Capitolo II - Minuti indimenticabili

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Decisi di concedere a Sarah qualche secondo e poi sarei passata all'azione.

Meno cinque, quattro, tre, e lei non accennò un solo movimento con le labbra. Neanche provò a parlare. A meno un secondo, fui costretta a mollarle un pizzicotto con tutta la forza che avevo nelle dita. E l'intensità fu micidiale, era quella della disperazione. Quel pizzicotto, che le lasciò il livido per due settimane, rappresentava il mio ordine categorico, assoluto, di rispondere un bel sì deciso alla domanda di Alex.

A qualche secondo dalla percezione del dolore, Sarah spalancò bocca e occhi e finalmente si schiodò dal suo silenzio.

«Siohi! Ehm, certo... Penso, ahm, che non ci siano problemi, vero, gente?» Quindi sussurrò al mio orecchio: «Ma sei fuori, quasi mi staccavi un braccio! Ne riparliamo dopo, se non ti uccido prima!» Mi squadrò con una pessima cera.

Intanto Vinci aggiungeva: «Certo, Alex. A patto che tu non abbia intenzione di soffiarci le ragazze, loro tre sono importantissime per noi, ci tengono in ordine la tenda».

Al che intervenni irritata. «Vin, non fai ridere nessuno. Alex, non ascoltarlo, Vinci ha sempre voglia di scherzare.» E squadrai Vincenzo con una cera diabolica.

Vinci rispose con un sorrisetto che era molto simile a una smorfia.

«D'accordo, a domani allora», fece Alex e sorrise, quindi scambiò un cinque con tutti.

Quando batté il palmo contro il mio, dissi: «Benvenuto tra noi».

Lui sfoggiò il sorriso più luminoso che avessi mai visto al chiaro di luna e, solo per un attimo, riuscì a offuscarne il chiarore.

Ci scambiammo la buonanotte e ci rintanammo come paguri nelle tende. Era piuttosto tardi, avevamo poche ore per riposare e poi sarebbe cominciata sul serio la nostra avventura.

Scrissi qualche riga frettolosa sul diario, descrissi brevemente il viaggio, la serata indimenticabile e soprattutto il colpo di scena finale: Alex che si univa alla nostra ghenga, l'Irriducibile Ghenga, ovvero gli IG come ci chiamavamo fra noi.

Probabilmente la prima notte in tenda l'avrei passata sveglia a pensare ad Alex, al suo sorriso celestiale e ai risvolti cosmici che avrebbe potuto riservarmi la vacanza.

La stanchezza a un certo punto vinse.

Ci abbandonammo all'inflessibile abbraccio dei nostri sacchi a pelo comemummie fresche d'imbalsamazione ai sarcofagi.

All'improvviso mi ritrovai in un luogo sconosciuto. Vagavo senza meta fra rovine di dimensioni ciclopiche. Intorno a me si ergevano massi giganteschi, erano conficcati nella terra rossiccia e riarsa come se fossero piovuti dal cielo. Molte pietre erano contrassegnate da simboli strani e io le osservavo estasiata insieme all'inconsueto panorama: ovunque guardassi le rovine si perdevano all'orizzonte. Il cielo era cupo, di colore arancio scuro venato di sfumature violacee e zeppo di nuvole cariche di elettricità. L'atmosfera era tenebrosa, inquietante, apocalittica. 

A un certo punto, da uno degli innumerevoli cumuli di rovine, vedevo alzarsi un fascio di luce del colore dell'ambra, lo fissavo mentre saliva dritto e veloce verso il cielo, lo rischiarava e lo scuoteva con la sua forza dirompente

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A un certo punto, da uno degli innumerevoli cumuli di rovine, vedevo alzarsi un fascio di luce del colore dell'ambra, lo fissavo mentre saliva dritto e veloce verso il cielo, lo rischiarava e lo scuoteva con la sua forza dirompente. Le nuvole scansavano il fascio di luce, sembrava quasi che ne avessero timore, invece io mi sentivo attratta, dannatamente attratta, dalla sua energia; sentivo che dovevo raggiungere a ogni costo il punto dal quale partiva quel raggio. La terra, scossa dalla sua potenza, tremava in maniera spaventosa. La mia andatura era zigzagante per via delle vibrazioni e delle gambe che pesavano come blocchi di cemento.

Il suolo riarso, pieno di spaccature, cedeva sotto il mio peso e sbuffava a ogni passo. A un certo punto nel terreno si apriva una crepa che rapidamente diventava una voragine e io ci finivo dentro, risucchiata assieme alla parte di suolo che mi stava intorno. E precipitavo: strusciavo, rotolavo, urtavo contro le pareti di un crepaccio che a mano a mano diventava sempre più profondo. Durante la caduta, la terra e le pietre mi segnavano la pelle e mi strappavano i vestiti come fossero artigli di belve affamate. Malgrado ciò, ogni volta che le mie mani riconoscevano una sporgenza, provavano ad afferrarla nella speranza di ridurre la velocità di caduta, ma le dita mi facevano male, mi bruciavano ed erano molli per i colpi e i tagli che avevano rimediato.

Intanto il fondo incandescente del crepaccio, un fiume gorgogliante rosso fuoco, si avvicinava sempre di più.

La mia discesa finiva contro un blocco di roccia. Sentivo il dolore dell'impatto e il torace che all'improvviso si bloccava, e il respiro che quasi si fermava. C'era del fumo denso e caldissimo intorno a me e della lava che gorgogliava e ondeggiava.

Il calore pizzicava sulla pelle.

Il magma ingoiava le rocce che trovava lungo il cammino e stava per sommergere anche il blocco di pietra contro il quale mi ero schiantata ma che mi aveva offerto una salvezza almeno temporanea.

L'aria era pesante, satura di umidità, polveri e gas, ed era bollente.

Avevo la gola riarsa.

Il dolore e i gas incandescenti avevano ridotto le mie forze al lumicino; stavo per arrendermi a un destino che sembrava già segnato. Ma all'improvviso scorgevo qualcosa di luminoso che, squarciando l'aria lattiginosa, veniva verso di me. Sembrava un meteorite che precipitava verso il suolo e il suo bagliore, a mano a mano che si avvicinava, diventava sempre più intenso, accecante.

Poi mi accorsi che non si trattava di un meteorite, ma del mio ciondolo. Riconobbi la sua sagoma sfolgorante di luce quando si fermò davanti ai miei occhi sbarrati. Fluttuava nell'aria densa, forse a un metro da me. E io con fatica allungavo la mano per afferrarlo – era confortante sapere di avere a portata di tocco il mio portafortuna, forse era venuto a salvarmi, a portarmi via da quell'inferno. Ma nell'istante esatto in cui allungavo il braccio e poi lentamente le dita, per toccarlo, il trillo del cellulare sul quale avevo impostato la sveglia mi tirò via dal sonno.

Il Ciondolo d'Ambra : CrisalidiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora