Capitolo VII - I cinque titani

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«Wow! Stavolta ci siamo davvero», biascicai.

«È... è enooorme!» aggiunse Sarah.

«Fi... fi... figo!» balbettò Nani.

«Grandioso...» esclamò Luca. «Queste son cose che si vedono solo al cinema! Abbiamo trovato le nostre pietre, gente, e che pietre! È, wow, è gigantesco!»

«Per il tanfo rivoltante delle scarpe di Vinci, non immaginavo fosse così, wooh, straordinario», farfugliò Andy a occhi sbarrati.

Avevamo trovato il nostro tessoro.

A un centinaio di metri circa da dove eravamo rimasti letteralmente impietriti, si ergeva un imponente, antichissima fortezza, superba come non avremmo mai immaginato che fosse e magnifica come la più bella delle visioni. Si amalgamava perfettamente alla foresta. Sembrava quasi che qualcuno, per nasconderla, l'avesse ricoperta di arbusti, cascate di rampicanti e alberi secolari. E, malgrado tutto, noi l'avevamo trovata. Finalmente avevamo trovato le nostre sospirate rovine.

La cinta muraria si ergeva fiera, severa, possente. Esibiva con orgoglio la sua antica magnificenza, malgrado le cicatrici che il tempo le aveva lasciato e lo stato di abbandono nel quale versava.

Per un bel po' ammirammo quelle mura in silenzio. I rischi che avevamo affrontato, e la stanchezza che aveva razziato le nostre forze, all'improvviso era tutto sparito per lasciare posto a uno stupore da togliere il fiato.

Dopo l'impatto iniziale, pietrificante e al tempo stesso entusiasmante, il nostro sangue cominciò letteralmente a ribollire e la smania s'impossessò di noi. Non vedevamo l'ora di avvicinarci alle mura del castello, non vedevamo l'ora di toccare quelle pietre e esplorare centimetro per centimetro quell'autentica meraviglia, non vedevamo l'ora di respirare gli odori e svelare i misteri della nostra magnifica scoperta.

Le torri, cinque, si ergevano possenti come titani; sembravano giganti schierati a guardia del castello. La parete esterna del mastio in parte era andata distrutta; attraverso lo squarcio, che si trovava nella parte più alta della torre, si potevano distinguere i gradini di una scala a chiocciola.

La cinta muraria era altissima, colossale, e pressoché integra, mancava soltanto qualche merlo. Il secolare ponte levatoio era completamente spalancato e, a differenza delle torri, pareva che ci invitasse a entrare.

Con cautela, ci avvicinammo alla fortezza.

Nei pressi delle mura, le erbacce erano fitte, alte e pungenti, sembravano barriere di filo spinato messe lì apposta per scoraggiare i curiosi.

Ci guardammo intorno, increduli, esterrefatti. Nessuno parlava.

Luca ingoiò un groppo di saliva, si schiarì la voce e fu il primo a rompere il silenzio. «Teniamo gli occhi aperti e non avviciniamoci troppo alla cinta. A ridosso delle mura dovrebbe trovarsi il classico fossato che sarà imbottito di rovi e arbusti, perciò letteralmente invisibile. Occhio a non finirci dentro, potrebbe essere doloros...»

Il suo piede scivolò più in basso di quanto avrebbe dovuto.

Luca, lesto come un giaguaro, fece un balzo indietro aiutato da un colpo di reni e da Vinci che lo afferrò per la cintura.

«Acc... porca! Per poco non ci finivo io nel fossato! Attenti, è proprio davanti a noi!» E il dito di Luca ci mostrò il punto oltre il quale non era saggio avventurarsi.

«Grande suggerimento, fratello», aggiunse Vinci, «ma forse serviva di più a te!» E sghignazzò. «Ringraziami, sono stato velocissimo, altrimenti adesso staremmo a strapparti spine dal sedere!» Si schiarì la voce. «Amici, pensate che reggano le assi di quel ponte? Vi avverto, sono ansioso di capirlo. Credo che dovremmo provarci a entrare in quel castello. Dobbiamo assicurarci che lì sotto non abbiano costruito una base militare», disse per fare il verso ad Andy, quindi si sfregò le mani. I suoi occhi ormai vedevano solo quel ponte.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 04, 2022 ⏰

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