Capitolo 3

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Edoardo le sembrava un tipo molto protettivo, poteva vederlo ogni volta che uno dei ragazzi osava toccare la sorella, dire che lo fulminava con lo sguardo era riduttivo. Mentre era intenta ad osservarlo, lui portò le mani in alto per stiracchiarsi, cosi facendo, la maglietta nera si sollevò, quel poco che permise a Bea di ammirare un fisico scolpito. Perfetto, osò pensare.
<Smettila di fissarmi anche qui. Sei inquietante.>le disse incrociando le braccia al petto. Che antipatico <Perché vi siete già visti voi due?> indagò Claudia.
<Sul treno era seduto davanti a me...>
<Ed è stata tutto il tempo a fissarmi> Puntualizzò lui, mettendola in imbarazzo davanti a tutti.
<Ero solo persa nei miei pensieri! Non ti montare la testa.> alzò le mani al cielo esprimendo tutto il suo disappunto.
<Smettetela voi due.> intervenne Francesco.
<Allora Bea, studi?> le chiese Marco accavallando le gambe.
<Tra qualche giorno ho il test di ammissione a medicina.> A quelle parole Edoardo alzò la testa e per tutta la conversazione, la guardò con la coda dell'occhio, accennando a volte anche un piccolo sorriso.
Mentre camminavano per tornare alla macchina, lasciò che gli altri camminassero più avanti e si avvicinò cautamente a lui.
<Prima eri tu che mi fissavi.> sputò, sentendosi improvvisamente coraggiosa e guadagnandosi un'occhiataccia.
<Non so di cosa tu stia parlando.> Si portò la sigaretta alla bocca, l'accese e buttò fuori il fumo grigio, tutto come se fosse stato a rallentatore , e lei ne era ammaliata .
<Quando parlavo dell'Università > gli ricordò.
Lui si fermò prendendola per le spalle e quel tocco le bruciò la pelle, immobilizzandola.
<Ti svelo un segreto, Beatrice...> la guardò intensamente e lei trattenne il respiro <Ho gli occhi anch'io.> detto questo avvisò gli altri e andò via. Rimase ferma lì, non riusciva a muoversi , le gambe erano pesanti e respirava a fatica. <Bea ti vuoi muovere?! > la chiamò suo fratello, risvegliandola dallo stato confusionale.

Quella notte fece fatica ad addormentarsi. I soliti incubi erano tornati a farle visita ed erano dolorosi, tanto quanto un pugno in pieno stomaco. Vedeva quegli occhi fissi nei suoi, le sue mani sul proprio corpo e il suo respiro pesante mentre pronunciava il suo nome. Per un periodo Bea aveva odiato il suo stesso nome per colpa sua. Le faceva schifo. Si faceva schifo.
Perse tanti chili e dormiva pochissimo, non aveva contatto con altre persone e tendeva ad isolarsi molto spesso.


<Bea io ti amo. Ma devi fare tutto quello che ti dico io.> <È questo l'amore?> chiese strozzando in gola un singhiozzo.<È questo l'amore. Non esistono altri modi per stare con una persona.> Si muoveva sopra di lei e provava piacere. Mentre lei si faceva schifo e lui le faceva ribrezzo. Ma lo amava. 

Si svegliò di colpo e guardò l'orologio. Le 5:00 del mattino. Senza fare rumore si lavò, indossò e prime cose che trovò e uscì di casa.
L'aria fresca di settembre le era sempre piaciuta, anche se la sua stagione preferita era l'inverno. Quell'inverno gelido, che ti spacca le dita e fa seccare le labbra.
Iniziò a correre lungo il viale alberato, per scacciare tutta la tensione e la rabbia che aveva in corpo. Man mano che passava il tempo accelerava, respirando sempre più a fatica. Correva ormai da mezz'ora e i suoi polmoni bruciavano, così come le gambe.
All'improvviso si scontrò con quello che le sembrò un ammasso di muscoli e calore, si scusò subito continuando a correre ma lo sconosciuto la fermò, tenendole il braccio e facendola voltare.
<Mi spieghi cosa fai in giro a quest'ora>
<Potrei farti la stessa domanda.> Edoardo indossava un pantalone grigio, delle scarpe sportive e un cappellino nero con la visiera da cui fuoriuscivano ciocche di capelli neri.
<Io sono un uomo, per una ragazza è pericoloso!> si stava preoccupando per lei?
<Avevo bisogno di correre.> disse spostando la sua mano ancora ancorata al suo braccio.
<Potevi aspettare almeno che uscisse il sole!> Si tolse il cappello e passò una mano tra i capelli tirandoli indietro. Questo le diede l'occasione per guardarlo meglio e notò delle profonde occhiaie che contornavano i suoi magnifici occhi. In quel momento era come se il ragazzo freddo e scontroso che aveva conosciuto qualche giorno prima non fosse mai esistito.
<Vedo che non hai dormito molto neanche tu.> A quelle parole si irrigidì cambiando subito espressione.
<Non per tutti la notte è fatta per dormire.> ci fu un attimo di elettricità tra di loro ,lo sentiva. Ma durò poco perché subito dopo la prese per il polso e la tirò via dal marciapiede.
Non appena la toccò Bea si piantò sull'asfalto <Che cazzo fai, cammina.> le ordinò provando a riprenderla per il braccio , ma lei fu più veloce e lo schivò.
<Non mi devi toccare.> lo guardò dritto negli occhi e notò come confusione <Non fare la stup-> cercò di prenderla per mano nuovamente ,ma si allontanò, questa volta indietreggiando.
<TI HO DETTO CHE NON. MI .DEVI .TOCCARE.> gridò scandendo bene le parole. Lui scosse la testa divertito dandole della pazza isterica. <Sai che ti dico? Vaffanculo Beatrice. Resta qui da sola.> Si girò e riprese a correre, lasciandola tremante con le sue paure ,mentre alla fine della strada il sole stava sorgendo.

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