La sua casa per due lunghi anni. Tutt'oggi ci tornava ogni tanto, ma all'inizio non era stato affatto facile ammettere e accettare di dover essere aiutato. Varcarono il cancello e Bea si teneva a debita distanza da lui, lo aveva previsto, ma era giusto che sapesse.
Ricordava ancora il giorno in cui arrivò li, solo con uno zainetto sulle spalle e la droga nelle tasche dei pantaloni. Era fatto anche allora, prima di entrare in comunità, pensava sarebbe stata una passeggiata ma si sbagliava di grosso.
Arrivarono davanti al portone principale e la situazione gli sembrava cosi surreale. Sorrise spontaneamente, Beatrice se ne accorse e lo guardò con la coda dell'occhio.
<Edoardo! Qual buon vento ti porta da noi?> Padre Lorenzo aprì la porta, facendoli accomodare su uno dei divanetti bianchi all'ingresso e offrendogli una limonata.
<Siamo venuti per fare un giro, sai ogni tanto vengo sopraffatto dalla nostalgia.> Scherzò e lui colse subito l'ironia cambiando discorso. <E lei chi è?> chiese indicando Beatrice.
<Piacere Beatrice.> La ragazza strinse la mano di Padre Lorenzo, sorridendo timidamente. Una ciocca di capelli le ricadeva sul viso, coprendole l' occhio sinistro, lui avvicinò la mano e con delicatezza gliela spostò dietro l'orecchio, facendo si che le sue guance si tingessero di rosso.
<È la tua ragazza figliolo?>
<Un'amica, ma per ora vive con me.> spiegò sorseggiando la limonata.
<Fai parte anche tu di un programma?> Bea aggrottò la fronte, non capendo a cosa si riferisse.
<No, lei è pulita. L'ho portata per farle conoscere una parte del mio passato, o almeno cercare di spiegarle come sono andate le cose.>
<Sono fiero di te.> gli diede una pacca sulla spalla e li lasciò soli.
Padre Lorenzo gli era sempre stato vicino, già dal primo giorno che mise piede li dentro. Lo aiutava durante le crisi e non lo lasciò mai solo, nonostante una volta gli ruppe anche il naso. Era in debito con lui, lo sarebbe sempre stato e provava un bene smisurato nei suoi confronti.
<Te la senti di continuare?> Beatrice annuì <Penso tu abbia capito in che posto ci troviamo e perché.> annuì nuovamente. <Ed è tutto ok?>
<Si.> questa volta sorrise. <Solo, non capisco perché tu non me lo abbia detto prima. Non c'è niente di cui vergognarsi. Tutti sbagliano e commettono errori.> Quelle parole gli alleggerirono il cuore, pensava che sarebbe scappata a gambe levate, e invece era con lui, comprendeva.
Salirono la scale e si trovarono davanti ad una schiera di porte. Arrivarono davanti alla camera numero 22, quella che una volta apparteneva a lui e al suo compagno, Marcello.
<La tua camera?> chiese lei senza staccare gli occhi dalla porta.
<Si, la condividevo con un ragazzo, Marcello. Era 3 anni più grande di me, io ne avevo 19 e lui 22. È stato come un fratello per me, mi tranquillizzava e mi consigliava. Solo che i consigli che dava a me avrebbe dovuto ascoltarli anche lui...> i ricordi riaffiorarono nella sua mente, come una tempesta in piena estate.
Era un giorno di primavera , e stava rientrando in camera dopo la seduta dallo psicologo. Era passato un anno dal suo ingresso in comunità e le cose pian piano stavano tornando sulla retta via. Ogni tanto fumava qualche spinello, ma aveva gettato via la cocaina e l'eroina, non aveva più bisogno di quelle per andare avanti. Almeno non fino ad allora.
Quando aprì la porta quella mattina, si ritrovò davanti a una scena raccapricciante. Il suo compagno di stanza penzolava dal soffitto, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta. Il suo corpo era pesante attorno a quella corda che a fatica lo reggeva . Sul suo letto trovò un biglietto: 'Perdonami amico mio, ma la mia anima è troppo pesante per restare su questa terra , ho bisogno di leggerezza. Ti voglio bene. Pensami ogni tanto.'<Mi dispiace.> il viso di Beatrice venne solcato da una lacrima, che morì sulle sue labbra.
<Sai qual è la cosa che mi fa più rabbia?> abbassò la testa e incontrò i suoi occhi. <Mi sono maledetto ogni giorno per due anni, per non essermi accorto di cosa stava accadendo a Marcello. Ce l'avevo accanto ventiquattro ore su ventiquattro e io, non mi sono reso conto dei problemi che invece affliggevano lui, stava soffrendo e io non l'ho aiutato.>
Pochi giorni dopo, la tentazione si fece spazio nel suo corpo e ricominciò a drogarsi.
<...Marijuana, pillole, acidi, iniziai ad assumere dosi più importanti per avere effetti più duraturi. Una notte caddi in una psicosi, la psicosi da tossicomania. Avevo febbre, tremori, incubi e allucinazioni. Vedevo cose che non esistevano, pensavo che tutti mi guardassero e parlassero male di me. Non riuscivo a mangiare e diventai improvvisamente paranoico e depresso. Non riuscivo a guidare, o a fare sesso con una ragazza. Sentivo di non valere più un cazzo.>
<E poi?> chiese Beatrice, mentre prendevano posto su una panchina in mezzo al prato.
<Un giorno, vennero i miei...> Ridusse gli occhi a due fessure.
<Per due anni non vennero mai una volta, a vedere in che condizioni si trovasse il figlio. Nemmeno mezza. Un giorno però, si presentarono alla mia porta e mi costrinsero a fare la valigia. Non capivo, stavo male. Mi dissero che sarei partito per fare il militare, per andare a combattere. Incredibile! Ho pensato. Sarei andato ad uccidere degli innocenti, che molto probabilmente avevano una vita, una famiglia.>
<Perché hai accettato?> Un'altra lacrima rigò il suo volto, ma questa volta fu lui ad asciugarla con le dita.
<Perché non stavo bene, non capivo nulla e in quel momento avevano loro il potere su di me. La voce si era sparsa, 'il figlio dell'avvocato un tossico ' così decisero di sbarazzarsi di me.>
<Non voglio offenderti ma, come può un tossicodipendente arruolarsi nell'esercito?> A quella domanda inizialmente sorrise.
< Agli occhi delle legge io sono pulito, non ho condanne, la mia fedina penale è intatta. Ma sai qual è la verità? Che io sono un drogato. Non conta ciò che pensa la legge, conta ciò che sono veramente. Il mio passato non è roseo e credo che tu ormai lo abbia capito.>
Poi una frase si fece spazio nella sua testa provocandogli rabbia, frustrazione e addirittura un lieve dolore fisico < Sai cosa mi dissero i miei prima che partissi la prima volta?> inspirò chiudendo gli occhi e lei gli toccò spalla per rassicurarlo.
< "In un modo o nell'altro moriresti comunque, in guerra almeno muori da eroe, non da tossico."> il silenzio che seguì gli fece venire la pelle d'oca <Come può un genitore augurare la morte di un figlio? Come si può perdonare una persona del genere? Se lo sai, ti prego illuminami, perché io ci ho provato, ma non ci sono riuscito.>
Bea lo abbracciò piangendo, lo strinse forte e i suoi singhiozzi si soffocarono sul tessuto della sua maglia.
Lui le accarezzava la nuca, stringendola più forte a se. Le alzò il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi. <Non provare compassione o pietà, è una cosa che mi fa schifo.> Le sue parole la spiazzarono.
<Non provo ne pietà, ne compassione. Per niente. Mi fa solo male sapere che hai sofferto tanto, che eri solo mentre lottavi contro qualcosa più grande di te. Mi fa male perché non lo meritavi tutto quello che hai passato, e credimi lo dico con il cuore in mano, darei tutto per farti dimenticare.>
La guardò, come si guarda qualcosa di prezioso, quasi da lontano. Con la mano le accarezzò delicatamente una guancia e parlò <Promettimi una cosa> lei vi si appoggiò per sentirne di più il contatto e alzò la testa.
<Non dare mai a qualcuno il potere di decidere per te> lei abbassò lo sguardo, lui le sollevò il mento e mescolò i suoi occhi caramellati con i propri.
<Mai a nessuno Bea...promesso?>
Lo osservò per un attimo , sentiva che qualcosa era in conflitto dentro di lei, lo percepiva. Ad un tratto si risvegliò dai pensieri, lo prese per mano, fece un respiro profondo. Talmente profondo, da riuscir ad assorbire tutto ciò che c'era di brutto in quel momento per tramutarlo in forza.
<Promesso>
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Ti Prometto Una Vita - In Revisione
Romance[...] [...] con sguardo perso rispose Due ragazzi che vi faranno innamorare della vita. Edoardo e Beatrice , reclute di un viaggio che non avrebbero mai voluto affrontare. Un cuore pronto a esplodere dalla rabbia e un altro pieno di paura e delus...