Capitolo 5

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Appena entrata in casa, una strana pace la travolse. Era tutto perfettamente pulito e in ordine, strano per essere la casa di un ragazzo che viveva da solo.
L'appartamento si trovava all'ultimo piano e aveva una terrazza con vista mozzafiato. L'ambiente era molto moderno, i mobili variavano intorno ai colori bianco e nero. La cucina e il soggiorno erano separati solamente da un open space e la camera da letto era dotata di una finestra grande quanto la parete. Le sembrava di volare.
<Puoi sederti se vuoi.> Edoardo sembrava molto imbarazzato, cosi decise di accontentarlo, si mise sul divano mentre lui le portò la valigia in stanza per poi tornare con delle coperte.
<Lascia faccio io.> Cercò di prendergliele di mano ma lui non glielo permise.
<Dormirò io sul divano, tu starai nel mio letto.> Nel parlare non si degnò di guardarla neanche per un secondo, le sembrava quasi un ordine. <Ma è casa tua posso sta->

<Senti non iniziamo a discutere. Una settimana è lunga.> arrabbiato lo vide uscire dalla porta principale senza dire più una parola poi dicono che le donne sono quelle strane.
Entrò in bagno e si fece una lunga doccia, i getti dell'acqua uscivano laterali dalla parete rilassandole i muscoli. Mise l'accappatoio e guardandosi intorno, si maledì per non essersi portata il cambio in bagno. Si affacciò per guardare attraverso la porta finestra, Edoardo stava fumando una sigaretta mentre usava il cellulare. Sgattaiolò fuori e si chiuse la porta scorrevole alle spalle.
Bea aveva sempre odiato i pigiami, perché si arrotolavano sulle gambe lasciandole scoperte a prendere freddo. Mise un leggins nero e una maglietta grigia della Nike. Quando aprì l'armadio per riporre i vestiti, la prima cosa che vide, fu la divisa da militare e gli scarponi.
Provò una morsa al cuore pensando a quel ragazzo con gli occhi di ghiaccio ,nelle vesti di soldato , a combattere una guerra che non gli apparteneva.
<Ho comprato un panino con la mortadella, tuo fratello mi ha detto che ti piace.> la informò entrando in stanza e porgendole la busta. Era sorpresa, ma la cosa che le fece più effetto, fu il fatto che Edoardo si fosse informato sui suoi gusti personali e che avesse fatto quel gesto per lei.
Per tutta la durata della 'cena' nessuno dei due parlò, un po' per imbarazzo e un po' per la fame.
<Che giorno è oggi?> chiese lui, mentre gettava il tovagliolo del panino nel cestino.
<Sabato.> alzò lo sguardo e lo vide avvicinarsi, la prese per un braccio e la portò fuori dalla porta finestra. Lei si irrigidì, quando le si mise dietro e appoggiò la mano sinistra sul suo fianco.
<Beatrice non ti faccio niente.> La sua voce le arrivò ovattata, come se si trovasse in un tunnel sottoterra.
<Stai tremando. Ma cosa ti hanno fatto Bea?> a quelle parole si risvegliò uscendo dalla sua bolla. Scosse la testa e fece per andarsene, ma la bloccò con un braccio costringendola a guardarlo negli occhi.
<Non so cosa ti sia successo in passato, ma voglio solo farti vedere una cosa. Fidati di me.> Per la prima volta la guardò intensamente negli occhi, come se volesse leggerle dentro e Bea si sentì vulnerabile.
<Va bene> si girò e le strinse la vita con un braccio, mentre con la mano destra indicò un punto impreciso verso l'orizzonte.
<Ogni Sabato sera dei fuochi d'artificio illuminano il cielo, non so perché lo facciano, ma guardarli è qualcosa di speciale. Ne sparano sempre 5 e sempre blu, dopodiché si fermano> nel momento in cui i fuochi illuminarono il cielo, Edoardo strinse la presa attorno al suo bacino e istintivamente Bea gli toccò la mano, sentendo una scarica elettrica pervaderle il corpo.
Le accarezzò il braccio sollevando la stoffa della maglia e si irrigidì di nuovo.
<Rilassati per favore.> Il naso di Edoardo le solleticava il collo e il suo respiro si fece pesante e irregolare, il cuore minacciava di uscirle dal petto e le gambe diventarono molli.
<Basta ti prego.> Si fermò e dopo averle lasciato un bacio tra i capelli, tornò in casa.
<Sicuro di voler stare sul divano?> si avvicinò a lui restando comunque a una distanza di sicurezza. Annuì e si portò una mano ai capelli. Indossava un pantaloncino nero e una maglietta del medesimo colore , solo allora, si rese conto che portava al collo la placca identificativa, la classica targhetta del militare.
<È tutto ok?> Si alzò mettendosi seduto e iniziò a scrutarla dalla testa ai piedi. Annuì e scappò in camera per l'imbarazzo.  <Non ti mangio mica!> urlò lui dall'altra stanza e lo sentì ridere. Che progressi.
Si mise a letto e tirò le lenzuola fino al petto, l'odore di Edoardo era ovunque e questo la fece sentire inaspettatamente tranquilla e al sicuro. Annusò le coperte e si rese conto che qualcosa in lei stava cambiando, il suo corpo reagiva diversamente, non aveva più tanto timore, era solo  tesa. Qualcosa in lei le diceva che poteva fidarsi. Avrebbe dovuto cominciare a farlo?
Con quei pensieri calò in un sonno profondo, che però fu interrotto poco dopo, ma non dai soliti incubi, bensì da alcuni colpi rumorosi e sordi provenienti da un'altra stanza.
Un altro colpo, poi un altro e un altro ancora. Scese dal letto, si mosse lentamente verso la porta scorrevole. La aprì e Edo non c'era, iniziò ad avere paura e a pensare che qualcuno fosse entrato in casa. Si guardò di nuovo intorno, ma non percepiva nulla, finché vicino ai piedi del divano vide qualcosa muoversi. Con la poca luce che filtrava, non riuscì a riconoscere chi o cosa fosse, ma quando quella figura alzò la testa si rese conto che si trattava di Edoardo, così, senza pensarci troppo, piombò su di lui.
<Hey, mi hai spaventata, cosi ci fai a terra?> lo guardò meglio e notò le sue mani piene di sangue.
<Oddio, cos'è successo! Vieni che t-> gli prese una mano, ma la respinse facendola finire sul pavimento.
<Non mi devi toccare! Non ti avvicinare a me!> urlò per poi tirarsi i capelli.
<Ma stai sanguinando.>
<Vai in camera.> La sua voce era più calma, ma il suo sguardo era pieno di rabbia e odio.
<Hai sgretolato il muro...>
<Se non vuoi fare la stessa fine sparisci.>
A quelle parole sussultò, si alzò di corsa e andò in camera lasciandolo lì, da solo e in frantumi.
Arrabbiato con solo Dio sapeva cosa.

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