Capitolo I - Incontro col destino

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Mi dissi che probabilmente non guardava me, ma solo nella mia direzione; forse lo aveva incuriosito il battibecco con gli agenti o il fatto che avevo rallentato la fila. Ma a un certo punto Alex cominciò a camminare. E veniva verso di me. Mi fissava e scuoteva la testa.

«Eleonora, che succede, problemi?» domandò quando fu a un passo da me. Ammiccò impercettibilmente.

Non eravamo mai stati così vicini.

Probabilmente strabuzzai gli occhi. Di certo lo fissai perplessa – col cervello fritto dall'ansia, potevo aver visto qualsiasi cosa. Indubbiamente mi sorprese che si rivolgesse a me chiamandomi addirittura per nome; tra noi c'era stato qualche scambio di sguardi, un saluto di cortesia ogni tanto. Che ricordassi, nessun amico comune ci aveva mai presentati ‒ se fosse accaduto, di certo non lo avrei cancellato. Insomma, quell'incontro ravvicinato a dir poco del terzo tipo mi trascinò nell'imbarazzo più totale.

I miei occhi restarono incollati al suo sorriso come un lemure a un cesto di frutta. Dovetti usare tutta la mia forza di volontà per riprendere il controllo dei pensieri. Ma fu appunto grazie a quello sguardo, il suo, che non ero disposta a perdere, che all'improvviso la mia mente diventò lucida ed entrò in modalità powerplus: gli scambi sinaptici cominciarono a fare a gara per offrirmi l'idea del secolo.

E fu proprio allora che, con la scioltezza di una spia incallita e la dolcezza di un'educanda, dissi: «Ecco deve sapere, agente, che sono molto affezionata a questo ciondolo...» Tenni lo sguardo basso e mi provai nell'espressione più mortificata che potessi sfoggiare. «È un regalo di mia nonna, la mia cara nonnina che non c'è più. Non è un gioiello qualsiasi, ma un ricordo. La pietra è quella del mio segno zodiacale ed è anche un'agenda vocale, registra gli impegni della giornata e all'occorrenza me li ricorda. I gadget sono la mia passione. Ehm, mi creda, non immaginavo che una collana potesse creare problemi altrimenti l'avrei lasciata a casa.» Sbatacchiai un po' le ciglia – ero all'ultima spiaggia, avrei inventato di tutto pur di convincerlo – infine risposi ad Alex. «No, ehm, credo sia... dev'essere stato il mio... sì, il mio ciondolo, credo abbia... deve aver insospettito l'agente.» Feci spallucce.

«Ma dai, scherzi?» Alex sghignazzò. «È solo una collanina!» Azzardò una smorfia e si allontanò.

L'intervento di Alex, dal tempismo perfetto, creò un certo scompiglio fra gli agenti che si consultarono forse un po' imbarazzati, infine mi chiesero di riporre la mia roba nello zaino. Devo dire che furono generosi, mi concessero di tenere il ciondolo e mi permisero di portarlo in aereo, ma si raccomandarono di spegnerlo una volta a bordo.

Naturalmente annuii, dovevo assecondarli, ma poi bofonchiai: «Oh, certissimo, spegnerò il ciondolo quando troverò l'interruttore».

Tutto era così incredibile. Mi sentii come risucchiata da un vortice di assurdità. Avrei voluto fare mille domande all'agente che aveva avuto la fortuna di osservare la scansione del ciondolo ai raggi X, ma se avessi stuzzicato ancora l'attenzione della security avrei rischiato di rimanerci in quell'aeroporto. Lo scompiglio attraverso il quale, per fortuna, ero passata indenne era stato uno spiacevole contrattempo, certo, ma allo stesso tempo mi aveva dato la certezza che la mia goccia d'ambra racchiudeva qualcosa d'insolito che neanche con la mia superiperfantasia avrei potuto immaginare. Al contrario, il mio intuito ci aveva preso. Da sempre ero convinta che quel ciondolo non fosse un pendente qualsiasi, sentivo che quella pietra era unica, che aveva voglia di raccontarmi qualcosa, e adesso finalmente avevo la matematica certezza che la goccia d'ambra racchiudeva una sorta di congegno che agli occhi esperti degli agenti era parso "elettronico". Mi domandai cosa potesse mai farci un circuito dentro una pietra risalente a dir poco alla preistoria, due milioni di anni fa un circuito era semplicemente inconcepibile.

Il Ciondolo d'Ambra : CrisalidiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora