Il gruppo, divenuto ancora più numeroso, riprese la scalata del grattacielo con rinnovata fiducia. Ormai li separavano pochi piani dalla cima dell'edificio, e li percorsero con cautela senza che accadesse nulla di strano. Alcuni dei membri non poterono fare a meno di rivolgersi al nuovo arrivato, Luke, domandandogli informazioni sul suo conto.
« Allora da dove vieni, Luke? » gli chiese Sora con gentilezza. « Da un pianeta lontano, se ho capito bene. »
« Il mio pianeta natale si chiama Tatooine » rispose Luke, « ma non so dire quanto sia lontano dalla Terra. Ad ogni modo non è più la mia casa... ora che l'Impero Galattico è stato distrutto, sto aiutando la Nuova Repubblica a ripristinare la pace in tutta la Galassia. Mi sposto tra i pianeti alleati per sistemare le cose, poiché è mio dovere di Cavaliere Jedi.
« Stavo lasciando il pianeta Coruscant, quando è accaduto qualcosa di strano. Una forza misteriosa ha colpito la mia astronave, facendo impazzire i comandi. Si è attivata l'iperguida, e un istante dopo sono finito nell'atmosfera di questo mondo. Non sono riuscito a riprendere il controllo della nave, così mi sono schiantato su questa città. Per fortuna non ho provocato seri danni a nessuno. »
Sora guardò gli altri compagni, che erano perplessi quanto lui. Nessuno di loro sapeva di cosa Luke stesse parlando, e ciò faceva presumere che proveniva da un luogo completamente diverso.
« Devo darti una brutta notizia, Luke » intervenne Lara. « Da quello che hai detto, ne deduco che ti trovi molto più lontano da casa di quanto tu pensi. Non ne sono del tutto sicura, ma ritengo che non sei nemmeno nella tua galassia. »
Luke ammutolì per la sorpresa.
« Cosa? »
« Deve essere così. Sulla Terra non ci sono mai stati contatti con forme di vita aliene, e lavoriamo da anni alla ricerca di altri pianeti abitabili. Finora non ne sono stati trovati molti all'interno della nostra galassia, che chiamiamo Via Lattea, e nessuno di questi appare abitato da forme di vita senzienti. Se esistesse una repubblica galattica a quest'ora ce ne saremmo accorti, non ti pare? »
« Può darsi » rispose Luke. « Allora mi trovo davvero fuori dalla mia galassia. Eppure non mi spiego come possa essere successo... »
« Nemmeno noi, Luke » intervenne Harry comprensivo. « Anche noi siamo finiti qui all'improvviso, strappati con la forza ai luoghi a cui apparteniamo. In questo senso siamo sulla stessa barca. »
« Ma ci stiamo dando da fare per rimediare » intervenne Sora. « È per questo che stiamo raggiungendo la cima del grattacielo... per orientarci e scoprire dove ci troviamo. »
Il gruppo si fermò poco dopo. Erano arrivati all'ultimo piano, chiuso da due grandi porte metalliche. Chiaramente oltre la soglia doveva esserci qualcosa di grosso, ma non riuscivano nemmeno a farsi un'idea. Oltretutto la porta sembrava chiusa dall'interno.
« Che si fa? » fece Lara, osservando le porte. « Potrei forzarle con la pistola, ma farei troppo rumore. Non vorrei rischiare di attirare altri seccatori. »
« Vale anche per me » aggiunse Hellboy fissando la sua pistola, ben più grande di quella di Lara.
« Posso aprirla con il Keyblade » propose Sora, facendosi subito avanti.
« Aspetta » lo fermò Harry. « Non hai detto che gli Heartless ce l'hanno con te perché hai quell'arma? Se la usi potresti attirare nuovamente la loro attenzione. »
« Non abbiamo molte alternative, no? »
« Lasciate fare a me. »
Tutti si voltarono verso Luke, che stava estraendo qualcosa dal mantello. Si udì un clic, e un attimo dopo apparve sulle sue mani una lama luminosa, verde brillante, la stessa che aveva usato prima contro Ansem. Si avvicinò alle porte e sferrò un fendente, tagliando il metallo in due come se fosse fatto di burro. Un lavoro quasi del tutto silenzioso, rotto solo dal tonfo provocato dalla caduta della porta.
« Wow! » esclamò Sora, sempre più ammirato. « Niente male... ma di cosa è fatta quella spada? »
« È una spada laser » spiegò Luke, riponendola subito in tasca. « L'arma tradizionale ed elegante dei Cavalieri Jedi. Può tagliare di tutto, che si tratti di porte corazzate o di nemici. Solo le altre spade laser e pochi altri materiali non possono essere tagliati. »
« Si dovrebbe provare con il mio Keyblade » suggerì Sora, ma fu messo a tacere non appena Hellboy spinse la porta.
Il gruppo varcò finalmente la soglia, inoltrandosi in un ambiente completamente diverso. Era un enorme salone, ampio e illuminato, con grandi vetrate che consentivano una vista spettacolare della città. Ma tutto questo era attualmente offuscato dalla presenza insolita di un'immensa quantità di vegetazione per tutta la sala. Alberi tropicali, liane e cespugli erano diffusi per ogni dove, limitando di parecchio la mobilità. Era come se qualcuno avesse piantato un pezzo di giungla tropicale, facendola crescere con fertilizzante miracoloso.
« Per la barba di Merlino » esclamò Harry, guardandosi intorno. « Mi sembra di essere tornato nella serra di Hogwarts! »
« Ma che diavolo è successo qui? » disse Hellboy. « Non esiste che questa roba cresca rigogliosa in mezzo a una città. Qui c'è sotto qualcosa... »
« Sono d'accordo » convenne Lara. « L'origine di questa giungla è sicuramente innaturale. Sarà in atto un incantesimo di qualche genere. L'esperto in materia sei tu, Harry... cosa suggerisci? »
Harry assunse un'espressione incerta, poiché era stato chiamato in causa senza preavviso. Tuttavia si caricò subito di determinazione e sfoderò la bacchetta, puntandola nell'aria.
« Specialis revelio! »
La punta della bacchetta brillò per qualche istante. Harry la fissò, a metà tra la soddisfazione e la preoccupazione.
« Allora? » chiese Hellboy.
« Allora avete ragione, Red... qui c'è sotto qualcosa. Questa giungla ha sicuramente origini magiche. È stata evocata con un sortilegio, ma non saprei dire quale. Una volta ho avuto a che fare con una Palude Portatile, ma non era altro che uno scherzo di alcuni miei amici... roba innocua. Credo che la mia bacchetta potrebbe farla sparire, ma prima dovrei individuare la fonte per sicurezza. »
« Sei in grado di trovarla? »
« Certamente. L'Incanto Revelio è ancora in atto. Mi guida verso la giusta direzione. »
Harry mosse ancora la Bacchetta di Sambuco, che s'illuminò di nuovo non appena la puntò in avanti. Il bagliore indicava la direzione da seguire, come se fosse l'ago di una bussola. Il ragazzo si pose così alla testa del gruppo e fece strada, addentrandosi nella selva.
Il luogo era ancora più grande del previsto, e il tragitto era reso impervio a causa della folta vegetazione che li circondava. Luke e Sora furono costretti a falciare rami e fronde ad ogni passo con le loro spade, per facilitare il tragitto. Hellboy e Lara restavano in coda, dando occhiate nei paraggi di tanto in tanto, le armi alla mano.
« Ho un cattivo presentimento » mormorò Luke dopo una decina di minuti. « Non ne sono del tutto sicuro, ma sento come se qualcosa... o qualcuno... ci stesse osservando. »
« Vale anche per me » aggiunse Hellboy, cercando di fiutare l'aria. « Normalmente me ne accorgerei, ma questo mucchio di verdura disturba i miei sensi. È pieno di fiori, qua in giro, e coprono gli odori. »
« Chiunque sia, è un tipo furbo » disse Lara a voce bassa, continuando a guardarsi intorno. « Sa usare bene il territorio a suo vantaggio. Sta celando la sua presenza per coglierci di sorpresa... è un abile cacciatore, sicuramente. »
Decisero tutti di tacere e far finta di nulla. Al momento non potevano permettersi di dividere il gruppo a causa di una semplice sensazione. Preferirono dunque seguire Harry mentre faceva strada lungo la selva, finché non avrebbero trovato l'elemento sospetto.
Poi, a un certo punto...
« Ci siamo! » dichiarò Harry, ritrovatosi all'improvviso in una specie di radura. I compagni lo seguirono a ruota, raggiungendo lo stesso luogo. Il gruppo si guardò rapidamente intorno, poi alzarono tutti lo sguardo. Oltre il fogliame potevano vedere il soffitto, molto più in alto rispetto ai piani inferiori. Come avrebbero fatto a salire sul tetto?
« Guardate » disse di nuovo Harry, puntando la bacchetta verso il centro della radura. Là, appoggiata ad una roccia, vi era una specie di scatoletta di legno: un'occhiata più da vicino e capirono che la scatoletta era in realtà un gioco da tavolo, completo di tabellone, pedine e dadi. La cosa era di per sé insolita, in aggiunta alla giungla che ancora li circondava. Eppure doveva trattarsi della fonte di tutto quanto, perché la bacchetta di Harry puntava proprio il gioco, come un pezzo di metallo rilevato dal metal detector.
« Che cos'è? » domandò Luke perplesso.
« Nient'altro che un vecchio gioco da tavolo, almeno in apparenza » rispose Sora. « A casa mia ne ho altri del genere... ma questo non l'ho mai visto. »
Hellboy si avvicinò al gioco, la pistola in pugno, chinandosi quel tanto che bastava per leggere cosa c'era scritto sul tabellone.
Jumanji: un gioco che sa trasportar, chi questo mondo vuol lasciar. Tira i dadi per muovere la pedina, i numeri doppi giocano due volte, e il primo che arriva alla fine vince.
Tornò a guardare Harry, rimasto a fissare il gioco con serietà per tutto il tempo.
« Che ne pensi? »
« Non posso sbagliarmi » rispose il ragazzo. « Questo gioco è la fonte magica che ho individuato. Non so come funziona, ma è chiaro che ha evocato questa foresta. Lo dimostra il tema illustrato sul tabellone: la giungla, gli animali africani, il cacciatore... è chiaro che il gioco e la foresta sono collegati. »
« È pericoloso? » domandò Lara.
« Non saprei. Non riconosco questo tipo di magia, non so stabilire se sia buona o oscura. Nel dubbio, sarà meglio non toccare il gioco e proseguire. »
« Sono d'accordo » aggiunse Hellboy. « In effetti, Potter, ora che ci penso... abbiamo un problema più urgente. Ho la sensazione che non siamo soli in questa giungla. Ti dispiacerebbe accertartene con l'incantesimo che avevi usato per scovare me? »
Harry annuì. Lasciò dunque perdere Jumanji e puntò la bacchetta verso l'alto, mormorando: « Homenum revelio. »
L'incantesimo provocò una leggera raffica di vento, che superò la radura e si mosse verso destra, muovendosi di una ventina di metri. Si fermò verso l'alto, indicando un gruppo di grossi alberi dalla folta chioma che torreggiavano sulla radura.
« È lassù » dichiarò Harry. « Ancora una volta hai ragione, Red... qualcuno ci sta spiando. »
« Molto bene » rispose Hellboy, sollevando ancora la pistola. « Visto che ora abbiamo la conferma, tanto vale presentarci. »
Si udì un forte clic mentre caricava la pistola, puntandola contro gli alberi.
« Salve, amico... bella giornata, vero? Vorrei presentarti il Buon Samaritano » disse, indicando la sua stessa pistola. « Può ridurre a pezzi il ramo su cui stai poggiando le chiappe... insieme alle tue chiappe, naturalmente. Ma non credo che sia il caso di arrivare a questo, no? Facciamo così, tu ci mostri il tuo bel faccino e non dovrai scoprire quanto fa male il Buon Samaritano. »
Calò il silenzio per due secondi. Al terzo secondo, un lungo sibilo fendette l'aria, così rapido da cogliere di sorpresa tutti i presenti. Dal fogliame uscì qualcosa, veloce come un proiettile, andando a conficcarsi sul terreno tra le gambe di Hellboy. All'improvviso erano tutti in guardia, le armi in pugno; Harry puntava la bacchetta, Sora sfoderava il Keyblade, Luke estraeva la spada laser, Lara sollevava le pistole. Le puntarono tutti verso la cosa sbucata dal nulla: era una lunga asta di legno, immobile nel punto in cui si era conficcata.
Hellboy calò lentamente lo sguardo sull'asta, senza muoversi di un passo.
« Cos'è? » fece Sora, fissandola incredulo. « Una lancia? »
« No » rispose Lara, con un simile tono nella voce. « È una freccia. »
Dovettero dare ragione alla donna, poiché la coda dell'asta era ornata delle caratteristiche piume. Ma l'elemento anomalo erano le dimensioni della freccia, la cui lunghezza raggiungeva la statura di Harry. Che genere di arco poteva scagliare frecce così lunghe?
« Se ha reagito così, allora è sicuramente ostile! » esclamò Sora, rivolgendo lo sguardo sugli alberi.
« No, non credo » disse Hellboy, il più calmo del gruppo. « Se fosse ostile, avrebbe mirato più in alto... e mi avrebbe beccato. No, questo è solo un colpo d'avvertimento... vuole farci capire che anche lui è armato e pericoloso. »
« Esatto! » gridò una voce dal folto degli alberi. I compagni strinsero la presa sulle loro armi, restando comunque in attesa. La voce era maschile, decisamente umana, ma non era familiare per nessuno di loro.
« Umani... con le mie frecce posso ammazzare le pulci di un cane randagio a mezzo miglio di distanza » continuò la voce, « e ora le sto puntando contro di voi. Sono intinte in una neurotossina che blocca il cuore in un minuto, quindi vi conviene non fare scherzi. Ora mi farò avanti, visto che è ciò che volete, ma voi butterete le armi a terra... subito! »
Hellboy esitò per qualche secondo, poi lasciò cadere la pistola. Fece un cenno agli altri con la testa, e allora seguirono la sua mossa. Ognuno di loro depose le armi, mostrando le mani ormai libere.
« Non vogliamo farti del male » annunciò Lara con calma. « Non siamo venuti in cerca di guai. Quindi, per favore, non attaccarci. »
Qualcosa venne fuori dai cespugli subito dopo, ben più grande della freccia scoccata poco prima. Tutti i membri del gruppo furono costretti ad alzare lo sguardo di parecchio per vedere in faccia il nuovo arrivato. Era un uomo alto circa tre metri, con una coda a ciuffo che gli spuntava da dietro; la sua pelle era a strisce di due tonalità di blu, aveva orecchie mobili e a punta, naso e denti da felino; i suoi grandi occhi erano gialli, brillanti come pepite. Aveva lunghi capelli neri raccolti in una treccia, ed era armato di arco e frecce. Il suo volto era giovane, bello e fiero, con un'espressione decisamente umana. Guardava il gruppo con aria feroce, torreggiando su di loro come un gigante.
« Miseriaccia » esclamò Harry. « E dire che credevo di aver visto di tutto, nella vita. »
« Sicuramente è un alieno » aggiunse Hellboy. « Ehi, Luke, viene dalle tue parti? »
« Non ne ho idea » rispose Luke. « Non ho mai incontrato una razza simile nella mia galassia. »
« Chi siete voi? » chiese l'alieno a gran voce. Stringeva la presa sull'arco, ma non lo puntava contro nessuno. « Cosa siete venuti a fare qui? »
« Siamo solo gente di passaggio » rispose Hellboy con finta gentilezza. « Non volevamo fare nulla di male, né provocare disturbo a nessuno. Se abbiamo sconfinato nel tuo territorio ci dispiace sul serio, non avevamo idea... »
« Non è certo casa mia, questa » disse l'alieno, spostando lo sguardo sulla selva circostante. « Anche se assomiglia molto al mio mondo. »
« Allora vieni anche tu da un altro mondo » disse Sora, facendosi più tranquillo. « Questo ci porta dalla stessa parte. Io mi chiamo Sora, e tu? »
L'alieno fissò il ragazzo con aria sorpresa.
« Jake Sully. »
« Un nome poco alieno e molto terrestre » commentò Hellboy, divenuto sospettoso.
« Be'... che ci crediate o no, una volta ero un umano. »
I compagni lo fissarono con aria perplessa, poiché non avevano idea di cosa stesse parlando.
« Comunque sia, puoi fidarti di noi, Jake » continuò Sora. « Intuisco che sei come noi. Ti senti smarrito, confuso... sei stato strappato dalla tua casa e portato in un luogo sconosciuto. Lo stesso vale per noi, e ci stiamo dando da fare per uscirne. In questo caso possiamo aiutarti. »
Si augurava che capisse con la stessa facilità di Luke, ma si sbagliava. Jake, anziché calmarsi e diventare amichevole, mantenne l'aria diffidente. Nel suo sguardo poteva leggere qualcosa di molto simile all'odio... ma perché?
« Perché dovrei unirmi a voi? » chiese Jake, alzando leggermente l'arco. « Perché dovrei anche fidarmi? Dopo quello che avete fatto al mio popolo, ora avete il coraggio di chiedermi di stare dalla vostra parte. Quasi dimenticavo quanto gli umani possono essere meschini. »
« Chiaramente hai un problema con gli umani » disse Lara. « Ma non siamo noi quelli con cui dovresti prendertela. Non ti conosciamo nemmeno... non abbiamo la minima idea di quello che hai passato. »
« Io non vengo dalla Terra, e non ho mai combattuto il tuo popolo » aggiunse Luke con aria pacifica.
« Io ho viaggiato per molti mondi, ma non ho mai incontrato persone come te » disse Sora con onestà.
« Io ho affrontato una guerra, ma contro i miei stessi simili » intervenne Harry. « Uomini malvagi che volevano solo distruggere la terra in cui vivevo. »
« Io non sono nemmeno umano » concluse Hellboy. « E mi ritrovo quotidianamente a fare i conti con l'ignoranza e la stupidità della gente che mi circonda. Quindi perché dovresti avercela con me? »
Jake Sully restò in silenzio. Appariva ancora diffidente, ma era chiaro che le parole dei compagni cominciavano ad avere effetto su di lui. Perciò prese una decisione, dopo una lunga pausa.
« Vieni con noi, Jake » lo anticipò Sora, restando amichevole.
Jake sorrise, suscitando un leggero stupore tra i presenti.
« Sì, d'accordo » dichiarò, riponendo l'arco in spalla. « Ma prima di tutto, voglio farvi una domanda... è importante. Voglio sapere dove ci troviamo. Questa è la Terra? »
I compagni si guardarono tra loro con aria dubbiosa.
« Apparentemente sì » rispose Lara. « Ma è un luogo molto strano, quello in cui ci troviamo in questo momento. Nessuno di noi lo conosce... e vogliamo tornare tutti da dove proveniamo. »
« Vale anche per me » disse Jake. « Questo non è più il mio mondo, e dopo quello che ho passato non intendo restarci un minuto di più. Voglio solo tornare su Pandora... la mia nuova casa,. »
Così, dopo una rapida presentazione degli altri, Jake Sully si unì al gruppo. La prima cosa che fece come compagno fu aiutarli a trovare la strada per raggiungere il tetto; dopo una breve marcia, trovarono una piccola rampa di scale che conduceva verso l'alto, in parte coperta dalla vegetazione di Jumanji. Neanche Jake sapeva cosa fosse quel gioco, ma anche lui percepiva in esso una sorta di potere malefico, da cui era meglio stare alla larga.
I compagni salirono rapidamente le scale, con un crescente stato di ansia. Sentivano di stare per scoprire la verità su quello strano posto, perché una volta arrivati in cima avrebbero avuto un'ampia visuale di tutto ciò che li circondava. Ognuno di loro, inoltre, si augurava con tutto il cuore di trovare anche la via per tornare a casa, ovunque essa fosse.
Jake arrivò per primo in cima, a causa della sua alta statura. Raggiunse la piccola porta e la buttò giù, ritrovandosi un attimo dopo a respirare l'aria del mondo esterno. Fu raggiunto subito dopo da tutti gli altri, che uno dopo l'altro misero piede finalmente sul tetto del grattacielo. Era un semplice ripiano di cemento, largo quanto un piccolo campo sportivo; intorno a loro non c'era nulla, ad eccezione di un traliccio per le antenne e qualche bocchettone per l'aria condizionata. Ma tutto questo era irrilevante per i sei compagni, che si precipitarono tutti verso il parapetto a vedere il mondo sottostante. Guardarono attentamente in ogni direzione, dove sorgevano palazzi ed edifici a perdita d'occhio. La città sembrava sconfinata, cupa e minacciosa con i suoi edifici di cemento e i suoi abitanti senza volto, sotto quel cielo offuscato da nubi temporalesche. L'unica cosa al momento chiara era il tramonto del sole, a causa del colore arancione che impregnava le nuvole.
Poi Lara interruppe quel silenzio attonito.
« Ho una buona notizia e una cattiva » dichiarò.
« Prima la buona, per favore » disse Harry.
« Di sicuro non ci troviamo a New York. »
« Peccato » borbottò Hellboy deluso, mentre si accendeva un altro sigaro. « Io abito da quelle parti. »
« La cattiva notizia è che non ho la minima idea di dove ci troviamo » proseguì Lara. « Non riesco ad orientarmi affatto, quassù. Questa città è priva di segni di riconoscimento. Non trovo edifici, palazzi o monumenti che ci aiutino a capirne l'identità. »
« Di sicuro non è Coruscant » mormorò Luke.
« Ma allora... » disse Sora « vuoi dire che siamo saliti fin quassù per niente? »
Nessuno si prese la briga di rispondergli, tanto erano amareggiati. Nessuno del gruppo sembrava trovare familiare la città, sebbene si trovassero su un'alta cima da cui osservarla in tutta la sua grandezza.
« Non capisco » disse Jake a un certo punto. « Tutto questo non ha senso... questa città, questo posto... questo mondo... non somiglia affatto a dove vivevo io una volta. »
« Forse vivevi in un'altra città » disse Lara, guardandolo.
« No, non avete capito. Le città si assomigliavano un po' tutte, nella mia vita passata. Erano sporche, inquinate, dominate da un caos di macchine e tecnologia avanzata. Non corrisponde affatto a quello che vedo adesso. In effetti non riesco nemmeno a capire come faccio a respirare quest'aria, poiché quella di Pandora è un po' diversa. Di sicuro è la Terra... ma non quella che una volta era la mia Terra. È come se fosse tornata indietro nel tempo di un secolo. »
Gli altri compagni si scambiarono un'occhiata confusa, soprattutto Lara e Hellboy.
« Toglimi una curiosità, Jake » disse la donna dopo un po'. « Qual è la tua data di nascita? »
Jake gli restituì la stessa aria confusa, ma rispose.
« Il 24 agosto 2126. Perché? »
Fu allora che Lara, Harry ed Hellboy si colmarono di stupore.
« Be'? Adesso che vi prende? Ho 28 anni, e allora? Cos'è, non li dimostro? »
« Non è mica quello il problema » disse Hellboy. « Il problema è che vieni dal futuro. »
« Cosa? »
« Hai capito benissimo. La tua data non corrisponde a quella che conosciamo noi. E l'istinto mi dice che non sei l'unico a provenire da un'altra epoca... dico bene, Potter? » aggiunse, rivolgendosi a Harry.
« Che vuoi dire? »
« Che anno era quando ancora ti trovavi nel tuo mondo? Prima di finire in questo posto? »
« Il 1997, naturalmente. »
Hellboy e Lara si scambiarono un'altra occhiata. Sora e Luke continuavano a restare in disparte, non riuscendo a capire di cosa parlavano.
« Be', questo spiega perché non conosci l'11 settembre » disse Lara. « E giusto perché tu lo sappia, l'11 settembre 2001 è accaduto il più terribile attacco terroristico nella storia dell'umanità. Quel giorno sono state distrutte le Torri Gemelle di New York, provocando quasi tremila morti. »
« Mio Dio... » fece Harry, improvvisamente agghiacciato.
« Un evento tanto terribile sarebbe giunto alle orecchie persino di voi maghi, ragazzo. E poiché dici di venire dal 1997, significa che per te tutto questo non è ancora accaduto. Io e Red lo conosciamo perché proveniamo da un anno successivo a quella catastrofe. Il mio è il 2009, a proposito. »
« 2008, il mio » aggiunse Hellboy.
« Insomma, tutto ciò dimostra che neanche tu appartieni a questo luogo. Nessuno di noi. In definitiva, tutto ciò che ci circonda in questo momento fa parte di un altro mondo. Un mondo del tutto diverso, in cui noi siamo dei perfetti estranei. »
Calò il silenzio, così glaciale che nessuno dei presenti riuscì a romperlo. In tutti loro si manifestò in qualche modo lo stesso pensiero, condiviso dalla preoccupazione e dal timore... "e adesso?"
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Interior Dissidia
FanfictionIn un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto i...