Capitolo 11

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Mi siedo accanto a lei e la guardò mentre singhiozza.

"Victoria?" Le faccio presente che sono accanto a lei.

"Cosa c'è Nyal? Cosa c'è?!" Urla alzando lo sguardo su di me, resto pietrificato davanti a là tale quantità di nervoso che deve averle procurato la madre.

"No! Non va tutto bene! Nulla sembra andare per il verso giusto!" Dice alzandosi e continua "E sai di chi è la colpa? Non posso dire neanche che è di mia madre perché mentirei! È stata tutta colpa mia! Mia e della stupida bambina che ero!" Urla tra un singhiozzo e l'altro. La guardo confuso non capendo che colpa possa avere e di cosa.

"Ora ti starai chiedendo: perché sono una pazza sclerata perfettina stronza antipatica! Beh per risponderti partirò dalle origini" sorride amaramente pulendosi il mascara sbavato che ha sulle guance.

"Victoria non c'è bisogno, veramente" le dico preoccupato.

"No no! Io voglio, voglio sfogarmi con qualcuno perché ora che mia nonna non c'è più non so con chi parlarne!" Annuisco in silenzio, invitandola ad iniziare quella che credo sia il racconto della sua vita.

"Sai cosa? Sono sempre stata una fottutissima sfigata. Penserai ma cosa c'entrano adesso le sfigate? Ti rispondo subito, le sfigate non le vuole nessuno! Così stavo sempre per tutti gli intervalli sola" si interrompe per lasciar cadere una lacrima sulla sua guancia, che prima ne aveva già ospitate tante.

"Avevo dieci anni e... e un giorno il bidello della scuola mi invitò a vedere il suo stanzino perché tanto ero sola soletta nel corridoio....quindi.. beh" si ferma a fissare un punto dietro di me per poi toccarsi il collo delicatamente.

"Così io entrai e lui mi prese per il collo,  ci mise attorno una corda che legò ad un tubo attaccato al muro per tenermi ferma, mi mise lo scotch sulle labbra e mi violentò" dice con uno sguardo vuoto e freddo che non avevo mai visto dentro gli occhi di nessuno, senza ombra di lacrime e senza tralasciare nessun tipo di emozione, con voce decisa e carica di odio. Realizzo poco dopo ciò che ha detto e mi provoca un consistente ammontare di odio verso quel viscido, stronzo.

"Vict.." mi interruppe subito.

"Da quel giorno la mia famiglia si spaccò in tanti piccoli pezzettini e ne portiamo le crepe ancora oggi. Mio fratello Lucas ha continuato a trattarmi come se non fosse successo nulla e anche mio padre- il che mi permetteva di non doverci pensare tutti i giorni- ma mia madre, lei da quel giorno iniziò a guardarmi come se fossi stata un oggetto rotto e ormai da buttare, come se la mia vita fosse finita e con essa anche la reputazione di mia madre. Lei iniziò a preoccuparsi delle voci che giravano, prestando attenzione solo a quelle senza rendersi conto che io avrei avuto bisogno di una madre con cui sfogarmi invece che con un robot- privo di cuore- con cui rivangare in quel brutto ricordo." Le scese una lacrima sulla guancia.

"Manny, quello che per me è sempre stato come il mio gemello avendo un solo anno di differenza, lui il comportamento di mia madre non lo accettava. Discutevano ogni giorno e così mia madre decise di spedirlo dai mie nonni qui a Boston. Dal momento in cui Manny è andato via di casa ho pianto per giorni interim così la trasformazione di mia madre avvenne totalmente. Diventò apatica, fredda, cattiva, triste e spenta. Ovviamente questo cambiamento portò gravi problemi nel rapporto di mia madre e mio padre. Nel frattempo io crescevo a suon di lezioni di musica, danza e scuola senza poter costruirmi una vita sociale" a questo punto mi ero alzato ed ero davanti a lei.

"I miei avevano già avuto problemi in passato e per questo motivo nacqui io e per lo stesso motivo nacquero Nancy e Caleb, per cercare di aggiustare il loro matrimonio. Manny infatti ha sofferto molto del fatto che non fosse cresciuto con la sua vera famiglia portandolo in brutti giri, e per questo eccomi qui!" Dice con un sorriso amaro sulla faccia.

"Sono stata io la causa di tutto" ride sfinita da questa situazione per poi puntare di nuovo i suoi verdi smeraldi, pieno di dolore nei miei occhi. "E dopo tanto tempo che non mi sentivo così felice di aver ricongiunto la nostra famiglia, di essere scappata dal posto dove ripongo il ricordo più brutto della mia misera vita, di essermi creata degli amici- se così vi posso definire- ecco che mia nonna muore, mio padre va in una strana forma di depressione, Manny rincomincia a frequentare brutta gente e io faccio un casino dopo l'altro e rullo di tamburi...." inizia a simulare il suono di essi "Mia mamma mi minaccia di farmi andare in un collegio a Baltimora, la città in cui non rivoglio mettere piede per nessun motivo al mondo"

"Non sai quanto mi dispiace..." mormoro.

"Ecco appunto! La ciliegina sulla torta sei tu, mi hai stravolto completamente e parliamoci chiaro io non mi faccio stravolgere la vita da nessuno dopo ciò che era successo, però sei arrivato tu in tutta la tua strafottenza, con le nostre minchiate dopo due ore che ci conoscevamo, la Spagna, la nostra convivenza per quindici giorni, le nostre confidenze, l'attrazione, il respingerci e i nostri sguardi" dice sorridendomi.

"Ormai sai cosa: non mi importa più di nulla! Quindi vuoi baciarmi? Baciami. Vuoi respingermi? Respingimi. Vuoi essere mio amico? Diventalo. Vuoi ignorarmi? Ignorami. Vuoi aiutarmi? Aiutami." Dice con un tono tanto sicuro da intimorirmi quasi.

"Ti aiuterò" dico abbracciandola.
In questo momento sto realizzando che tutta la sua vita è stata un susseguirsi di gioie e poi disastri, sempre ad un passo dalla felicità per poi subito dopo essere risucchiata dalle conseguenze del presente provocate dal passato.

"Non sarà mai abbastanza, ormai il danno è fatto e potrà solo peggiorare" borbotta con la bocca appoggiata al mio petto.

"O potrà migliorare? È questo il dilemma!" Urlo mettendomela sulle spalle ed iniziando a correre sulle scale.

"Nyal! Vomito smettila!!" Urla scoppiando un una risata che mi porta a sorridere.

"Allora smetto! Perché quando vedo le persone vomitare, inizio anche io" dico mettendola giù non appena arriviamo in camera sua.

"Come sei dolce" dice ironica dandomi un pugno sul petto.
Inizio ad osservare la stanza: il soffitto è inclinato e formato da travi di legno scure che vanno ad abbassarsi da un lato della stanza, le pareti sono color panna, nella parte più bassa del soffitto si trova il suo letto ad una piazza e mezzo con sopra tante coperte dalle tonalità di colore grigio, nella parete a fianco ci sono tante foto attaccate che credo siano state scattate da una poraloid, dall'altra parte della stanza si trova una grande scrivania bianca ben ordinata, sopra c'è un enorme libreria stracolma di libri e sul parquet color mogano si trova un grande tappeto peloso.

"Mi piace troppo camera tua" dico iniziando a guardare le foto, ognuna ha come soggetto principale le margherite. C'ero già stato ma non l'avevo osservata attentamente.

"Ma tu non dovevi andare a casa?" Chiede sorridente Dio-Quanto-è-Bella.

"Terra chiama Nyal!" Ride iniziando a predisporre sulla scrivania dei libri.

"Cosa? Ah si, dovevo ma da quello che ho capito sei a casa da sola vero?" Chiedo con un sorriso furbo sulla faccia.

"Si... Quindi?" Chiede sedendosi sulla sedia e iniziando a scrivere.

"Quindi starò qui tuuuuutta la notte per aiutarti" dico mettendomi dietro la sua sedia.

"Toglietelo dalla testa!" Dice pizzicandomi la guancia girandosi verso di me.

"No! Togliti tu dalla testa che io ti lasci da sola tutta la notte, così poi ti autodistruggi? Io voglio vedere ancora la tua faccia bellissima" perché ragiono ad alta voce? Sei stupido Nyal, quanto sei scemo.

"Ah" arrossisce lei, mi soffermo a guardare i suoi occhi ancora rossi per il lungo pianto di prima, questi assumono un colore verdissimo con screziature gialle e celesti. I lunghi capelli rossi con qualche ricciolo alla fine le ricadono in parte sul viso e sulle spalle. Le labbra sottili sono allargate in un sorriso amorevole. Dio, chi non la mangia è bravo!

"Nyal mi inquieta abbastanza quando mi fissi così..." ride di gusto.
Ha un'aria pura, da ragazza dolce e felice ma dietro l'involucro di un apparente caramella alla fragola rossa si cela un...

"Arancia marcia!" Urlo.

"Nyal ma stai bene? Sei normale?" Chiede ridendo di gusto. Io inizio a trotterellare per la stanza con il sottofondo della sua risata. Voglio dimenticare il pensiero profondo e strano che ho fatto su di lei, ho paura di quello che un suo semplice sguardo provochi così tanto in me.

Questione di sguardi [COMPLETATA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora