Cap. 6

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6. Afire Love

Camila's POV

Per il resto del pomeriggio non so esattamente come impiegare il tempo insieme a Lauren.
Okay, ci sarebbero letteralmente milioni di cose che potremmo fare o di cui potremmo parlare, se non ci fosse il piccolo dettaglio che abbiamo troppo in sospeso.
E il mio è più un volermi distrarre dalle domande che continuano a minacciare di uscire dalla mia bocca.

Perché non voglio e voglio intensamente sapere allo stesso tempo?
Che razza di meccanismo si è instaurato per farmi ragionare in questo modo malsano?
È tardo pomeriggio e non ho messo piede fuori casa neanche per fare una passeggiata, forse impaurita che Lauren potesse scappare.
D'altronde non sarebbe la prima volta.

"Non lavori oggi?" mi chiede lei, mentre prende qualche boccone della macedonia di banane e fragole che le ho fatto poco fa.
Mi stringo nelle spalle.
"Sono il capo di me stessa e ho almeno quaranta segretari a occuparsi degli affari al posto mio se non ci sono"
Lauren si alza leggermente dal letto per raggiungermi nella posizione in cui mi trovo, ovvero seduta sul bordo.
"Oppure vuoi tenermi d'occhio?" chiede, alzando un sopracciglio.
Apro la bocca per difendermi, ma il silenzio che segue è solo una conferma ai suoi sospetti.
"Sono mezza zoppa, dove vuoi che vada?" ironizza ed io sbuffo altrettanto sarcasticamente.
"Non lo so, forse dove sei andata quattro anni fa" rispondo, più aspramente del dovuto.

Ciò mi fa guadagnare un silenzio mortificante da parte sua, e mi pento quasi subito di essermi spinta tanto oltre.
"Camila... Lo so. So quello che ho fatto ma so anche perché l'ho fatto. E so che sei arrabbiata ma..." si passa una mano fra i capelli in un gesto frustrato "capirai al più presto"
Scuoto la testa, iniziando ad infastidirmi per le sue continue frasi criptiche.
"È quello che mi hai scritto anche in quella dannata lettera, Lauren! Eppure ancora non ho capito niente" sbotto e lei si ritrae impercettibilmente, intimidita dal mio repentino cambio di umore e alla menzione di quel documento dopo tanto tempo.
"Ti ho trovata quasi morta in mezzo ad una strada e tu ancora non mi hai spiegato che ci facevi lì" continuo.
"Nemmeno tu" interviene lei ed io sgrano gli occhi.
"Ci sono finita per sbaglio, per l'amor di Dio!"
"Anch'io" ribatte.
"Non ti credo. Conosci New York, io ci vivo da a mala pena un anno" rispondo, fissandola negli occhi.

Lauren fa un sospiro, quasi con atteggiamento arreso.
Scommetto che sta inventando un'altra scusa.
"Puoi odiarmi se vuoi, posso andare via di qui anche adesso se preferisci, ma non chiedermi di spiegarti qualcosa di così complicato perché credimi, l'ultima cosa che volevo era che fossi tu a trovarmi l'altra notte"
Le sue parole mi feriscono terribilmente e faccio per alzarmi, ma lei mi trattiene per il polso.
"Fammi finire di parlare" afferma, guardandomi coi suoi occhi glaciali e penetranti.
Ci rifletto su un attimo, tentata di non darle quella opportunità perché stanca di stare a sentire scuse.
Però resto perché ovviamente prevale la mia parte fragile e disposta a tutto per lei.

"Non volevo che mi trovassi tu perché adesso so che devo fare i conti con cose del mio passato con cui credevo di aver chiuso. Perché ci sono dettagli della mia persona che potrebbero non piacerti, troppi. Perché ho paura che avendoti rincontrata finirò col fare qualcosa di cui mi pentirei perché non posso farlo"
"Il tuo discorso è troppo generico" scuoto la testa, ancor più confusa.
"Non posso essere più specifica di così" lei deglutisce, stringendo la presa al mio polso nonostante io sia immobile.

"Penso che trovarti in quella strada sia stata la cosa migliore che potesse capitarmi" dico, la voce che mi trema leggermente ripensando a tutta la sofferenza arrecata dalla separazione. "È per questo che non ti ho chiesto nulla... Volevo che restassi a casa mia il più possibile. Anche una volta ripresa... Perché non riuscivo a sopportare l'idea che saresti scappata di nuovo. Ma non posso fingere che non ci siano cosa che ho bisogno di sapere" confesso, misurando le parole e i sentimenti.
"E credi che io non voglia dirtele?" domanda, la sua voce calma e bassa.
"Credo che tu non ti fidi abbastanza da potermele dire" puntualizzo fissando il pavimento.

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