Capitolo I - Un evento inaspettato

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Io e Sarah ci guardammo negli occhi.

Le palpebre si spalancarono come forse non avevano mai fatto. Entrammo subito in sintonia; la visione durò un attimo: scorgemmo il foulard di Becky che s'infilava nell'elica del turboreattore ancora acceso e, per somma giustizia divina, le torceva il collo.


Ah, sarebbe stato grandioso se solo fosse accaduto davvero. Purtroppo, era solo la nostra immaginazione che galoppava.


La lunghissima sciarpa di Becky, svolacchiando, si era sì impigliata ma nel suo tacco iperbolico costringendola a uno scoordinatissimo salto in lungo per evitare lo schianto contro gli ultimi gradini della scala. Rebecca era atterrata con un solo piede sull'asfalto della pista e la caviglia, deviata in modo innaturale dal tacco, aveva dovuto assorbire un colpo considerevole.

Scossi la testa. «Ecco, lo sapevo, colpa mia», bofonchiai quando vidi il sedere di Becky baciare l'asfalto. Rebecca indossava dei pantaloni attillati e bianchissimi che adesso, probabilmente, non erano più così immacolati.

Mi aggrappai al braccio di Sarah e bisbigliai al suo orecchio: «Ultimamente, riesco a dosare malissimo i miei fluidi portasfiga. Ahm, l'avrò fulminata col mio sguardo letale quando ha imboccato la scaletta. Quella ha il dannato vizio di stare appiccicata ad Alex come una sanguisuga. L'ha voluto lei, mi ha provocata. E le è andata bene; l'avrei ridotta in cenere se i miei poteri non avessero risentito della decompressione. La prossima volta, in fase di atterraggio, ricordami di calibrare meglio il mio sguardo letale».

Sarah scoppiò a ridere. E io le tappai la bocca all'istante. Non potevamo scoprire le nostre carte, non potevamo far sapere al mondo quanto trovassimo soddisfacente che la sfortuna, una volta tanto, aveva colpito l'intoccabile Becky.

La prof di greco, la Berardi, a braccia spalancate, si fece largo attraverso la folla di curiosi e letteralmente si lanciò su Becca per capire cosa le fosse capitato.

Rebecca, poverina, aveva il viso trasfigurato dal dolore; stringeva la caviglia con tutt'e due le mani e si lamentava.

Il sostegno di Alex fu immediato, si fece in otto per aiutarla – quattro è dire niente per definire l'impegno col quale si prodigò. L'accompagnò in infermeria, sorreggendola e incoraggiandola lungo il tragitto; entrambi furono costantemente tallonati dalla Berardi, in crisi isterica per lo spiacevole evento.

Il verdetto del medico fu lapidario: Becky si era procurata una brutta distorsione alla caviglia e, per guarire, era obbligata a osservare venti giorni di assoluto riposo. Che sciagura, il divertimento del campeggio si allontanava da Becca come il più colorato dei palloncini dal polso di un bimbo in visita al luna park.

Tratto il dado, la Berardi contattò i genitori di Becca per informarli del fattaccio, assicurò che alla loro pupilla non era capitato nulla di grave e garantì che i docenti si sarebbero presi cura di lei durante tutto il soggiorno in Francia.

Quando ci diedero la notizia, esordii: «Oh, sventurata Becky, chissà che programmi avevi!» Feci spallucce. «In fondo, ma proprio negli abissi degli abissi, un po' mi spiace. Come riuscirai a braccare Alex se dovrai stare a riposo per tutta la vacanza? Per giunta, sarai sorvegliata a vista dai prof. A pensarci bene, ti è toccata una sfiga paurosa.» Scossi la testa. «Al contrario, ho il vago sospetto che a noi toccherà stancarci parecchio. Abbiamo delle mitiche, galattiche, strabilianti escursioni da organizzare e delle misteriosissime rovine da scovare. Uhm, credi sia il caso di consolare, un pochino, la nostra povera Becky? A questo punto sarà disperata, folle di stizza e con un fegato già andato.»

Il Ciondolo d'Ambra : CrisalidiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora