10. Parte del mio passato

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❀ L y d i a 

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Fu un risveglio traumatico. Quella mattina, a causa del mal di testa, non riuscii a tenere gli occhi aperti per più di cinque secondi di fila. Dovetti strizzare le palpebre ogni qual volta la luce solare colpiva il mio viso: iniziai a strofinare intensamente il volto con ambedue le mani, sbuffai amaramente e restai circa dieci minuti distesa a letto, sotto le coperte. Quando provai ad alzarmi, una fitta dietro il capo mi costrinse a gemere: portai una mano sul punto preciso e massaggiai quel lembo di cute, stringendo il labbro inferiore tra i denti. La mia gola era secca, le labbra screpolate e in bocca il sapore si alcol era ancora percepibile. Bandai giù un groppo di saliva ma non bastò a migliorare la situazione, avevo bisogno di un bicchiere d'acqua. 

Poggiai i piedi a terra e mi resi conto che ero scalza, il pavimento gelido entrò a contatto con i miei piedi caldi, impiegai qualche secondo per abituarmi. Stiracchiai le braccia al cielo e sbadigliai sonoramente, poi uscii dalla stanza con addosso un paio di slip e una canottiera. Il corridoio era silenzioso e vuoto, scesi le scale in punta di piedi con l'intenzione di tornare in camera il prima possibile. Una volta raggiunta al cucina aprii il frigo: era vuoto, eccetto qualche lattina di Coca-Cola. Sbuffai e richiusi l'anta, afferrai un bicchiere e lo riempii con dell'acqua dal rubinetto, bevvi tutto d'un sorso e poi giù con il secondo, così fino al quarto. 

Mi sentii meglio. Poggiai il bicchiere nel lavello e i palmi delle mani sul marmo che rivestiva la cucina, guardai in basso e presi un gran respiro. Nella mia mente non c'era confusione, ricordavo tutto quello che era accaduto la sera precedente. Gli ansimi di Justin riecheggiarono nella mia mente, il delicato tocco con il quale mi accarezzò il viso mentre gli procuravo piacere. Ricordavo attimo dopo attimo: parola detta, gesto, sguardo. I suoi occhi colmi di lussuria erano ben impressi nella mia mente.

Come avrei dovuto comportarmi da quel momento in poi? Mi trovavo ancora in casa sua e questo, era già da considerarsi una minaccia. Sarei dovuta andare via il prima possibile, avremmo avuto il tempo di chiarire. Quando mi voltai con l'intenzione di tornare in camera, vestirmi e andare via, la figura assonnata di Justin mi si piantò davanti. Io sussultai, indietreggiai lentamente a andai a sbattere contro il marmo della cucina con il retro della mia figura.

"Buongiorno" disse con voce roca e gli occhi impastati dal sonno. Strofinò buffamente il volto con una mano, non indossava la maglietta e le gambe erano copertura da una tuta bianca.

"Buongiorno" risposi in imbarazzo. 

Ci guardammo negli occhi per secondi che parvero infiniti, poi d'istinto distolsi lo sguardo incapace di tenere testa al suo. Cosa ci facevo ancora lì? Non era casa mia. Attraversai la sua figura velocemente, con l'intenzione di tornare in camera, vestirmi e andare via. Lui mi lasciò andare, urtai per sbaglio la sua spalla e si scansò di poco, sbuffando. Non proferì parola, io salii le scale e una volta raggiunta la sua camera da letto -che mi aveva gentilmente ceduto per la notte- infilai i pantaloni e la maglietta: avevo bisogno di fare una doccia. Non solo per spazzare via i sensi di colpa, anche per liberarmi di quell'insopportabile odore di alcol. 

Legai i capelli con un elastico e nel farlo, mi guardai intorno: la camera era spoglia, eppure si respirava un'aria di vitalità. Era come se Justin ci vivesse da sempre, come se avesse finalmente trovato casa sua. Sorrisi lievemente e lasciai la stanza con un leggero senso di tristezza. 

The Feeling 2 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora