La famiglia Skywalker si stava rilassando. Si trovavano sulla riva del lago Varykino, intenti a godersi tutto ciò che poteva offrire loro quello splendido paesaggio. Non mancava loro niente di quello che già non avessero. Luke e Leila giocavano sul bagnasciuga, facendo del loro meglio per realizzare un passabile modellino in miniatura del Tempio Jedi con la sabbia. Darth Vader li osservava poco lontano, seduto su una roccia, orgoglioso come ogni buon padre; i suoi figli sognavano quello che sognava lui alla loro stessa età, e non poteva che esserne lieto.
Padmé, seduta accanto a lui, completava il quadro, donandogli la perfezione assoluta. Lei sorrideva mentre la brezza muoveva i capelli sciolti, osservando serena i suoi piccoli tesori; ogni tanto si voltava a guardare il marito, indifferente al suo aspetto tenebroso... in cerca di una silenziosa approvazione che già aveva, ma che non poteva riconoscere.
Se solo fosse vero, pensò Vader per l'ennesima volta, e il suo sospiro si perse nel vento.
Accadde all'improvviso. Le immagini di Padmé e dei bambini si dissolsero, svanendo nel nulla in pochi attimi. Vader si alzò in piedi, e nel frattempo il cielo divenne ancora più cupo e tenebroso. Qualcosa disturbava la Forza che permeava quel luogo di pace, annullando i ricordi.
Capì cosa stava succedendo da quei deboli segnali. Avvertì il pericolo mentre il vento si alzava, e le ombre sulla spiaggia diventavano più nere che mai. Scoprì la minaccia mentre questa si faceva avanti alle sue spalle, e lui aveva già afferrato la spada laser. Era già pronto a combattere mentre udiva la voce del suo avversario, priva di qualsiasi emozione.
« Traditore » disse la voce. « Riconosci questa sensazione? Senti questo odore? È l'oscurità... la stessa a cui appartieni, e da cui hai tentato di sottrarti. »
La lama di luce rossa brillò tra le sue mani, prima di voltarsi a guardare in faccia colui che aveva osato violare il suo rifugio.
Xemnas lo aveva trovato... purtroppo per lui.
I Valorosi si radunarono il mattino seguente, freschi e riposati dopo una nottata relativamente tranquilla. Come al solito, Nul sembrava riservare sorprese e conflitti durante il giorno, per concedere il giusto riposo durante la notte. Il gruppo di eroi si ritrovò nella sala mensa dell'ospedale, un ampio reparto pieno di tavoli e sedie, già occupato da alcuni pazienti e dai Senzavolto.
Il primo ad arrivare fu Jake, raggiunto poco dopo da Luke e Lara. Il Jedi e l'archeologa apparivano tranquilli, per non dire particolarmente allegri. Al Na'vi bastò un'occhiata e il suo fiuto per capire cosa avevano fatto quei due durante la notte, e li salutò con un sorriso eloquente mentre facevano la fila al bancone.
Beati loro, pensò tra sé. Jake non aveva parole per descrivere quanto gli mancava la sua compagna, ma non smetteva di pregare di rivederla presto.
« Buongiorno, ragazzi » salutò Sora, giunto in quel momento in sala insieme a Edward. « Dormito bene? »
« Come uno yerik in letargo » commentò Jake, ironico.
« Beato te, allora » grugnì una voce alle loro spalle. I compagni si voltarono e videro Hellboy, seguito da Po. I due mostravano ancora una notevole sonnolenza, visto come sbadigliavano.
« Che avete fatto, ragazzi? » domandò Ed, preoccupato.
« Ah, nulla di particolare... ci siamo allenati » rispose Po.
« Già. Il ragazzone, qui, ci ha dato dentro per ore, stanotte » dichiarò Hellboy con un sorrisetto. « Ha imparato tante nuove tecniche: il Volo dello Struzzo, il Gancio di Fuoco, l'Onda Energetica... »
« Ehm, forse volevi dire il Volo della Gru, il Pugno della Tigre e il Colpo di Chi. »
« Seee, come ti pare. »
Nel frattempo si erano seduti a un tavolo, tutti insieme. Avevano preso un po' di tutto tra quello che la mensa offriva: latte caldo, caffè, succo di frutta, marmellata, biscotti, brioches e altre cose di questo genere. Hellboy, invece, attirò l'attenzione di tutti mentre apriva una lattina di birra.
« E quella dove l'hai presa? » domandò Lara, incuriosita.
« Dal distributore automatico in corridoio » rispose Hellboy con un sorriso. « Avevo un po' di spiccioli da parte e ho pensato di fare scorta. »
Nel frattempo aveva sollevato la coda, mostrando a tutti un cesto pieno di lattine e snack assortiti.
« Io ho smesso di essere un umano da mesi » commentò Jake, « ma sono ancora in grado di capire una cosa del genere. Come cavolo fai a bere quella roba a colazione? »
« Ne ho sentito molto la mancanza, in questi ultimi giorni. Se proprio dobbiamo morire in questa valle oscura, almeno voglio togliermi qualche sfizio prima di esalare l'ultimo respiro. »
« Chi è che ancora gioca a fare il pessimista? »
I Valorosi si voltarono. Con grande sorpresa di tutti, Harry era apparso in sala mensa: aveva ancora la testa e una gamba ricoperti di bende, ma le braccia erano a posto e si reggeva su una stampella. Il ragazzo li guardava tutti con un gran sorriso, lieto di essere di nuovo insieme a loro.
« Harry! » esclamò Lara per prima. « Ma... stai bene? »
« Certo. Abbastanza, almeno, per alzarmi dal letto e fare colazione con gli amici. »
« Strano » osservò Luke. « Rispetto a ieri sembri migliorato parecchio... come hai fatto a guarire così rapidamente? »
« Me lo ha detto il dottor House poco fa, quando mi ha visitato » spiegò Harry. « Su Oblivion il tempo non ha significato, scorre in modo irregolare. La regola vale soprattutto in questo ospedale, e le ferite riportate guariscono più in fretta del normale; e credetemi, non mi lamento affatto di questo bizzarro dettaglio. »
« Hehe... nemmeno noi! »
Gli otto compagni iniziarono a mangiare, riuniti e visibilmente di buonumore. L'atmosfera era tranquilla, sebbene fosse impossibile dimenticare la difficile situazione in cui si trovavano. Ogni tanto, qualche membro del gruppo si guardava intorno, individuando gli altri personaggi intenti a fare colazione. Non erano molti, ma tra loro riconobbero Luigi, Dylan Dog e Tonto. Più avanti, seduta a un tavolo vicino alla finestra, stava una donna molto bella dai capelli bruni: sembrava parlare da sola, o con qualcuno d'invisibile. In un angolo videro un ragazzo bruno su una sedia a rotelle: fisico allenato, indossava una t-shirt rossa con le maniche rimboccate, jeans e scarpe da ginnastica; era immobile come un sasso, gli occhi spenti. Un Senzavolto vestito da infermiere lo aiutava a mangiare, imboccandolo con un cucchiaio. I Valorosi distolsero lo sguardo, desolati: non osavano neppure chiedersi cosa avesse passato quell'eroe per ridursi a un vegetale.
« Scusate, avete visto il mio gatto? »
Hellboy alzò lo sguardo, attirato dalla voce. Un ragazzo si era avvicinato al tavolo: era alto e magro, con capelli corti rosa; portava una grossa sciarpa intorno al collo sopra un gilet nero, e sulla spalla destra spiccava un marchio rosso come il sangue. Aveva uno sguardo sconsolato come molti altri pazienti, ora rivolto verso i Valorosi.
« Il tuo gatto? » chiese Hellboy, più interessato degli altri.
« Sì. È piccolo, ha il pelo azzurro e sa parlare » rispose il ragazzo. « Si chiama Happy. Vi prego, se lo vedete fatemi sapere. »
« Oh, ma certo, nessun problema... ehm... »
« Natsu. Mi chiamo Natsu. »
Hellboy gli sorrise, sollevando il pollice di pietra. Natsu ringraziò e si allontanò, riprendendo la ricerca più avanti.
Appena finito di mangiare, i Valorosi decisero di riordinare le idee. Non avevano ancora avuto modo di parlare con calma e chiarezza di ciò che era accaduto a ognuno di loro dopo il naufragio del Titanic; ora che erano finalmente riuniti, l'occasione era buona per farlo. Uno dopo l'altro, gli otto compagni raccontarono a turno le loro avventure in solitario, prendendo nota nel frattempo di ciò che avevano appreso su Oblivion. Harry si occupò di riportare ogni cosa su un foglio di pergamena fatto apparire per magia. La conversazione fu lunga e dettagliata, ma alla fine ogni pezzo andò al suo posto, e ogni eroe del gruppo era al corrente di tutto.
Prima di tutto elencarono i vari settori di Oblivion che avevano visitato. Ognuno di essi era un frammento di altri mondi: Malebolgia, Burton Castle, la Foresta di Ghibli, il lago Varykino, Little Hangleton, l'Albero del Mondo, il Jurassic Park, la Game Central Station, il campo di battaglia di Skynet, la Piramide di Argus. Alcuni luoghi erano rimasti neutrali o ben difesi, per mano di eroi e altri personaggi sopravvissuti alle battaglie passate; altri erano andati in rovina o abbandonati a causa dell'avanzare del conflitto. Da questo, i Valorosi potevano supporre che la guerra di Nul aveva proporzioni molto più grandi di quanto immaginavano: a detta di Darth Vader, inoltre, erano proprio i cicli di battaglie a provocare la distruzione dei mondi... e il numero di quelli già caduti era ormai divenuto incalcolabile.
Un altro dato certo era la presenza su Oblivion di personaggi comuni, decisamente inadeguati al combattimento, ma che in qualche modo erano sopravvissuti alla scomparsa dei loro mondi. Ed ricordò Catherine, Pikachu e tutte le altre creature rimaste nella Foresta di Ghibli: Nul non poteva averli scelti per combattere, eppure erano lì con loro, in un mondo corrotto e dominato dal caos. Forse avevano un ruolo in tutto questo, ma che per i Valorosi restava ancora ignoto.
Si parlò anche di Nul, uscito finalmente allo scoperto. I Valorosi che lo avevano incontrato descrissero tutti lo stesso essere, un uomo incappucciato dotato di grandi ali nere; nessuno di loro aveva saputo riconoscere il viso che nascondeva, ma potevano stare certi che con un tipo del genere non c'era da scherzare.
C'era inoltre la questione sulla natura "fittizia" che accomunava tutti loro. Ogni personaggio giunto su Oblivion sembrava provenire da opere letterarie di ogni sorta: libri, film, fumetti e altre opere dell'ingegno partorite dalla mente di autori umani. Un altro mistero al quale non trovavano ancora soluzione, ma che doveva comunque essere tenuto in conto.
Infine, i Valorosi presero nota sulle loro Nemesi. Elencarono i loro nomi dal primo all'ultimo, e in base agli ultimi avvenimenti risultò che la maggior parte di quei nemici erano morti. Voldemort, Natla, Quaritch, Tai Lung, Ansem, Envy e Nuada avevano trovato la loro fine per mano di quegli stessi eroi che volevano distruggere. Solo Darth Vader era sopravvissuto, ma solo perché si era rifiutato di obbedire a Nul. In sostanza, i Valorosi potevano dire di aver vinto la loro battaglia, eppure qualcosa non tornava.
« Noi siamo ancora qui » dichiarò Jake alla fine. « I nostri nemici sono morti, la sfida di Nul è finita a nostro favore... eppure non è cambiato nulla. Siamo ancora prigionieri di questo mondo, e non ho idee che possano giustificare questa condizione. Voi che ne pensate? »
I compagni si scambiarono un'occhiata incerta.
« Ne so quanto te, amico » borbottò Hellboy, bevendo un'altra lattina di birra. « Ricordo benissimo quello che ci ha detto Draven sulle regole del gioco. "Sconfiggete i vostri nemici e potrete tornare a casa"... ha detto così, più o meno. Se abbiamo sbagliato da qualche parte, non ne ho idea. »
« Be', se tutto questo è davvero un gioco, forse dobbiamo arrivare al traguardo » suggerì Sora. « Raggiungere un luogo particolare di Oblivion... forse laggiù troveremo Nul e lui acconsentirà a riportarci ai nostri mondi. »
« No, non mi convince » intervenne Lara. « Non dimentichiamo che noi abbiamo già incontrato Nul... almeno alcuni di noi. È stato lui a farci riunire, dopo essersi congratulato con noi per la vittoria. Se avesse voluto riportarci ai nostri mondi, lo avrebbe già fatto... dunque ha ancora dei piani per noi. »
« Già, è vero » convenne Harry. « Io ero ferito, stavo per morire... e Nul ha indicato a Rina come salvarmi, dicendo di recarci qui. È ovvio che ci vuole ancora vivi e in salute... forse per combattere ancora. »
« Sì, ma contro chi? » chiese Po. « Contro di lui? Più andiamo avanti, meno ci capisco qualcosa in questa faccenda! »
Il panda mandò giù una ciambella intera, colto da un nuovo attacco di angoscia.
« Per me, quello si sta facendo due risate alle nostre spalle » fece Ed, incrociando le braccia. « Ormai è chiaro, Nul è il padrone di questo posto e si diverte nel vederci combattere e soffrire. Eppure siamo arrivati fin qui, no? Abbiamo vinto la sfida che ci ha lanciato, ma per qualche motivo siamo ancora bloccati in questo posto. Mi piacerebbe almeno sapere dove stiamo sbagliando... »
« Non avete rispettato le regole. »
I Valorosi tacquero, attirati da voce sconosciuta che aveva appena parlato. Si voltarono tutti e videro un ragazzo, seduto al tavolo accanto: a prima vista sembrava un tipo normale, di altezza e corporatura simili a Ed; aveva il naso e la mascella sottili. Dimostrava una ventina d'anni e indossava una comune giacca e pantaloni neri. L'unico particolare evidente erano i capelli grigi come l'argento, lisci e lunghi fino alle spalle. Lo sguardo che rivolgeva al gruppo era serio, quasi gelido.
« Come hai detto, scusa? » chiese Lara, usando un tono normale.
« Voi » rispose il ragazzo, « non avete rispettato le regole. Ecco perché siete ancora qui. »
I Valorosi si scambiarono un'altra occhiata.
« Be', ora sì che è tutto chiaro, ragazzo » commentò Hellboy. « Magari, se ci fornisci qualche dettaglio in più entro la giornata, riusciamo magari a risolvere la faccenda. »
« Già, che intendi dire? » chiese Sora. « Sai qualcosa su questa storia? »
Il ragazzo dai capelli argentati annuì, e nel frattempo si alzò in piedi. Jake lo squadrò dall'alto, più sospettoso.
« Prima voglio sapere chi sei. »
« Eidan » rispose lui. « Temo che dovrete accontentarvi del mio nome, perché è tutto quello che so di me stesso. È l'unica cosa che ricordo dopo aver ripreso conoscenza su Oblivion, in seguito al conflitto da cui sono sopravvissuto. »
« Vuoi dire che hai perso la memoria? » chiese Luke.
« Esatto. Non ricordo niente del mio passato, né delle mie capacità, né del mondo da cui provengo. Sono uno sconosciuto persino ai miei occhi... nient'altro che un guscio vuoto, non molto diverso dagli spettri che vediamo camminare su queste strade » e accennò ai Senzavolto al bancone. « L'unica differenza è che io ho ancora una faccia e una voce. »
I Valorosi si guardarono nuovamente tra loro, in silenzio. Non sapevano cosa pensare nei confronti di Eidan, dopo aver sentito quelle parole: sapevano che mostrarsi dispiaciuti non serviva a molto, dato che non lo conoscevano affatto. Non furono molto sorpresi per la sua spiacevole condizione, l'amnesia: dopotutto si trovavano in un ospedale, dove molti personaggi avevano subito danni ben peggiori.
Di certo quel tipo li incuriosiva, poiché si era intromesso nella loro conversazione.
« Da quanto tempo ti trovi qui, Eidan? » domandò Harry.
« Heh... da sempre » rispose lui con un sorriso ironico. « Anche se qui il tempo non significa niente, da quando ho messo piede su Oblivion ho visto il trascorrere di innumerevoli giorni e notti. Sapete, credo di essere stato uno dei primi a finire quaggiù... all'epoca non vidi molti altri personaggi, ma con il tempo ne sono arrivati in numero sempre maggiore. Costretti a combattere, uno dopo l'altro... costretti a raccogliere la sfida di Nul. »
Silenzio. I Valorosi attesero che quel ragazzo riprendesse a parlare, ma ciò non avvenne.
« Prima hai detto che non abbiamo rispettato le regole » osservò Sora. « Cosa intendevi dire? »
« Uhm... come avete appreso le regole? » chiese Eidan. « È stato Nul in persona a illustrarvele? »
« No, ce le ha spiegate un tale, Eric Draven. »
Sora raccontò brevemente l'incontro con quel tipo tenebroso, in un cimitero in pieno centro. Eidan sedette nel frattempo al tavolo insieme a loro, e alla fine fece un debole sorriso.
« Ah, Draven... dunque è ancora pronto ad aiutare il prossimo, a quanto pare. »
« Credi che ci abbia mentito? » suggerì Luke. « O che ci abbia nascosto qualcosa? »
« Nah, Draven è a posto, sono certo che vi ha detto tutto ciò che sapeva... o tutto ciò che dovevate sapere. Il vostro problema è diverso. Se siete ancora qui è perché non avete rispettato la regola fondamentale: eliminare i vostri nemici. »
I Valorosi si scambiarono un'occhiata confusa.
« Lo abbiamo fatto. I nostri nemici sono morti » puntualizzò Jake.
« No, voi non avete ucciso i vostri nemici » ribatté Eidan, serio. « Ecco il problema. Certo, sono morti, ma non per mano vostra, dico bene? Raccontatemi come sono andate le cose, così capirete voi stessi. »
I Valorosi annuirono, e descrissero accuratamente le circostanze in cui avevano affrontato e sconfitto le loro Nemesi. Eidan si occupò di prendere nota, sullo stesso foglio di pergamena usato da Harry per annotare le informazioni precedenti.
E alla fine...
« È come pensavo, purtroppo » dichiarò il ragazzo, guardando il foglio. « Vedete, ragazzi, le cose stanno così. Per vincere la sfida, voi avreste dovuto eliminare i vostri avversari... sconfiggerli non era sufficiente, dovevate ucciderli con le vostre mani. Voi non avete ucciso le vostre Nemesi, dato che, in base a ciò che mi avete raccontato, sono morti in altre circostanze. Osservate voi stessi. »
Eidan posò il foglio al centro del tavolo, così che tutti i Valorosi potessero vedere chiaramente. Il ragazzo aveva elencato i nomi dei loro nemici, e il modo in cui erano morti:
Natla – nemesi di Lara Croft. Morta a causa del morso del vampiro Barnabas Collins.
Envy – nemesi di Edward Elric. Ingoiato da un uccello.
Miles Quaritch – nemesi di Jake Sully. Ucciso da un Terminator.
Nuada – nemesi di Hellboy. Rimasto prigioniero a Malebolgia.
Tai Lung – nemesi di Po. Morto per autodistruzione.
Voldemort – nemesi di Harry Potter. Morto per mano di un nemico ignoto.
Darth Vader – nemesi di Luke Skywalker. Ancora vivo.
Ansem – nemesi di Sora. Stato sconosciuto.
Alcuni di loro cominciarono a capire prima ancora di finire l'elenco. La realtà dei fatti era incredibile, eppure aveva perfettamente senso. Quei dati confermavano la teoria di Eidan: nessuna Nemesi era morta per mano dell'eroe affrontato.
Dovevano dargli ragione. Non avevano rispettato le regole del gioco.
« Ehi, perché hai scritto "stato sconosciuto" accanto ad Ansem? » domandò Sora, incerto. « Ho detto chiaramente di averlo distrutto, non mi hai sentito? »
« Ho sentito » affermò Eidan, « eppure anche tu sei ancora qui, come il resto dei tuoi amici. Dunque dubito che il tuo nemico sia stato distrutto in modo definitivo... dopotutto lo hai visto ridere e minacciarti mentre scompariva, no? »
Sora fece per rispondere, ma poi tacque e si limitò ad annuire, ricordando ancora una volta quel momento.
« Hehe... sì, è finita. Per Ansem, almeno... ma per Xehanort... non è affatto... finita. Non hai ancora vinto... Custode del Keyblade... »
« Fantastico » commentò amareggiato, incrociando le braccia. « Ci mancava solo questa. »
« Ora capisco perché T'ai Fu non è riuscito a tornare a casa » disse Po in quel momento. « Mi ha raccontato che il suo nemico era morto, ma lui era rimasto bloccato qui come noi. »
« Perché non era stato lui ad ucciderlo » convenne Harry. « Lo stesso vale per Dylan, a quanto pare... e per Rina. »
« E per tutti i poveri diavoli che vi circondano » concluse Eidan. « Ormai dovreste averlo capito, ragazzi... qui è pieno di sopravvissuti: eroi che, come voi, hanno affrontato i loro nemici in battaglia e ne sono usciti vivi per miracolo. Prendete quel tipo laggiù, per esempio » e indicò il ragazzo bruno sulla sedia a rotelle. « Seiya di Pegasus, cavaliere protettore della dea Atena: è stato portato qui nelle condizioni in cui lo vedete ora, con l'armatura ridotta in frantumi... possiamo solo immaginare cosa può essergli accaduto. Per me è fortunato ad essere ancora vivo, comunque... e sto parlando di un potente guerriero, di un eroe come voi. Questa triste sorte capita anche ai comuni mortali. »
« Che vuoi dire? » domandò Jake, ma Ed anticipò la risposta.
« Si riferisce agli altri, credo... tutti quei personaggi che sono finiti su Oblivion ma che non hanno ricevuto alcuna sfida, come Riuji e gli abitanti di Burton Castle. »
Eidan annuì, e nel frattempo si voltò a guardare da un'altra parte, verso la donna che parlava da sola.
« Non ha certo l'aria di una guerriera, quella bella signora » osservò il ragazzo. « In effetti è solo una casalinga: si chiama Melinda, e tutto quello che sa fare di speciale è vedere i fantasmi. Credo che adesso stia conversando con uno di loro, ma io non vedo proprio niente... e voi? »
I Valorosi scossero la testa. Anche ai loro occhi quella donna sembrava parlare da sola, eppure lei proseguiva come se nulla fosse, come se fosse davvero qualcuno di fronte a lei.
« ...mi dispiace tanto, Amidamaru » la sentirono mormorare in quel momento. « Vorrei tanto poter fare più di questo. Ormai non ti resta che passare oltre. »
Eidan sospirò, e tornò a guardare i Valorosi.
« Capite cosa voglio dire? » disse. « Voi sperate ancora di poter risolvere tutto... di poter vincere questa battaglia e di uscirne vittoriosi; di tornare a casa dopo quella che credevate solo l'ennesima avventura. Ma la vostra è solo un'illusione... la stessa in cui hanno vagato tutti loro » e allargò le braccia, come per indicare l'intera gente che li circondava « prima di accettare la realtà. La realtà è questa, signori: non c'è vittoria, e non c'è ritorno. C'è solo Oblivion nel futuro di tutti noi. »
Calò il silenzio ancora una volta. Gli otto compagni non se la sentirono di aggiungere altro. Eidan era stato molto chiaro, senza ombra di dubbio: la sapeva lunga su ogni cosa, ma tale fatto era giustificato dalla sua lunga permanenza su Oblivion. Aveva avuto molto tempo per informarsi su tutto, sui luoghi e sugli altri personaggi giunti laggiù.
Ma i Valorosi non riuscivano a fidarsi completamente di lui. Tipi come Jake, Hellboy e Luke, i membri più percettivi del gruppo, sentivano qualcosa di strano in quel ragazzo: sicuramente aveva detto la verità, ma la sua voce non era affatto quella di un eroe sconfitto come Dylan Dog, o di un essere neutrale come Draven. Eidan sembrava qualcosa di diverso, ma non c'era modo di scoprirlo... dopotutto, nemmeno lui sapeva chi fosse.
« Visto che la sai tanto lunga, Eidan, voglio farti una domanda » intervenne Jake, spezzando infine il silenzio. « Perché sei venuto a dirci tutto questo? Cos'hai pensato per decidere di venire a parlarci? »
Il ragazzo vuotò la sua tazza di caffè prima di rispondere.
« Sentivo di doverlo fare » disse con tono piatto. « Voi siete ancora dei novellini, dopotutto, dovevate sapere come funzionano le cose da queste parti. Vivo in questo ospedale da un pezzo, ne ho visti arrivare tanti prima di voi... e a ognuno di loro ho spiegato questa realtà immutabile. Ora sta a voi, signori, decidere cosa fare... ma ricordate che è già troppo tardi. Non c'è vittoria, e non c'è ritorno. »
Detto questo, si alzò dal suo posto e voltò le spalle a tutti, senza nemmeno salutare. Quel cupo intermezzo si sarebbe concluso nel più assoluto silenzio, se non fosse stato per un ultimo intervento da parte di Sora.
« Ehi » disse a voce alta, richiamando l'attenzione di Eidan. « So che forse non significherà molto per te, ma voglio dirlo lo stesso... grazie. E spero... che riuscirai a ricordarti chi sei. »
Eidan gli lanciò una rapida occhiata, ammiccò e poi riprese a camminare, lasciando la sala.
Poco dopo, i Valorosi lasciarono la sala mensa. Per il momento non potevano lasciare l'ospedale, poiché Harry aveva ancora bisogno di altro tempo per rimettersi completamente. Nel frattempo erano d'accordo sull'idea di rilassarsi un po', così si ritrovarono a fare una passeggiata nel giardino. Il cielo di Oblivion era cupo e grigio come sempre, ma l'aria era fresca e limpida, tipica di ogni mattina degna di questo nome. I prati e gli alberi erano ben curati, come se fosse stato Edward "mani di forbice" ad occuparsene. Lungo la strada incontrarono altri personaggi, ognuno immerso nelle proprie attività: Natsu, il ragazzo dai capelli rosa incontrato poco prima, stava ancora cercando il suo gatto; Rina si rilassava sdraiata sul prato, fissando il cielo; il dottor House giocava con un videogame portatile, seduto su una panchina; Riuji e Taiga erano seduti insieme su un'altra poco lontano, mano nella mano... silenziosi, ma non servivano parole per descrivere tanta dolcezza che riuscivano a esprimere.
Alcuni Valorosi non riuscirono a dimenticare le parole di Eidan, così si trovarono a parlare ancora di lui. Indubbiamente, la realtà dei fatti da lui descritta era riuscita a scuoterli più di quanto riuscissero ad ammettere.
« Secondo voi ha ragione? » domandò Po, dubbioso. « Non potremo tornare mai più nei nostri mondi? »
« Lui ha perso ben più della memoria » rispose Luke, alzando le spalle. « Ha perso la speranza. Eidan è costretto a credere nelle circostanze, dopo tutto ciò che ha visto e subito... perciò crede che non ci sia più nulla da fare. »
« Be', io ho ancora voglia di sperare » ribatté Harry con decisione. « Non sono sopravvissuto a tutto questo per poi lasciarmi abbattere così... ho ancora intenzione di combattere. Per quanto mi riguarda, la nostra sfida non è ancora conclusa. Ho fatto una promessa, e per mantenerla sono disposto ad affrontare Nul finché respiro. »
Jake e Sora fissarono lo sguardo dell'amico con identico orgoglio. Anche gli altri compagni annuirono, uno dopo l'altro.
« Allora vedi di riprenderti in fretta, ragazzo » fece Hellboy con un sorrisetto. « Non puoi venire alla festa in queste... uhm? »
« Che succede laggiù? »
Lara aveva attirato l'attenzione del gruppo, indicando verso tutt'altra direzione. Una piccola folla si era radunata intorno a un albero vicino, dove stava accadendo qualcosa di bizzarro. Quando si avvicinarono, l'attenzione dei Valorosi fu subito catturata dall'uomo appeso al ramo dell'albero: era Tonto. Il Comanche sembrava spaventato e sbraitava verso il terreno, borbottando frasi incomprensibili nella sua lingua.
Jake, che era il più alto, scoprì con chi ce l'aveva, ma non riusciva a crederci. Ai piedi dell'albero c'era solo un gattino dal pelo azzurro, il quale osservava Tonto con aria innocente.
Dylan Dog era tra la folla, ma non muoveva un dito per aiutare il suo socio.
« Ehi, Dylan » intervenne Sora, avvicinandosi a lui. « Che succede? »
« Oh, nulla di grave... pare che a Tonto non piacciano i gatti. »
« Cavolo! Questo non è solo disprezzo, sembra terrore puro... non dovresti aiutarlo? »
« Mi piacerebbe » rispose Dylan con evidente ironia, « ma soffro di vertigini. »
La folla aveva cominciato a ridere di gusto, di fronte a quella buffa scena. Nel frattempo Tonto continuava a sbraitare contro il gatto, per nulla intenzionato ad andarsene; anzi, sembrava godersi la scena.
« Via, gatto! Via! »
« Bah, io mi sono rotto » intervenne Hellboy, facendosi avanti. « Non mi pare il caso di infierire così su tipo del genere... vero, micetto? Vieni qui, da bravo... »
Il gatto, contrariamente alle aspettative di tutti, obbedì all'invito del demone e saltò tra le sue braccia. I Valorosi rimasero parecchio sorpresi, nonostante ormai conoscessero bene il loro socio: il gatto ora faceva le fusa soddisfatto tra le braccia di Hellboy, mentre questi lo accarezzava.
« Oh, guardate quant'è carino » commentò con aria irriconoscibile. « Piccolo e dal pelo azzurro... scommetto di sapere chi è il tuo padrone. »
« Happy! »
Il gruppo si voltò. Dalla folla si era fatto avanti Natsu, tutto trafelato.
« Oh, eccoti qua finalmente » esclamò sollevato, non appena riconobbe il gatto. « Grazie mille, signore! »
« Dovere » rispose Hellboy con un sorriso, restituendogli l'animaletto. Natsu lo abbracciò e insieme si allontanarono.
« Ti ho cercato dappertutto, piccolo bricconcello... ti diverti proprio a infastidire gli estranei, eh? »
« Mi stavo solo divertendo un po'! » rispose Happy con la sua vocetta. « Avresti dovuto vedere quanto era buffo quel tipo... »
Nel frattempo, Tonto era sceso dall'albero, ricomponendosi come se nulla fosse accaduto. Dylan si avvicinò a lui e andarono via insieme, sotto lo sguardo divertito di tutti.
« Dovresti vergognarti » borbottò il detective. « Grande e grosso come sei, hai paura dei gatti! »
« Tu grande e grosso uguale... e tu paura di pipistrelli » replicò Tonto.
« E cosa c'entra? Non è lo stesso campo da gioco... oh certo, continua pure a nutrire il tuo corvo impagliato! My God, è la volta che convinco House a rinchiuderti nel reparto psichiatrico... »
Ormai ridevano tutti, compresi i Valorosi. Era da tempo che non assistevano a scene così comiche, tanto che una simile occasione di divertimento sembrava giunta da loro per miracolo. Hellboy, inoltre, era lieto di aver aiutato quel ragazzo a ritrovare il suo gatto, un po' come Sora e Ed avevano aiutato altre coppie a riunirsi.
Per questo non si accorsero subito che Luke era crollato improvvisamente a terra. Stava in ginocchio, afferrandosi il petto come se fosse stato colto da un malore.
« Luke! Che ti succede? »
Lara si era chinata subito su di lui, spaventata. Avevano già vissuto quella scena, sul ponte del Titanic... prima che accadesse una catastrofe.
Luke non rispose subito. Ansimava, asciugandosi il viso diventato di colpo sudato.
« Cosa è stato? » chiese Jake preoccupato. « Hai sentito qualcosa? »
« Mio padre... » sussurrò il Jedi, più sconvolto che mai. « Sento che mio padre è in grande pericolo! »
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Interior Dissidia
ФанфикIn un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto i...