Cap. 7

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7. Fall into your arms

Lauren's POV

Camila nota il mio sguardo di disappunto interamente rivolto al ragazzo al suo fianco e si schiarisce la voce per richiamare la mia attenzione.
Torno quindi alla sua figura con la spalla appoggiata allo stipite della porta e mi avvicino a passo svelto per esaminare con maggiore attenzione l'intruso.

"Uhm... Patrick, ti spiace se ci sentiamo più tardi?"
Gli occhi grigio-azzurri del biondino corrono incerti lungo un raggio immaginario fra me e Camila, poi annuisce.
"Certo, ci sentiamo per messaggi. Non voglio trattenerti" balbetta e si mette le mani in tasca dopo essersi aggiustato il cappellino stile Michael Jackson in testa.
Lo seguo andare via con lo sguardo e mi volto verso Camila solo quando lo vedo sparire dietro la porta del suo appartamento.

"Ciao" mi saluta lei, nervosamente.
Faccio solo un cenno con la testa, ancora troppo presa ad investigare mentalmente sull'identità di questo Patrick. Mi si formano talmente tante idee che ad un tratto scuoto la testa d'istinto.
"Entra" dice Camila, spostandosi dalla soglia per farmi passare.
Cammino con cautela, come fossi su un campo minato.
La ragazza richiude la porta dietro di sé prima di piazzarsi davanti a me.
"Che ci fai qui?" mi chiede, con un piccolo sorriso sulle labbra.
È a disagio... brutto segno.

"Volevo venire a trovarti, non posso?" mi esce un tantino più rudemente del solito, forse volontariamente.
Camila si accorge del mio umore e ne sembra quasi in soggezione.
"Qualcosa non va?" domanda infatti, il suo tono è molto dolce e calmo, tutto il contrario del mio.
"Chi era quel tizio?"
"Il mio vicino di casa"
"E cosa voleva?"
Forse dovrei fermarmi prima che sia troppo tardi, tuttavia la curiosità si accende dentro di me come la miccia di un esplosivo.
"Nulla... Stavamo solo parlando, ci siamo conosciuti qualche sera fa ad un locale e non sapevamo di abitare nello stesso palazzo. È un mio amico, tutto qui" spiega, lo sguardo un po' incredulo.
"La solita scusa del vicino di casa, un classico" borbotto, più a me stessa che a lei.
Non riesco a togliermi dalla testa il suo viso arrossato, chiaro segno che fosse imbarazzato.
Da chi? Da cosa?
Da Camila, perché gli piace. Chiaro come l'acqua.

"Lauren... Mi spieghi che ti prende? Non capisco dove vuoi arrivare"
Camila si mette a braccia conserte, con fare difensivo.
"Ti ha chiesto di uscire con lui?"
"Non ci credo..." sospira.
"Rispondimi" insisto, sul sentiero di guerra.
"Sei gelosa" afferma lei, poi si passa una mano fra i capelli "oh, mio Dio. È palese, sei gelosa!"
"Non è vero" ribatto io.
Cavoli, sembro proprio una bambina.
"Sei così... Esagerata" esclama lei, prendendo a camminare avanti e indietro per il soggiorno.
Io rimango immobile al mio posto.

"No, affatto. Forse lui dovrebbe imparare a essere meno evidente" commento, a denti stretti.
"E magari tu dovresti imparare che alcune cose non sono di tua competenza!"
Mi ritraggo al suo tono brusco, presa alla sprovvista.
Camila lo nota e si volta da un'altra parte per nascondermi il suo viso.
"Non c'è nulla fra me e lui, ma credi quello che vuoi. In ogni caso mi sembra assurdo il tuo atteggiamento. Non puoi pretendere di decidere con chi debba frequentarmi dopo che tu... Tu..." il suo discorso termina con un grugnito frustrato ed io abbasso il capo, totalmente colpevole.

Ha ragione. Chi voglio prendere in giro? Davvero mi sto permettendo di fare la gelosa dopo averla abbandonata come fosse nulla?

"Hai ragione" ripeto ad alta voce "È stata una pessima idea venire qui, oggi" affermo, anche se la rabbia che provo verso me stessa emerge e sembra diretta verso di lei.
"Bene! Tanto va a finire sempre e comunque così!" urla lei, ed io le dò le spalle aprendo la porta e sbattendola una volta uscita.

Solo quando mi trovo faccia a faccia con la superficie fredda del portone blindato mi rendo conto dell'enorme casino che ho combinato.

Al solito, viva gli impulsi che ti spengono il cervello.

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