Capitolo 14-Diane

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Ricorda il tuo nome.

Fra tutti i nomi di cui potrebbe ricordarsi, il tuo.

Devi averle fatto decisamente male.

E sicuramente non soltanto a lei.

Diane cercava di farsi il più piccola possibile sul divano di casa sua.

Non nevica più, eppure questa casa è rimasta fredda come sempre.

Non aveva nient'altro da fare che non fosse ascoltare musica, ormai da giorni non faceva altro, era uno stato di apatia in cui si sentiva più morta che quando lo era realmente stata.

Però non importava, se lo meritava, avrebbe continuato ad evitare i contatti umani fino a quando suo padre sarebbe tornato e avrebbe potuto condurre di nuovo una vita "normale".

Si schiacciò contro lo schienale infossandosi nella coperta.

La neve si scioglie prima o poi, nessuno la apprezza più mentre diventa acqua.

Quasi nessuno.

Suonò il campanello della casa e lei finse di non aver sentito.

Suonò nuovamente ed alzò il volume della musica.

Voglio essere un'emarginata sociale, me lo merito.

«Diane?» fece la persona all'esterno «Mi apriresti?»

Lei rimase in silenzio. Se non rispondo se ne andrà.

E invece no. «So che sei qui, apri per favore.» ritentò la persona.

«No Ryan, non apro a nessuno. Puoi andartene.» rispose la ragazza, riconoscendo la voce.

Probabilmente lui sbuffò, poi in tono dolce tentò ancora una volta «Aprimi, posso capirti.»

Istintivamente Diane allungò una mano verso la porta, per mandare un'ombra al posto suo, ma abbastanza rapidamente una sequenza di tetre immagini le si propose sotto gli occhi e si alzò.

Aprì di qualche centimetro appena. Ultima occasione di andartene.

«Ciao.» sospirò tenendo lo sguardo basso. Rimase a tamburellare con i polpastrelli sulla maniglia della porta. «Entra.» gli permise, rendendosi poi conto che suonava più come un ordine.

«Adesso vivi da sola?» chiese Ryan guardandosi intorno, forse aspettando che Dylan uscisse dalla cucina e lo osservasse come congelato.

«Già.» rispose Diane tornando accovacciata sul divano. Fece gesto al ragazzo di sedersi accanto a lei.

«L'ultima volta hai cercato di uccidermi su questo divano.» ricordò Ryan con un sorriso. Non c'era nulla da sorridere.

«Mi sono tagliata per colpa tua.» aggiunse Diane. Il ragazzo annuì completando con «Hai detto di avere il sangue di-»

«Una dea.» conclusero in contemporanea. Diane divenne rossa in volto per la vergogna e voltò le spalle all'ospite affinché non la vedesse.

«Da quel che so gli dei non sanguinano.» commentò il ragazzo. Non azzardava ad avvicinarsi a lei.

«Non so cos'avessi in testa.» ammise Diane cercando di farsi sentire appena.

«Idee.» disse Ryan «Progetti.» le tirò un colpetto sul braccio.

«Nulla di buono in ogni caso.» sentenziò la ragazza scrollando le spalle per scacciare la sua mano.

Seguì il silenzio.

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