro che ti prenderei a schiaffi».
«Ma sono orrende, amore», prosegue, con un sorrisone bellissimo che mi annienta totalmente. «Per il resto, sono un bell’uomo, non c’è che dire. Piaccio molto alle donne».
«Ti guardi un po’ troppo allo specchio, per i miei gusti. Non starai mica diventando narcisista? »
«Sto solo imparando a conoscermi, come la mia piccola psicologa personale mi ha amorevolmente suggerito», mi stuzzica. «Guardarmi allo specchio mi ha sempre creato disagio, ora non più».
Sul serio, vorrei mettermi a urlare dalla contentezza. «Gesù, quanto ti amo».
« Non ti fermare, però», geme, chiudendo gli occhi. «Sei fantastica. Diventi ogni giorno più brava».
«E’ per questo che mi permetti di stare sopra? », lo provoco.
«No». Riapre gli occhi e li affonda direttamente nei miei. «Nel tuo stato devi stare per forza sopra, ma va bene così. Sarò paziente. Tu … continua».
«Continuo? », gemo, muovendomi piano sulla sua erezione. «Ti piace? »
«Oh sì, cazzo», mormora, scuotendo il capo da una parte all’altra. «Più veloce, ti prego».
I suoi gemiti mi invogliano ad aumentare il ritmo, tuttavia preferisco di gran lunga fare l’amore in modo lento, assaporare secondo per secondo la bellissima sensazione di lui dentro di me, di Jack ed io che diventiamo una cosa sola.
«Mi ricordi perché ti sei innamorata di me, piccola? », domanda, proprio mentre sento il piacere montarmi dentro.
«Perché hai impedito che mi sfracellassi il sedere, afferrandomi in tempo, davanti alle porte dell’ascensore», rispondo, chiudendo gli occhi e affondando le unghie nelle sue ampie spalle, un attimo prima di lasciarmi definitivamente andare, di sciogliermi.
«Non ti fermare», mi supplica, tenendomi stretta dai fianchi e digrignando i denti, quasi all’apice del piacere.
«E tu? », proseguo, ansimando. «Perché ti sei innamorato di me? »
Si scioglie e sul suo viso appare un’espressione di pura beatitudine. «Perché eri troppo buffa».
Gli pianto le mani sui pettorali, nel frattempo che entrambi riprendiamo fiato. «Come? », chiedo, sbigottita. «Buffa? »
«E sexy», aggiunge. «Molto, molto sexy».
«Non è vero», rido a crepapelle, riempiendolo di teneri schiaffi. «Non ero sexy, non prendermi in giro».
Mi blocca i polsi, si tira su e si mette seduto a guardarmi profondamente negli occhi, mentre porta le mie mani alle labbra, baciandole delicatamente. «Ti trovavo buffa, goffa, terribilmente fuori posto. E io mi sentivo uguale, in mezzo a tutti quelli. Sei stata una ventata di aria fresca. Mi hai reso vulnerabile, ma forte al tempo stesso. Tu sei stata la prima e l’ultima donna della mia vita».
«Mm prima? », borbotto, lasciandomi avvolgere tra le sue braccia forti e appoggiando il capo contro il suo torace.
«Sì, l’unica», insiste, accarezzandomi i capelli. «e ti amo».
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Purple Conjuction - Shades of Love
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