Capitolo 27- Dylan

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Black. Importante.

Nulla stava più andando per il verso giusto. Ognuno aveva deciso di dettare legge da sé, ripristinare l’ordine era diventato impossibile.
Caro il mio Dylan, dovresti smettere di fumare se non vuoi morire qui e adesso.
Morire? No, non ne aveva voglia, ma il nervosismo lo stava corrodendo. Una volta gli obbedivano tutti ed ora soltanto Julian ascoltava ancora qualche sua lamentela. C’era bisogno di ristabilire l’ordine gerarchico.
Non era ancora uscito di casa negli ultimi tempi e approfittando del fatto che fosse giorno e tutti stessero dormendo, decise di andare a sgranchirsi le gambe nei dintorni, vedere cosa fosse successo da quando era arrivato e magari andare a far visita ai Lux, senza dare nell’occhio, più che chiaramente.
Non amava rendersi un’ombra, lo costringeva a correre e quindi si perdeva i dettagli nelle vicinanze, sapeva apprezzare meglio una tranquilla passeggiata.
Detriti e macerie ovunque posasse lo sguardo, vittime e ancora vittime sepolte da essi. Non era tanto la loro vista a disgustarlo, quanto l’odore putrido e nauseabondo che emanavano. Immaginava che quell’odore di rame e puzza di marcio dovesse invece deliziare Xya e la maggior parte dei Cuccioli, forse Hailey o Xavier. Julian no, lo aveva perfino detto, odiava dover uscire.
A tradire l’accampamento nemico fu la colonna di fumo che si sollevava dietro ad alcuni testi di edifici, fra le fronde degli alberi. Serenamente, tenendo le mani nelle tasche dei pantaloni, evitando di sporcarsi eccessivamente gli abiti, vi si diresse.
Contava sul fatto che anche lì tutti stessero dormendo, invece si ritrovò immediatamente Evan ad accoglierlo.
Prima che il ragazzo lo notasse lui gli andò vicino e gli tappò la bocca. Decine di Lux dormivano indisturbati tutt’intorno a loro due e non desiderava svegliarli.
Evan tentò di morderlo e Dylan fu costretto a passare a maniere più drastiche, ovvero evocare un’ombra che tirasse il  per il collo e lo facesse tacere.
«Sono solo io.» disse l’uomo tentando di convincere Evan a non dare l’allarme. Si poteva dire che si trovava lì per un sopralluogo, non aveva alcuna cattiva intenzione.
Il giovane Nox iniziò ad agitare le braccia cercando di colpire Dylan.
«Noi non avevamo un patto?» gli chiese l’uomo retoricamente. Afferrò con una mano entrambi i suoi polsi e iniziò a stringerli fino a fargli distendere le mani.
«Adesso urlo e sveglio tutti, zio, devi sloggiare.» lo avvertì Evan riuscendo con il suo dominio a liberarsi dell’ombra dell’uomo. Dylan scosse lentamente la testa.
«Non avrai nulla da me se mi tratterai male.» fece lasciandogli i polsi. Evan ridusse gli occhi a due fessure e sputò «A mia madre non hai ancora fatto nulla, non sai nemmeno dove si trovi.»
«Adesso conosco le persone giuste per scoprirlo, se vorrai la ucciderò davanti ai tuoi stessi occhi.» gli garantì Dylan. Lo faceva sorridere l’atteggiamento quasi adulto di Evan sebbene avesse appena sedici anni.
«Dovrei crederti? Hai detto la stessa cosa due mesi fa.» ribatté il ragazzo.
«Sono serio questa volta.» continuò Dylan abbassando il tono della voce «Si chiama Xavier. Corvino, smilzo, basso, trova chiunque e qualunque cosa con la sua rete di ombre. Vuoi parlargli di persona?»
Evan rimase muto a riflettere sulla situazione, chiedendosi probabilmente se fosse una trappola o una bugia, se potesse fidarsi o meno.
