06. Ti ho pensata in questi giorni

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L y d i a

In quella casa era accaduto qualcosa che nessuno, compresa me, si sarebbe mai aspettato. Ero scioccata, incapace di proferire parola. Justin mi fissava in silenzio, probabilmente nella sua mente stava cercando di elaborare l'affermazione appena detta con istinto. Lo stesso sguardo perso che aveva avuto la sera in cui mi aveva accompagnata a casa, ricordando il mio indirizzo. 

Tutti i presenti se ne stavano muti e inermi, con le bottiglie di birra tra le mani. Come avrei dovuto reagire? Come avrei fatto a spiegare loro il perché Justin sapesse che non mangio sushi? Noah tossì, richiamandoci tutti all'attenzione. 

"D'accordo..." disse, lasciando la frase in sospeso. "Facciamo una pizza?" domandò poco dopo. Tutti annuirono senza fiatare, lo stesso feci io. Nella mia mente riecheggiavano le parole di Justin: a Lydia non piace il sushi. 

E pensare che era stato proprio lui ad incitarmi ad assaggiarlo la prima volta. Chissà se questo lo ricordava. Chissà se ricordava l'amore che facemmo attaccati al muro, impregnati di sudore. Abbassai lo sguardo sul tatuaggio e cercai di non dare a vedere la mia amarezza. Accarezzai il girasole delicatamente, con dita tremanti.

Justin si alzò di scatto, notai da subito i suoi tratti tesi. La mascella contratta, come se stesse trattenendo parole di troppo e non volesse lasciarle andare via. Iniziai a pentirmi di aver accettato il suo invito, avrei voluto non trovarmi in quella stanza. Sarei voluta scappare via, ancora una volta, senza dovermi preoccupare di affrontare i sentimenti che ancora mi tenevano legata a Justin. Emozioni e ricordi che cercavo di reprimere, eppure rimanevano lì, a tormentarmi, come fosse una punizione divina per averlo abbandonato nel momento del bisogno.

Justin abbandonò la stanza sotto il mio sguardo preoccupato, Noah si avvicinò con le labbra al mio orecchio e io sussultai.

"Dopo mi spieghi come fa Justin a sapere che non mangi sushi" sussurrò. Io rabbrividii: non seppi se per la sua roca voce, oppure per paura.

Mi voltai a fissarlo, lui bevve dalla bottiglia senza distogliere lo sguardo dai miei occhi. Era colpa mia, ancora una volta. Mi ero catapultata nella vita di Justin per la seconda volta, scombussolandogliela. La prima volta, a causa mia, avrebbe potuto perdere sua figlia e questa volta, invece, sarebbe potuto impazzire. Avrei dovuto farmi da parte. Questo lo avevo capito, ma non riuscivo a farmene una ragione.

Diciotto mesi trascorsi a riconoscere i suoi occhi caramellati tra la folla londinese. Justin era dentro di me, Justin apparteneva al mio passato e avrei dovuto mandarlo via dal mio presente. Il futuro era impensabile. L'amore non è egoista, ero io che non ce la facevo a mettere una pietra sopra a tutta quella storia. Avevo paura che così facendo non sarei mai stata più in grado di amare nessuno.

È straziante vedere colui che hai amato con tutte le tue forze, non riconoscere il tuo sguardo. È atroce la morsa nello stomaco che si percepisce quando il tuo sorriso, per lui, non conta nulla. Le mie labbra avevano baciato le sue carnose innumerevoli volte, i nostri sguardi si erano dichiarati guerra durante le serate di sesso, amore quando tutto il mondo pareva fosse contro di noi. Ho sempre pensato a come sarebbe potuta andare a finire se Justin non fosse stato il padre della mia migliore amica: lo avrei mai incontrato? Forse. Me ne sarei innamorata comunque? Sicuramente. 

Mi alzai dal divano ma Noah decise di non commentare la mia scelta. Quanto tutti parvero troppo occupati a conversare, io sgattaiolai in cucina. Lì c'era silenzio, e c'era Justin con le mani strette sul marmo dell'isola della cucina. Teneva lo sguardo basso, le maniche della maglietta tirare sopra a metà braccio, rendendo visibili le vene pulsanti. 

The Feeling 2 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora