Capitolo VI - L'ombra

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Alex mi spiazzò. Aspettai in religioso silenzio che aggiungesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma non lo fece. Sembrava a disagio.

«Ehm, scusa l'interrogatorio, dovrei essere meno impicciona», dissi, «sono un po' tesa. Da quando succede tutto questo è come se mi sentissi costantemente in pericolo. Ultimamente soffro di manie di persecuzione, mi sembra di vedere dappertutto Madame Rachel che mi scruta con i suoi occhiacci torvi!»

«Bah, figurati, nessun problema.» Fece spallucce e continuò a evitare il mio sguardo; cercava di nascondere l'imbarazzo.

Stavo per raggiungere gli altri ma Vinci mi venne incontro.

La sua amarezza m'investì con l'irruenza di un tornado di forza cinque. Mi puntò contro lo sguardo torvo. «Come hai potuto nascondere tutto questo ai tuoi fratelloni?» Scosse la testa e sbuffò. «Quante confidenze ci siamo fatti, eh? Quante?» Mi fissava con uno sguardo ostile. «Siamo amici da una vita! Non avresti dovuto comportarti così. Mi hai deluso, ci hai deluso, sorellina, profondamente deluso!» E mi diede le spalle.

Non ricordavo di aver mai visto Vinci così nervoso e amareggiato. Il suo sguardo si era vestito di una durezza che non conoscevo. E che mi fece male.

Mi sentii un verme.

«Dai, scemo, quanto la fai lunga.» Catturai il suo braccio e lo strattonai, quindi andai in cerca del suo sguardo. «Te ne avrei parlato, e lo sai, accidenti!» Lo forzai a cedermi il braccio, che teneva energicamente intrecciato all'altro. Mi ci aggrappai. «Vin, non trattarmi così, lo sai che ti voglio bene!» Quindi mi rivolsi agli altri. «Ne avrei parlato anche a voi, raga, credetemi, appena ne avrei avuto il modo!» Scorsi i loro volti. «Tutti sapete che vi adoro, non nasconderei niente, mai, a nessuno di voi!» Puntai l'indice contro le loro facce tirate. «Ehi, ehi, non ci provate nemmeno. Via quel broncio, cacchio, vi sto chiedendo scusa! Ehm... mi dispiace tanto, ragazzi, davvero.»

Si guardarono l'un l'altro in assoluto silenzio. I loro volti erano più cupi del fondo di un barile. Poi si scambiarono dei cenni.

Luca esordì: «Che dite, la perdoniamo?» E un mezzo sorriso cominciò a colorargli il viso.

«Uhm, direi di sì, adesso ci ha raccontato tutto», replicò Vinci ammiccando. Quindi mi strinse a sé e mi scompigliò i capelli – gesto distensivo che segnava la fine delle ostilità ogni volta che discutevamo.

I loro volti a mano a mano cominciarono a rasserenarsi. E il gelo a sciogliersi.

Luca alzò l'indice e precisò: «Eleonora, l'irriducibile ghenga ti riammette nei propri ranghi. "Lealtà e coraggio" è il nostro motto, lo sai.» Aveva l'espressione e il tono solenni di chi pronuncia un dogma. «Non dimenticarlo più, certi sgarri fanno male.» Ammiccò.

«Tranquillo, non lo dimenticherò. In realtà non l'ho mai dimenticato.» Li ringraziai per la comprensione e offrii il palmo spalancato a tutti.

I miei amici non avevano torto. Anche se solo per qualche giorno li avevo esclusi dalla mia vita. E tuttavia avevo agito in buona fede, non volevo parlare di mere supposizioni che potevano essere anche frutto di suggestione.

Gli IG compresero le mie ragioni e perdonarono lo sgarro.

Ci separammo poco dopo il tramonto.

Io e Sarah ci incamminammo verso la pineta. Restammo senza parlare per dieci minuti buoni – un fatto stranissimo, per noi due, che capitava per la prima volta.

Sarah all'improvviso esordì: «Elo, mi dispiace, credimi. Non immaginavo di smuovere 'sto casino». Teneva la testa bassa e strofinava nervosamente le dita sulle nocche della mano chiusa a pugno.

Il Ciondolo d'Ambra : CrisalidiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora