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. benjamin

Mi bloccai, le mani che stringevano le sue spalle, guardando tutte le persone attorno a me, come fossi pietrificato.
I cellulari.
Un centinaio di cellulari puntati verso di noi.
Avevano filmato tutto.
-Aspettami fuori.- Le dissi sottovoce.
Lei era confusa, e non potevo darle torto. La guardai fingere un sorriso per la macchina fotografica, prima di andarsene. E non mi sentii mai più colpevole di così.
I video che tutti quei telefoni avevano filmato sarebbero finiti in rete.
In qualche modo, avrebbero scatenato polemiche su polemiche.
Mi formicolavano le mani; volevo prendere  a pugni qualcosa per il fatto di non essere riuscito a proteggerla.
Passarono tre ore e mezza prima della fine dell'instore. Non andai nemmeno in camerino: non m'importava. Volevo trovarla, parlarle. Per dirle che mi era  mancata e che tutto, senza di lei, era un tale casino che alla fine potevo solo aspettare di essere travolto. Mi sentivo impotente, senza di lei. Come se fosse stato il mio scudo, seppur così fragile.
E poi, se lei era lì con me, tutto sembrava superabile.
La trovai sul terrazzo che dava su Piazza Duomo. C'era nuvoloso, e l'aria fresca emanava poco gelo, come i suoi occhi. Aveva appena smesso di piovere.
-Mi spieghi che cos'è successo dentro?-
Glielo spiegai. E rimase in silenzio.
-Cos'hai paura che potrebbe succedere?- Mormorò.
-Ho paura per te, per tutto quello che si potrebbe scatenare e io... Non so...- Mi feci scuro in volto.
-Sei tu che mi hai baciato. Ben, forse significa che te lo sentivi.- Vidi un accenno di sorriso sulle sue labbra.
-Non aver paura di quello che senti, e di quello che ti senti di fare. Mi sono messa sullo sfondo troppe volte senza ascoltare la voce dentro di me, illudendomi di non saper capire che cosa dicesse. Vedi, non importa, ora, se tu provi amore, bene o chissà cos'altro per me. Ben, mi basta che tu sia felice, scegliendo secondo quello che senti.-
Il vento accarezzava i suoi capelli.
E lei come stava? Era sempre più bella. Più dell'ultima volta.
Sentii una goccia di pioggia scivolare sulla mia guancia. O era una lacrima?
Mi spinsi in avanti e la baciai. Ancora.
Il tempo si fermò. A quel bacio. Alle emozioni cadute e alle frasi sottovoce.
Mi convinsi del fatto che, se mai fosse stato necessario, che non sarebbe bastato un anno a dimenticarla.
Per la prima volta, trovai il coraggio di chiedermelo.
L'amavo?
Pensai a tutti i sorrisi nati per caso e all'improvviso, davanti allo schermo del telefono grazie ai suoi messaggi, alle frasi che di notte le dedicavo, alle canzoni che suonavo pensando  a lei.
L'amavo?
Ai "mi manchi", ai " vieni qui", agli "scendi" e alle lacrime al sapore di un abbraccio, al suo sorriso che amavo privare di quel velo di malinionia che sempre lo accompagnava.
L'amavo?
Alle volte in cui si era lasciata andare e aveva confessato di stare piangendo, di non farcela più, di non riuscire più a reggere tutto quello che le stava succedendo, tutto quello che la stava mettendo alla prova e la faceva cadere per poi farsi troppo male per rialzarsi subito.
Per cui.
L'amavo?
Diamine, sì.

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  per l'appunto; non ce la faccio più nemmeno io

facebook / benjamin mascoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora