Capitolo 33- Dylan

33 4 10
                                    

Nero. E mi sento sadica cuz non saprete fino all'ultimo se si salva Amy o Xya XD

«Ammazzala.» ordinò Evan «Ammazzala e ti aiuterò.»
Come un figlio potesse desiderare così ardentemente la morte della propria madre, Dylan proprio non lo capiva. Tuttavia lui aveva estremo bisogno di aiuto, perché era ormai più che ovvio che i Nox non lo volevano e desideravano solamente sbarazzarsi di lui.
Se bastava così poco ad ottenere un alleato…
Evanna aveva un cognome da nubile ma si rifiutava di pronunciarlo. Erano belli complicati in famiglia. Poteva dirsi la fotocopia di suo figlio non soltanto in aspetto fisico, nonostante i capelli castani avessero esattamente le medesime sfumature e ogni osso sporgesse alla stessa maniera. Parlava come Evan, in modo furbo, talvolta acido, volto ad ottenere qualcosa con un semplice sorriso fiero, e vestiva esattamente come lui, sebbene le maglie fossero più accollate. Di fatto, Evan era l’unica persona capace di indossare in Russia un maglione dallo scollo talmente ampio da scivolargli alle volte dalle spalle.
Dylan continuava a non comprendere come un omicidio potesse rallegrare il ragazzo, ma decise di non sprecare il suo tempo a fare supposizioni e piuttosto passare ai fatti. Non aveva alcun legame con quella donna. Non sapeva cos'avesse fatto per guadagnarsi l’odio del figlio, non sapeva che aspetto avesse il suo passato, quali rapporti avesse con il resto del mondo. Sapeva soltanto che doveva ucciderla e, per citare il mandante, nel modo più doloroso possibile.
Non che lui fosse un esperto in quel campo, avrebbe preferito rivolgersi ai Nox se solamente loro non l’avessero odiato. Tuttavia loro reputavano un metodo assai doloroso il lasciare dissanguare la vittima.
La Vedova Nera aveva detto, in modo estremamente piatto e rilassato “Se fai come Tenebra, muoiono all’istante e non sentono nulla. Tu feriscili in profondità all’addome, oppure taglia loro un arto. Sentiranno caldo, poi freddo, poi come se la testa vagasse per i fatti suoi e il corpo precipitasse pesante come il piombo. Dopo percepiranno il loro stesso sangue defluire e nelle orecchie avranno un ronzio incessante e sentiranno il loro cuore pulsare sempre meno è sempre più piano. E poi spasmi, convulsioni, vorranno parlare ma avranno sangue in gola, è uno spettacolo.” Quell’argomento la deliziava e come facesse a conoscere le singole sensazioni senza averle mai provate sarebbe rimasto un mistero.
Julian si intromise nei suoi pensieri allungandogli le sigarette sotto il mento. «Sembri stressato.» osservò «Me ne assumo la colpa, mi dispiace.»
Dylan non poté negarlo e frugò nelle tasche alla ricerca dell’accendino. Forse avere un Lux come braccio destro sarebbe stato comodo, pensò, ma l’occasione l’aveva avuta ed era riuscito a sprecarla nel migliore dei modi.
«In questi giorni riesco quasi a dormire.» iniziò a far conversazione Julian. Si sedette addosso ad un’ombra, sprofondandovi di qualche centimetro. Avevano una consistenza fluida, ma abbastanza compatta da reggere un essere umano. «Solo che poi arriva Xya e quindi come non detto.» riprese. Si massaggiò le palpebre «Ma avrei tanto bisogno di farmi una vera dormita e non quei pisolini tirati in due minuti liberi.»
Dylan si ritirò una sigaretta fra le dita giocando con l’accendino. «Hai provato tisane o direttamente sonniferi?» scherzò, anche se di base intendeva essere serio.
