Capitolo 9

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Un fascio di luce entrava dalla grande finestra della camera da letto, e andava a posarsi proprio sul suo viso. Sentì l'esigenza di stiracchiarsi, ma non appena provò a muovere un braccio, qualcosa glielo impedì. Provò a girarsi, ma anche questo le fu impossibile. Poco dopo, notò un braccio robusto intorno al suo corpo e una mano che stringeva il tessuto della sua maglietta. Dei capelli neri le solleticavano il collo, le gambe erano incastrate con forza tra quelle di Edo e il suo sedere poggiava sulla pancia.
<Edo svegliati.> cercò di togliersi il suo pesante braccio di dosso, ma questo fece aumentare ancora di più la sua presa. Strofinò il naso sul suo collo e le lasciò un bacio, nascondendo la testa tra la sua e il cuscino.
<Spostati.> Provò a girarsi e ci riuscì, trovandosi faccia a faccia con lui. Gli occhi chiusi e la bocca semi aperta lo rendevano come un angelo, un bellissimo angelo destinato a soffrire. Che fosse un angelo caduto?
<Ti piace proprio fissarmi eh?> La tirò a sé, tanto da riuscire a sentire il suo cuore battere. Le lasciò un bacio sulla guancia e aprì gli occhi, allargando le labbra in un sorriso. <Perché abbiamo dormito insieme?> Chiese titubante.
<Perché me lo hai chiesto tu.> Si stiracchiò e la maglietta si alzò fino a metà busto, solo allora, notò che indossava i boxer e nient'altro, che vergogna.
<Ma...ecco, noi due->
<Oh si abbiamo fatto sesso. Ed è stato fantastico .> Aprì la bocca di scatto e sgranò gli occhi. Non poteva crederci, non poteva essere vero. Non che le facesse schifo, ma non poteva succedere così, sarebbe dovuto essere come la prima volta.
Si male dì e corse verso di lui, che la alzò da terra e la poggiò sul bancone della cucina.
<Bea non è successo niente, tranquilla. Non avrei mai approfittato di una ragazza ubriaca.> Rilassò i muscoli e ringraziò tutti i santi del paradiso. Ma una cosa, nonostante tutto, continuava a tornarle in mente.
<Ricordi cosa mi hai promesso ieri sera?>
<Sono un uomo di parola , più tardi ti porto in un posto. Ma ad una condizione.>
Fece cenno con la testa e continuò <Anche tu dovrai raccontarmi qualcosa.> annuì incerta quando qualcuno suonò al citofono.
<La colazioneee!> Aurora entrò in casa urlando con una busta di cornetti e tre cappuccini, diede un bacio al fratello e uno a lei, per poi sedersi sui divanetti in terrazza.
Che la giornata abbia inizio.
<Ma che fine avete fatto ieri sera?> addentò un cornetto e posò lo sguardo prima su di lei poi su Edoardo.
<La signorina> la indicò <era ubriaca. E Simone voleva portarla a casa.>
Aurora la guardò perplessa <Non fidarti di Simone. Fare il carino all'inizio è il suo trucco. Ma in realtà è un don Giovanni, per lui l'importante è che respirino.>
Non pensava che Simone potesse essere quel tipo di ragazzo, aveva provato a lasciarsi andare. Forse non voleva farle niente di male, solo accompagnarla a casa.
<Ah!> esclamò all'improvviso. Edoardo e Aurora si spaventarono saltando sulle poltroncine sporcandosi il naso con lo zucchero. <Domani arriva mio fratello Gianluca. Mi accompagni in aeroporto?> chiese facendogli gli occhi dolci <Certo.>
<Ti prego dimmi che è figo!> esclamò Aurora, prendendosi un'occhiataccia da parte del fratello. Bea le fece vedere una foto e iniziò a saltare dalla gioia. <Cavoli se è figo!>
<La smetti?> Edoardo geloso era davvero sexy. I suoi occhi azzurri si assottigliavano e la mascella si contraeva.
<Come fai a non essere felice anche tu!?> Aurora mostrò la foto al fratello, che spinse via il telefono con disgusto.
<Non mi interessa se è bello o brutto. A me piace tutt'altro, non so se hai presente. Se vuoi te la descrivo. Tu come la chiami? Io la chiamo->
<Va bene, abbiamo capito.>Bea alzò le mani in aria per farlo smettere, provocando una risata generale.
...........................
Verso le quattro del pomeriggio Edoardo la fece salire in macchina, e si diresse nel posto in cui aveva promesso di portarla. Il cielo era scuro e qualche gocciolina bagnava i vetri dell'auto. Il clima rispecchiava molto il loro umore, che cambiò radicalmente rispetto alla mattina. Come al solito.
<Dove mi stai portando?>
<Lo vedrai.>
Dopo tre quarti d'ora di viaggio, arrivarono davanti ad un grande cancello in ferro battuto. All'interno vi era un edificio giallo, abbastanza isolato dalla città, circondato da un prato e tanti alberi.
<Questa, Beatrice, è stata la mia casa per i due anni più importanti e disastrosi della mia vita.>

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