«Non ti costa nulla, i ragazzi non sanno che tu sei un nemico, soltanto Julian ne è al corrente. Ti basterà dire che ti ho autorizzato io.» lo convinse finalmente Dylan. Il ragazzo si diresse con fare scettico verso i resti della città e quindi il nascondiglio dei Nox. Dylan invece rimase a gironzolare fra le tende, osservando i Lux di cui vedeva il volto con l’intento di memorizzarlo. D’un tratto sentì un rumore metallico alle sue spalle.
Aveva due alternative: confidare nel fatto che fosse l’armatura di uno dei nemici che si rigirava a terra e quindi continuare indisturbato a camminare, oppure ascoltare quella campanellina d’allarme che aveva iniziato a suonare nella sua mente quando aveva scorto qualcosa muoversi, mentre parlava con Evan, e quindi cedere alla sua natura di Dominatore di ombre e accelerare il passo con il metodo più efficace a lui conosciuto. Non voltarsi. Mai voltarsi in casi simili. La maggior parte delle persone non colpirebbe alle spalle un indifeso.
Si allontanò di parecchi metri, ma il campanello non smise di suonare e quando si girò, fu alquanto sorpreso di non vedere nessuno.
Fece correre lo sguardo su ogni singola pietra vicino a lui e su quelle più distanti, non capendo come avesse potuto il suo sesto senso sbagliarsi. Eppure tutto era normale, semplicemente non soffiava un filo di vento.
Non volle tornare agli affari suoi e si convinse di aver preso la decisione giusta quando notò qualcosa scintillare a mezz’aria.
«Amber!» esclamò allargando le braccia. E lei comparve. Prevedibile.
«Non ti hanno insegnato i tuoi genitori a non tendere agguati alla gente?» chiese Dylan. Lei si guardò intorno con aria spaesata, probabilmente rendendosi conto di trovarsi parecchio distante dagli altri Lux.
«Cosa ci facevi all’accampamento?» domandò lei. Quel qualcosa che luccicava era un pugnale e lei lo stringeva in mano con fare molto esperto.
Dylan amava parlarle, era un continuo riscattarsi e tentarsi a vicenda, da quel che ricordava. «E tu cosa ci facevi sveglia?» ribatté quindi, senza risponderle.
«Ti ammazzerei all’istante.» chiarì la ragazza. No, non l’avrebbe fatto, e soprattutto non con quel pugnale, Dylan aveva ancora una carta da giocare e si trattava del vero e proprio asso nella manica.
«Cosa aspetti allora?» la istigò «Oppure, perché tu abbia il coraggio di uccidermi, dovrei abbassarmi? Preferisci che ti dia le spalle? Se fosse una questione di aspetto dimmelo pure-»
«Cosa staresti insinuando?!» scoppiò la ragazza. Capelli e mani le andarono a fuoco, Dylan l’aveva vista così soltanto una volta ma era sempre uno spettacolo decisamente affascinante.
L’uomo scosse il capo più volte. «Non sono disposto a cedere informazioni senza ottenere nulla in cambio. Cosa ne dici, se vi arrendeste?»
«Continua a sognare.» rispose Amber «Accontentati se resti vivo.»
«Non mi piace questo tono, non sono spaventato da te. Lo sarei di più se fossi quel ragazzo moro che ti assilla anche nei sogni, stando a quello che mi hai detto.» Dylan non smise di stuzzicarla.
«Non ci arrenderemo, però se adesso non parli mi implorerai di lasciarti andare.» lo minacciò Amber. Va bene, forse il modo in cui stringeva il pugnale e il fatto che potesse apparire e scomparire a suo piacimento la rendevano piuttosto temibile, ma Dylan non l’avrebbe certo dato a vedere.
«Non toccarmi.» le intimò evocando un paio di ombre accanto a sé. Come queste comparvero, la ragazza sgranò gli occhi e indietreggiò di qualche passo.
«Riaffiorano ricordi?» continuò a chiedere Dylan. Ed ora tutto era perfetto per attuare il piano “ragazza dai poteri spaventosi passa al lato oscuro o si toglie di mezzo”. Riprese: «Magari ricordi di sangue…»
«Smettila di farlo!» urlò Amber tappandosi le orecchie.
Dylan ridusse la distanza fra loro due. «Fare cosa?» dovette ovviamente domandare «Ricordarti del crimine che hai commesso? Sai, quando tu mi hai chiesto chi lui fosse, ti ho risposto fra le varie cose che dominava soltanto le ombre. Invece no, il secondo elemento era il fuoco ed era noto principalmente per quello.» Amber pendeva dalle sue labbra ormai e lui sapeva che nonostante si stesse arrampicando sugli specchi, l’esito sarebbe stato quello che desiderava.
«Cosa cavolo c’entra?!» sbottò la ragazza.
«C’entra che fra i tuoi compagni d’armi» Dylan alluse ai Lux con un cenno del capo «non tutti sanno che tu hai pugnalato alle spalle quel ragazzo pervia delle ombre. Se erroneamente io lo nominassi, passeresti per una doppiogiochista, traditrice, prendila come vuoi, e non credo faresti una bella fine.»
«Non ti credo.» obiettò Amber «Ha cercato di abbracciarmi, perché mai avrebbe dovuto farlo se io l’avessi pugnalato?!»
Dylan si fece pensieroso «Ha cercato di abbracciarti, eh? Se non sbaglio tu lo uccidesti proprio con un abbraccio…» le ricordò, sperando cogliesse il lato negativo in quel messaggio.
«Non è vero!» la ragazza iniziò a negare l’evidenza prendendosi la testa fra le mani «Io non lo ricordo! Perché non lo ricordo?! Voglio ricordare!»
«Fossi in te non tornerei all’accampamento.» commentò Dylan, ormai certo di averle dato scacco matto «E nemmeno dai Nox, no non lo farei, con quell’unico delitto hai simbolicamente dichiarato guerra ad entrambi gli schieramenti.»
Colpito e affondato. Amber lasciò cadere a terra il pugnale.
«Con permesso, questo lo prenderei io.» sorrise Dylan raccogliendolo. Dopodiché si rese ombra e la seguì mentre tornava di corsa alle tende e svegliava bruscamente un familiare ragazzo dai capelli rossi.
«Jake!» esclamò lei «Perché non riesco a ricordarmi di quel moro con la cicatrice sull’occhio?!»
«Voglio dormire!» protestò inizialmente il rosso, ma poi le rispose «Eri tu a non volerlo. In pratica, per dimenticare qualcuno bisogna prima evocarne tutti i suoi ricordi. Così io ti ho fatto mettere la sua collana ed ora tu sai chi sono io anche dopo solo due minuti, mentre Ryan non ti entra nella testa.» si girò dandole le spalle «E buonanotte.»
Amber urtò Dylan allontanatosi maldestramente dal rosso e lui scosse la testa.
«Io te l’ho detto che lo avevi ucciso, è chiaro che tu abbia voluto pulirtene la coscienza.» commentò, inventando ma credibilmente.
«Era gentile con me! Mi sorrideva! Perché non mi odia adesso, perché gli ho fatto del male?!» si interrogò la ragazza. Immaginatevi un canarino rinchiuso in una gabbia che sbatte ripetutamente contro la griglia cercando di uscire da quella prigione. Ottenete l’immagine che Dylan aveva in quel momento di Amber.
«Ora sai che sono sincero.» concluse l’uomo ignorando la sua crescente ansia. Ecco che Xya e Julian in due si erano liberati appena di una manciata di Lux, peraltro deboli, con l’uso di ogni genere di arma, mentre lui semplicemente parlando aveva tolto dalla circolazione Evan ed Amber.
«Devo cercarlo» stabilì la ragazza raccogliendo le sue cose «i-io devo farmi spiegare tutto questo, capire cosa sia successo, che cos'abbia fatto.»
«Buon viaggio!» la salutò l’uomo quando lei con le sembianze di un’ombra corse via.

ESCAPE- RememberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora