05. Sushi per tutti?

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L y d i a

Lessi per l'ennesima volta l'indirizzo sul foglio di carta e alzai nuovamente lo sguardo sul palazzo di fronte a me. Mi trovavo fortunatamente nel posto giusto. Portai il pezzo di carta all'interno della borsa a tracollo e mi incamminai verso l'entrata, fissai il citofono e premetti sul pulsante corrispondente all'appartamento di residenza del Signor Noah Mosley. Attesi qualche secondo in silenzio, guardandomi intorno.

Noah mi aveva gentilmente invitata a trascorrere una giornata a casa sua, in particolare nel suo "angolo creativo" come lo aveva definito lui. Era lì che dipingeva, ed era da lì che nascevano le sue opere. Ero eccitata all'idea di poterlo vedere all'opera. Avevo amato i suoi lavori, dal primo all'ultimo. 

Quando mi riferì di essere lui l'artista anonimo che tanto mi aveva colpita non voletti crederci: aveva del talento da vendere. 

"Sì?" sentii dire attraverso il citofono.

"Sono io, Lydia" risposi. 

"Sali" risultò piuttosto felice, nonostante mi fosse impossibile vederlo.

Morsi il labbro e aprii la porta, socchiudendola alle mie spalle. Decisi di non usufruire dell'ascensore, corsi direttamente su per le scale. Raggiunsi il quarto piano con il fiato corto, così decisi di fermarmi dinanzi la porta del suo appartamento per non dare a vedere il mio affaticamento. Non ero più abituata. Diciotto mesi trascorsi a Londra ed ero anche ingrassata leggermente, nel contempo svolgere attività fisica non rientrava nelle mie capacità ma avrei dovuto decidermi prima o poi e farmi forza. Non potevo continuare ad abbuffarmi e a poltrire sul divano. Le due cose non coesistono felicemente insieme.

Bussai sulla porta quando il fiato mi tornò quasi del tutto regolare e subito mi venne ad aprire Noah, notai in un primo momento il suo abbigliamento del tutto discutibile: una canotta bianca ricoperta da schizzi di vernice, una tuta come pantalone e ai piedi delle semplici calze. E io che mi ero anche preoccupata di cosa indossare per non risultare ridicola o quant'altro.

"Vieni, entra pure" disse spostandosi di lato per farmi passare. Io entrai e mi voltai per lasciargli due baci sulle guance in segno di saluto. "Non è il massimo" era in imbarazzo. Non avrei mai giudicato.

Mi guardai intorno e mi parve un posto molto accogliente: si respirava un intenso profumo di limone, l'atmosfera era tranquilla. Le pareti di un'unica tinta, chiare: il corridoio era lungo e stretto, le porte delle stanze tutte chiuse. Oltrepassammo la cucina, non era grande ma neanche piccola: una semplice cucina con al centro della stanza un tavolo rotondo. La sala da pranzo invece era la stanza più grande molto probabilmente, molto spaziosa e be arredata: a differenza dei miei gusti, l'abitazione risultava essere molto moderna. Le pareti erano tappezzate di quadri, magari proprio suoi lavori personali. Era un perfetto appartamento, adeguato per una sola persona. 

"A me piace moltissimo" dissi sorridente. Ci guardammo per qualche secondo e lui apprezzò il mio commento.

"Seguimi, ti porto nella mia stanza preferita" disse. 

Io annuii e lo seguii a ruota, ci fermammo dinanzi l'ultima porta a sinistra, la quale era socchiusa. Lui la aprì lentamente e da subito notai che tutti i mobili erano ricoperti da dei teli bianchi. Ispirai a pieni polmoni l'odore di vernice fresca, al centro della stanza vi era un cavalletto di legno che sorreggeva una tela di pittura leggermente colorata, aveva appena iniziato il suo lavoro. Sulla destra un tavolo ricoperto di pennelli e attrezzi mai visti in vita mia, addirittura possedeva decine di tavolozze di porcellana differenti. Sulla sinistra invece uno stereo piuttosto alto e largo, la musica era percepibile appena. Rimasi a bocca aperta: adoravo quella stanza nonostante non avessi visto ancora le altre. 

The Feeling 2 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora