Capitolo 6

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<Bea mi dispiace.> La sua voce ruppe il silenzio tanto da farla saltare dal letto. Si portò una mano al petto e accese la lampada sul comodino.
<Ma dico sei impazzito! Vuoi per caso farmi venire un infarto!>
A passi lenti si avvicinò a lei senza mai distogliere lo sguardo dal pavimento.
<Non dovevo parlarti cosi. Perdonami.> Sollevò la testa per poterlo guardare meglio, era cosi bello che faceva male.
<Non preoccuparti. Non è successo niente.> Gli sorrise cercando di rassicurarlo, ma la sua espressione non cambiò.
<È solo che..> Con la mano picchiettò sul letto, per invitarlo a sedersi.
Guardò fuori dalla finestra, il cielo stellato e la luna regnavano nell'immensità di quella distesa blu.
Sentì il materasso abbassarsi, segno che Edoardo aveva accettato la sua richiesta, si fissava le mani spaccate e gonfie, devono proprio far male.
<Ora capisci perché non volevo che venissi a casa mia? Perché non ho mai fatto venire nessuno? Questo è l'unico luogo in cui riesco a sfogare tutta la rabbia che ho in corpo. Specialmente la notte.> disse quasi sussurrando, eppure quelle parole le graffiarono la gola.
<Non puoi capire> Fece per alzarsi, ma lei fece in modo che rimanesse dov'era.
<Hai ragione, non posso capire. Però forse posso aiutarti>
<E come?> Scosse il capo mentre sul suo volto si formò un ghigno.
<Parlandone. Sai, gli psicologi, non servono a niente, non aiutano affatto, vogliono far scomparire il dolore così come i tuoi soldi. Lo dico per esperienza personale. L'importante è che tu abbia qualcuno, in grado di ascoltare davvero le tue pene. Certo non scomparirà, ma almeno potrai condividerne il peso. Io sono qua, fai quello che vuoi ma provaci. Non ce la faccio a vederti così >

Non poteva credere di averlo detto sul serio, lui le si avvicinò, poggiando la schiena sulla spalliera del letto, le sue dita spingevano con forza il palmo delle mani, mentre la fissava riducendo gli occhi a due fessure. <Cosa ne sai tu del dolore?>
Alzò le spalle e si morse le labbra diventando nervosa.
<Sei perfetta, di quale tipo di dolore potresti mai essere in possesso>
<Non credevo fossi il tipo di ragazzo che giudica senza conoscere. Ti consideravo più maturo.>
<Ti sto dicendo solo quello che vedo. O quello che mi lasci vedere...quello che lasci vedere a tutti>
<Io non dico che sei un assassino solo perché vai in guerra. Non ho paura di te perché hai delle armi in casa. Io non ti giudico.>Alzò il tono di voce, in modo che il concetto fosse ben chiaro.
<Non...non hai paura di me? Anche dopo quello che ho detto?>
<No Edo. Non ho non paura di te, altrimenti non sarei qui a parlarti.>
Il suo più grande difetto era sempre stata la sincerità. Aveva sempre parlato chiaro, senza troppi giri di parole, e questo non sempre era un bene. Spesso le persone fraintendevano la sincerità, non comprendevano che non tutti erano capaci di mentire.
A causa di questo, nella vita aveva sempre perso tanti amici, persone che alla fine si rivelavano per quello che non erano.
<Se ti mostrassi il vero me... cambieresti idea all'istante.> Detto ciò si alzò ed uscì dalla stanza, lasciandola con mille dubbi, che non avrebbero lasciato la sua testa tanto facilmente.
Guardò l'orologio che segnava le 4:30 del mattino, decise che era il momento di alzarsi per scendere in strada.  Indossò le prime cose che le capitarono sotto mano e aprì la porta scorrevole. Edoardo era intento a prepararsi, si alzò il cappuccio della felpa e si diresse verso l'uscita.
<Dove vai?>le chiese nel momento in cui la notò
<Prova ad indovinare>
<Allora corri con me. Ti ho detto che di notte è pericoloso.>
Scesero con l'ascensore guardandosi di sfuggita tramite gli specchi.
<Chi arriva prima al parco vince!> non gli lasciò nemmeno il tempo di rispondere, che cominciò a correre verso la distesa d'erba davanti a se. Non sentendo i suoi passi alle spalle, si voltò e si rese conto che era sparito.
Ad un tratto si sollevò magicamente da terra e vide il cielo farsi pian piano più vicino. Due braccia troppo forti le cingevano la vita e con sua grande sorpresa, lo sentì ridere. Quel suono non l'avrebbe mai dimenticato.
<Non conosci la città mia cara. Ho vinto.> soddisfatto della sua impresa camminò verso una panchina.
<Mettimi subito giù!> gli tirò tanti piccoli pugni sulla schiena che gli provocarono solo solletico.
Quando toccò di nuovo l'asfalto con i piedi, Edoardo le si parò davanti <Mi conoscerai giorno per giorno, ma devi promettermi che non scapperai> voleva farlo e sapeva che non se ne sarebbe pentita.
<Te lo prometto>

Ti Prometto Una Vita - In RevisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora