Capitolo 25- Diane

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Nero. Nero nero nero. E qualche accenno al bianco. Domanda: dovrei mettere Remember per soli adulti? Più che altro temo per le scene di sangue...

Non sentì più spari, così si affacciò dal suo nascondiglio, la tenda stracciata accasciata a terra. Aprì gli occhi e immediatamente le venne voglia di ritirarsi e dormire finché non si fosse svegliata da quell’incubo che stava vivendo.
«Diane!» esclamò Amber correndole vicino. Aveva gli occhi lucidi, le strinse i polsi e sorrise, chiedendole se avesse male o fosse ferita.
La Dominatrice dell’acqua si sentì in colpa per essersi nascosta mentre gli altri combattevano anche per lei. Mentre Jim, appena curato da un taglio al collo, veniva sgozzato. Mentre il fratello Alan, popolare come pochi fra i Lux, campione di football dal bell’aspetto, riceveva una scarica di proiettili partendo dalla testa finendo al bassoventre. Mentre tutti si davano da fare cercando di sopravvivere, mentre i Nox venivano ustionati e tornavano a casa loro feriti gravemente. E lei si nascondeva.
Non rispose alla ragazza premurosa, ma corse con il cuore in gola fra i corpi dei caduti. Forse poteva curarli, pensava, con le ombre poteva riportarli in vita, sapeva.
Non seppe per quale ragione il suo occhio andò a posarsi proprio sul corpo di Daniel. Era un ragazzo castano dagli occhi del medesimo colore, portava gli occhiali, esattamente come altre milioni di persone al mondo. Però le sue ferite da arma da fuoco si potevano curare, non sembravano aver raggiunto il cuore o altri organi irrecuperabili. Sì, poteva star correndo, anzi, era certa di starlo facendo, ma in quel momento le sembrava la cosa migliore da fare.
Il movimento della sua mano fu meno fluido di quel che ricordava, si inceppò più volte nella torsione, quasi ci fosse una persona a lei sconosciuta a tenerle stretto il polso per impedirle di ruotarlo.
Quasi pianse: non voleva più avere a che fare con le ombre, lo aveva giurato a se stessa, si era impegnata fino a quel momento a restarne lontana!
Troppo tardi. Daniel accolse nel proprio corpo un essere nero, tremante e informe e si tirò a sedere dolorante.
Diane, ti sono mancata?
Sì, la ragazza urlò.
E fuggì.
Raggiunto un punto lontano dall’accampamento devastato si sedette a terra, stringendosi la testa talmente forte fra le mani che le parve di starla veramente comprimendo. Sì guardò le mani e le vide sporche di sangue, si guardò gli abiti e li vide strappati e incrostati dallo stesso liquido.
Iniziò a scalciare a terra scuotendo il capo, «Non voglio non voglio non voglio!» strillò come impazzita, tentando di scacciare quella voce che era tornata nella sua mente «Ti prego, lasciami stare!».
Sentiva di star di nuovo perdendo il controllo di se stessa, nella sua testa il buio la faceva da padrone e non sapeva a chi rivolgersi per fermarlo.
Dianee, lo so che mi desiderii
La voce si sentiva importante, cantilenava nella sua mente totalmente padrona della situazione. Era una Diane Regina della Neve che sedeva incatenata ad un trono e aspettava soltanto di potersi alzare e dettare legge.
Intanto parlava, e le ombre corrodevano le sue catene, e rideva, rideva, rideva.
«Aiutatemi!» strillò Diane scuotendo il capo violentemente e dimenandosi. La Regina nella sua testa la buttò carponi in avanti e le venne un conato di vomito.
La ragazza non sapeva più come aiutarsi a difendersi da quella prepotente creatura nella sua testa.
Era quasi tutto perduto, quindi l’unica idea quasi decente che le venne in mente fu la più disperata. Sì concentrò cercando di sorpassare la Regina quasi libera e senza che aprisse bocca, la abbandonò un urlo. “RYAN!
«Non assecondarmi...» sussurrò forzando di tenere gli occhi aperti.
Inaspettatamente, lui non la assecondò.
Diane?”  domandò lui incerto nella sua testa. La Regina delle Nevi venne ributtata sul suo trono, le catene le strinsero saldamente i polsi e le caviglie. Diane liberò un sorriso, mentre una lacrima le bagnò una mano con cui si aggrappava al suolo.
Grazie di… avermi risposto…” sussurrò. Non si era aspettata certo un esito positivo.
Come Ryan le parlava, il trono della Regina tremava, traballava, sprofondava un poco negli abissi.
Cosa sto facendo?” chiese il ragazzo confuso “E soprattutto come?”.
Diane non rispose immediatamente. Rimase a gattoni a riprendere fiato, allentando pian piano la presa su qualche ciuffo d’erba. L’aveva salvata, alla fine, da se stessa, in qualche contorta maniera.
Se non ripetere “Grazie” fino a tornare in piedi con un’incredibile voglia di piangere non sapeva cosa fare o come rispondere. Azzardò uno “Stai bene?” che le uscì balbettato.
Io sì, eccome, ma tu?” chiese Ryan telepaticamente. Ora aveva diretto accesso alla sua mente, potevano vedere a vicenda i pensieri dell’altro, mentire non aveva assolutamente senso. Quindi tornò seduta a terra e badando a non omettere alcun particolare, raccontò a Ryan per quale ragione lo avesse cercato. Nel profondo temeva potesse accadere di nuovo, e gli raccontò anche quello.
La Regina della Neve sanguinava, era ricoperta di tagli, ad ogni risata sdrammatizzante del moro una nuova ferita si apriva a fiore della sua pelle. Soffriva e desiderava soltanto potersi liberare.
Lascia che ti racconti una cosa.” iniziò Ryan, sbuffando come se si stesse sedendo da qualche parte e fosse doloroso per lui farlo “Tempo fa io avevo appena scoperto come giravano le cose nella mia vita e volevo farla finita. Una persona mi rimase accanto, propose di aiutarmi, mise in gioco se stessa per farmi cambiare idea.” assunse un’aria sognante, ma scomparve subito “Stupidamente, io non le diedi molta retta. Finsi di averla ascoltata. Quella persona però non cambiò idea fino alla fine. Forse le cose sarebbero andate diversamente se quel giorno di due anni fa io avessi scelto di lasciarmi aiutare. Ecco, mi accorgo solo ora che lei mi è sempre stata accanto, quindi mettiamo in chiaro questo: per te, io ci sono sempre, che sia giorno, notte, lunedì o sabato, cercherò di aiutarti come posso. Okay?”
Ti ringrazio” rispose soltanto Diane, abbandonando la testa più leggera fra le mani.
Tornò all'accampamento: Daniel era già stato assalito da Jakob e stavano rimontando le tende. Non vi era traccia di corpi.
«Riesci a mettere quel diavolo di palo dritto?!» brontolò Jakob sbracciando in direzione di un paletto di acciaio alto poco più di un metro che Daniel teneva in mano.
Il Lux alzò un sopracciglio. «Hai appena detto una cosa parecchio ambigua.» notò.
Gli occhi di Jakob presero a scintillare e saltò in braccio al suo nuovo amico, riempiendolo di baci in faccia. «Cogli i doppi sensi, io ti amo!» esclamò raggiante.
«Non prenderti troppe libertà.» gli disse Daniel appoggiandolo a terra.
«Okay, però una cosa.» fece il rosso tornandosene alla sua posizione di partenza.
Daniel alzò il mento nell’annuire “Dimmi” e Jakob prese un profondo respiro. Poi indicò di nuovo il paletto di prima e urlò: «LO TIENI DRITTO?!»
«Continua a suonare male.» borbottò con aria delusa l’amico.
Jakob brandì un paletto più lungo dell’altro e lo alzò a mo' di mazza. «Vediamo se questo qui suona meglio quando te lo sbatto in testa.» sfidò Daniel.
«Non mi arrenderò senza combattere!» esclamò l’altro alzando il proprio paletto.
«E allora che lo scontro abbia inizio!» annunciò Jakob balzando all’attacco.
Come potevano giocare dopo quello che era successo? Jim? Alan? Perché Daniel rideva dopo aver perso due dei suoi tre fratelli?
«Non stavate montando le tende, voi due?» intervenne Amber. Ecco, lei aveva l’aria tormentata che Diane si aspettava di vedere.
«Sì mamma, torniamo al lavoro.» sbuffò suo cugino, non prima di aver tirato un colpo a tradimento sulle ginocchia a Daniel. Alzò il mento verso il cielo è iniziò a fischiettare innocentemente.
Il Lux dovette vendicarsi e gli tirò quindi una mazzata sugli stinchi. Jakob rantolò.
«Tu vuoi botte pesanti.» fece ricomponendosi.
Amber sorrise scuotendo la testa come a definirli immaturi.
«Riuscite a sistemare qui prima che faccia giorno?» chiese la ragazza.
«Non credo!» rispose Daniel schivando un affondo di Jakob, mentre il rosso urlò un «Non prima di averlo sconfitto!»
«D’accordo, mi basta il dieci percento di probabilità.» rise Amber sorpassandoli.
Si fermò per un istante accanto a Jakob. Sogghignò.
«Mai lasciar punti scoperti!» lo rimproverò allungando un piede per farli lo sgambetto. Il ragazzo riuscì a saltare ed evitare di cadere e tentò perfino una linguaccia di beffa, ma la rossa fu rapida ad afferrare il paletto con cui stava giocando lui e piazzandoglielo dietro le gambe il cugino cadde lungo disteso.
Sfruttando un piede come perno, Amber si voltò verso Daniel e lo colpì alla spalla destra, guardandolo saltellare verso sinistra su un piede tentando di restare in equilibrio. Immediatamente lei abbassò il paletto -che nelle sue mani somigliava più ad una spranga- e gli spinse indietro il piede che teneva fisso sul suolo.
Daniel volò a terra scivolando in avanti e finì per schiacciare Jakob che scoppiò a ridere.
«Cambiato idea rispetto ai tuoi sentimenti?» domandò divertito. Fece un fischio ad Amber indicandoci.
«Questa me la paghi cara, lo sai?» le chiese. Lei si strinse nelle spalle andando a raggiungere Evan che l’aspettava impaziente poco più distante, accennando ad un “alito di nicotina”.
Daniel si staccò da Jakob e gli diede una mano ad alzarsi. Probabilmente involontariamente finì per incrociare lo sguardo vigile e sovrappensiero di Diane e le sorrise.
Lei avrebbe fatto lo stesso, se soltanto al posto del ragazzo non avesse visto l’ombra che lo teneva in vita.
Perciò fuggì una seconda volta e avrebbe potuto giurare di aver sentito la Regina della Neve ridere, non solo nella sua testa.

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