«Credimi, ho provato perfino l’ipnosi.» gli rispose Tenebra. Scivolò in avanti quasi coricandosi e incrociò le braccia dietro la testa guardando il cielo «Vedi le stelle? A Londra non c’è ne sono mai state tante. E pioveva, il cielo sempre grigio… però non immagini quanto mi manchi.»
Dylan fece per accendersi la sigaretta, ma avvertì un odore acre avvicinandola alla bocca. Si fece sospettoso e la poggiò sulla gamba.
«La ragazzina dov’è?» chiese studiando il contenuto del pacchetto. Pensare che c’era stato un periodo in cui aveva smesso, per far contenta Diane.
Alzò gli occhi al cielo. Diane.
«Theresa? Ha seguito Xya.» rispose Julian. Si torturò l’orlo dei guanti sul polso, pizzicandolo e tirandolo per poi lasciarlo andare in un impeto masochista e vedere formarsi una striscia rossa sulla pelle. Sembrava decisamente nervoso.
«Torneranno prima dell’alba?» domandò Dylan retoricamente.
Il Mago delle Ombre chiuse gli occhi con un profondo sospiro. «Xya deve divertirsi, non è soddisfatta se non butta almeno un intero caricatore. L’hai tenuta chiusa in casa troppo a lungo per i suoi gusti.» spiegò. Faceva addormentare il suo tono di voce appena udibile.
«Solitamente i migliori si tengono per ultimi, come arma segreta, o chiamala come vuoi.» chiarì l’uomo. Si sentì osservato e anche Julian si guardò intorno. Dylan amava studiare i gesti delle persone, rivelavano ciò che si tendeva a voler nascondere. In quel momento, ad esempio, Julian aveva le braccia incrociate al petto e le gambe accavallate, come fosse offeso.
«Non che ti ritenessi scarso.» provò a scusarsi l’uomo. Ci rinunciò immediatamente poiché Tenebra scattò in piedi con la stessa compostezza e rigidità di un cane da caccia che scorge e punta una preda.
Si sentì una risata, ma non particolarmente contagiosa, tutt’altro: pareva una di quelle dei matti, che a lungo andare risultano inquietanti, e che non hanno base logica su cui fondarsi ma persistono ore intere.
La sagoma barcollante di Xavier si distinse nel nero della notte. Si piegava in due dal ridere.
Dylan vide Tenebra sbiancare completamente. Il Ragno lasciava una scia di sangue al passaggio e crollò fra le braccia del suo amico scioccato.
«Julian, la tête, mi fa male la tête…» biascicò piegandosi in avanti sulla spalla del Mago. La ferita si trovava sul fianco sinistro e sembrava causata da un arma da fuoco, risultava aver perso davvero molto sangue e stava delirando, come confermava la risata ancora presente. Esattamente come aveva detto Xya: la morte per dissanguamento era la peggiore di tutte.
«La tête…» continuava a ripetere il Ragno vacillando sui suoi piedi. Doveva sentire il suo sangue pulsargli nelle tempie e quel ronzio descritto dalla Vedova Nera.
Dylan iniziò a dettare ordini «Fallo coricare a terra, tieni premuto sulla ferita e impedisci la fuoriuscita di altro sangue, mi serve un taglierino e torno. Sono stato medico. Prova a farlo tacere.»
Julian annuì più volte mentre il trucco sotto ai suoi occhi andava a sbavarsi in striature nere sulle sue guance. L’uomo comprese immediatamente che contava su di lui e si sentì sotto pressione. Quindi stressato. Quindi si allungò verso le sigarette ma Tenebra gli spazzò via di mano il pacchetto con una delle sue carte e, inginocchiato a terra accanto ad un Xavier delirante, disse tutto d’un fiato «C’è del cianuro nel filtro non fumare!»
Boom. Hai visto che simpatico, Dyl? Lo dicono anche le canzoni che ciò che ami poi t’ammazza, lui sì che ti conosce bene!
Nonostante quel minimo di buonumore di Dylan si fosse appena dissolto in fumo attese ad andarsene. Prima rimediò un coltellino tascabile a cui riscaldò la punta con l’accendino. Si inginocchiò accanto a Xavier che stava diventando decisamente pallido e gli ficcò la punta del coltello nella ferita mentre Julian gli tappava la bocca e lo teneva fermo. Era quasi commovente vedere i suoi occhi rossi mentre si mordeva il labbro e si sforzava di ignorare i lamenti del suo amico. Quasi, perché aveva cercato di uccidere Dylan e solo ora che lui lo stava aiutando l’aveva avvertito. Non l’avrebbe sicuramente fatto altrimenti.
Non appena riuscì ad estrarre il proiettile dalla ferita, pensò di sparire. Cercare Evan, uccidere sua madre come lui voleva, comprarsi di nuovo il favore del ragazzo e tornare a casa sua.
Senza il piccolo oggetto in piombo la ferita del Ragno si rimarginò in fretta e tornò leggermente più lucido. A dimostrare che però era ancora intontito, chiese al Mago «Julian, se tu che sei mio amico ti chiamassi Dubbio e andassi in giro senza la tua ombra, potrei dire che sei senza ombra di Dubbio il mio amico?»
Tenebra lo guardò compassionevole e gli scompigliò gli ispidi capelli neri, doveva esserci del tenero fra di loro.
Non so se ti stai divertendo, ma ti ricordo che qui non sei gradito.
Giusto. Evan. Evanna.
Dylan sapeva che Xya aveva catturato Diane. Perché non recuperarla? Tanto avrebbe potuto farlo. Il problema sarebbe stato soltanto fronteggiare la Vedova Nera, questa volta senza l’intervento di Julian a salvarlo.
Ma lei lo avrebbe voluto? Oh no, Diane avrebbe preferito vivere la sua intera vita senza di lui, lo detestava per quello che le aveva fatto e non la si poteva biasimare. Quindi la risposta era no, non l’avrebbe cercata. Conosceva Julian abbastanza bene da sapere che lui non l’avrebbe uccisa e questo gli bastava. Sapeva che lui era a favore di una tregua, che non avrebbe sfiorato i prigionieri, che li avrebbe difesi anche davanti a Xya.
Non gli fu difficile realizzare il desiderio di Evan. Non gli costò alcuno sforzo, non provò alcun’emozione. E per lui fu strano.
Come la donna stava per spirare, accorse Theresa affannata e scomposta. Probabilmente il suo obiettivo fu quello di fermare Dylan, perché rallentò negli ultimi metri notando di essere in ritardo.
Il valore delle ultime parole di Evanna parvero capirlo tutti eccetto l’uomo. O almeno, i due ragazzini si comportarono come se “Evan, tua madre ti vuole bene” significasse più di quanto non avesse detto. Theresa si arrabbiò. Iniziò a definirsi inutile. Disse qualcosa del tipo “nemmeno una ho potuto salvare” mentre Evan inizialmente si finse completamente indifferente. Però bastarono pochi secondi perché venisse colto da una crisi epilettica e Dylan si ritrovò ad attingere nuovamente alle sue conoscenze da ex medico mentre tranquillizzava Theresa. Evan gli aveva detto di soffrirne, si era preparato psicologicamente a doverlo soccorrere un giorno o l’altro, ma lei no. E doveva ammettere che da vedere per la prima volta era piuttosto impressionante, un ragazzo colto dagli spasmi che non si sentiva più chiamare e boccheggiava come un pesce strozzandosi con la sua stessa lingua. Era dovuto a fattori ansiogeni, fra le varie altre cose.
«Ragazzo, è pervia di tua madre, ho ragione?» gli chiese Dylan appena lui tornò in sé. Lo sguardo vagava verso l’alto.
«No.» mentì convinto Evan «Ma almeno ha detto che mi voleva bene.»
Buffo, Dyl: penso che questa sarà esattamente la stessa reazione di Diane alla tua morte.

ESCAPE- RememberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora