« Perché voi alchimisti dovete essere così? Il principio dello scambio equivalente è completamente privo di senso, non ti pare? »
« Ugh... »
« Io non voglio darti metà della mia vita... voglio darti tutta la mia vita. »
« Wi... Winry... »
« Pika? »
Edward Elric aprì gli occhi. Era disteso a pancia in giù su quella che sembrava terra, resa umida dall'acqua che scorreva fino alle sue ginocchia. La vista era ancora sfocata e non riuscì a distinguere granché. Confuso, si voltò verso il punto in cui aveva udito una voce: una piccola sagoma gialla si trovava a pochi centimetri dalla sua faccia... probabilmente un animaletto, ma non riusciva ancora a metterlo a fuoco.
« Pika-pika! »
« Uuh... Winry... sei tu? »
« Pika...chuuuuu! »
Una scossa elettrica lo investì in pieno un istante dopo. Ed scattò in piedi e per qualche secondo non capì più nulla, urlando per il dolore. Tutto cessò pochi attimi dopo; il ragazzo rimase in piedi, semiparalizzato per il dolore e la sorpresa, il vestito fumante per la scarica ricevuta.
« Masseimpazzita? » gridò di fronte a sé. « Per poco non mi facevi arrosto! Che diavolo di problemi hai, Winry... oh? »
Finalmente aveva messo a fuoco l'ambiente. Si trovava sulla riva di un fiume, in un'area boscosa: era da solo, o almeno così credeva... in effetti era l'unico umano lì presente. La creatura che aveva scambiato per la sua amata, e che lo aveva appena fulminato, era un piccolo animaletto giallo ai suoi piedi: alto una quarantina di centimetri, aveva l'aspetto di un roditore, con un corpo arrotondato, zampe corte e una coda a forma di fulmine. Aveva un musetto dall'aria graziosa, con piccoli occhi neri rotondi e le guance rosse. Fissava Ed con aria curiosa, mentre le sue guance emettevano piccole scintille.
Il ragazzo rimase immobile a fissarlo, incerto sulle sue intenzioni.
« Pika-pika! » fece l'animaletto, agitando una zampa anteriore.
« Ehm... ciao » rispose Ed. « Tu cosa... chi sei? »
L'animaletto voltò la testa verso il bosco.
« Pipipi! Pipipi! » gridò, come se fosse rivolto a qualcuno.
« Eccomi, arrivo » rispose una nuova voce da dietro gli alberi. Ed scattò in guardia, ma era comunque sollevato di sentire un'altra voce umana nei paraggi: forse non era rimasto solo, dopotutto...
Il sollievo andò in frantumi non appena il nuovo arrivato sbucò dalla vegetazione. Non era affatto un umano, ma una specie di lucertolone alto quasi un metro; la sua pelle era di colore arancione acceso ed i suoi occhi, grandi e circolari, erano verde chiaro. Camminava ritto sulle zampe posteriori, dotati di tre grossi artigli ciascuna come quelli anteriori; aveva anche una coda grossa e tozza, con la quale bilanciava il peso nell'andatura. Il rettile si avvicinò tranquillo al roditore giallo, fissando Edward con aria curiosa.
« Oh, ma guarda » esclamò il lucertolone con la sua voce gracchiante. « Un essere umano! Uhm, è più piccolo, questa volta. »
« Pika-chu... » fece il roditore, rivolto a lui.
Ed s'infiammò nel giro di un istante.
« Piccolo? Chi sarebbe piccolo?? Ma ti sei visto, brutta specie di rospaccio? Tra noi due sei tu quello che deve essere visto con una potentissima lente d'ingrandimento! »
« Ehi, io non sono un rospo! Sono un Digimon! »
« Tra poco diventerai una digifrittella, non appena avrò finito di calpestarti... »
« Pipipi! Pika-chuuu! »
Il roditore giallo si pose in mezzo ai due, ormai sul punto di venire alle mani. Ed e il Digimon si fermarono, notando le scintille accendersi sulle guance del piccoletto.
« Non è cattivo, dici? » disse il Digimon, sospettoso. « Ne sei sicuro? »
« Pikapi! »
« No che non sono cattivo! » ribatté Edward. « Sono solo un ragazzo sperduto in un posto sconosciuto... immagino che questa non sia Amestris, vero? »
Il lucertolone scosse la testa, e nel frattempo si tranquillizzò.
« No, mi dispiace. È chiaro che vieni da un altro mondo, proprio come noi due. A proposito, io sono Agumon, e lui è Pikachu. »
« Pika-chu! » fece il roditore giallo, divenuto amichevole.
« Ehm... piacere » disse Ed. Il ragazzo s'inginocchiò per osservare meglio le due creature, ma il suo tentativo di analizzarli andò a vuoto. « Ma voi che cosa siete? »
« Be', te l'ho detto, io sono un Digimon » rispose Agumon. « Un mostro digitale. Mentre Pikachu, invece, è un Pokemon: un mostro tascabile. »
Ed tacque, incerto. Quelle parole non significavano nulla per lui, ma accettò le nuove informazioni su di loro senza obiettare.
« E tu, invece, chi saresti? »
« Oh! Giusto, io mi chiamo Edward... Ed, per gli amici. »
« Piacere di conoscerti, Ed. Benvenuto nella Foresta di Ghibli! »
Foresta... di Ghibli?
Ed si guardò intorno, spostando lo sguardo in varie direzioni, anche verso l'alto. Alberi, erba e acqua dominavano l'ambiente che lo circondava: non era che una normalissima foresta, almeno in apparenza. Sentiva il rumore del vento, deboli cinguettii e stridio di insetti, tipici suoni della natura incontaminata. Il fogliame sopra la sua testa era così fitto che non vedeva il cielo, ma era certo che non avrebbe comunque visto il sole, dato che ancora si trovava nel regno di Nul. Oltretutto era rimasto da solo, con l'unica compagnia di quei due strani esseri che aveva incontrato.
L'alchimista non riusciva a capire come fosse arrivato in quel luogo. Si sentiva già fortunato ad essere scampato alla distruzione del Titanic, quasi perfettamente illeso, ma il sollievo era messo a dura prova dal timore di aver perso i suoi compagni. Dov'erano gli altri Valorosi? Anche loro si erano messi in salvo? Quanto si era allontanato da loro?
Non aveva risposte, purtroppo...
« Pika pika? » fece Pikachu, rivolto ad Agumon.
« Hai ragione, meglio tornare subito indietro. Senti, Ed, ti sei perso? Hai bisogno di aiuto? »
« Oh? Ehm, sì... non mi dispiacerebbe una mano, in questo momento » ammise il ragazzo.
« Vieni con noi, allora » propose Agumon. « Poco più avanti c'è il nostro rifugio, lì accogliamo tutti quelli che si perdono nella foresta. »
« Un rifugio? Allora ci sono altri umani laggiù? »
« Certamente. »
Bene... forse troverò Sora e gli altri, laggiù.
« Va bene, ragazzi » disse Ed. « Verrò con voi... fate pure strada. »
Poco dopo, il trio si era messo in cammino all'interno della foresta. Edward seguì Agumon e Pikachu senza parlare, anche se i dubbi ronzavano in gran numero nella sua testa: preferiva rimandare le domande una volta giunto a destinazione, per non perdersi inutilmente in chiacchiere con creature che faticava ancora a comprendere. Oltretutto, l'alchimista veniva distratto a più riprese dal panorama, del quale ora poteva notare nuovi dettagli: la foresta era abitata da molte creature, di varia forma e colore; molte assomigliavano a uccelli e insetti, molto più grossi del normale e con colori vivaci. Alcuni parlavano, altri si limitavano a emettere strani suoni, proprio come Pikachu; si muovevano tra gli alberi e i cespugli con assoluta sicurezza, come se facessero parte dell'ambiente.
« Guarda, un altro umano... »
« Bulba-saur? »
« Quanto è strano! »
« Digle-diglett! »
« Sun-flora! »
« Strano e piccolo... »
Ed sentì i loro versi e voci dappertutto. Lo stavano osservando, ma restavano al loro posto, rassicurati dal fatto che fosse accompagnato da Pikachu e Agumon; quest'ultimo, notando l'aria ansiosa di Ed, gli spiegò che l'intera foresta ospitava molti Pokemon e Digimon.
« ...tutti quelli sopravvissuti, noi compresi » disse serio.
« Ah, capisco. Dunque la guerra ha colpito anche voi, eh? Mi dispiace... »
S'interruppe, non sapendo cos'altro potesse dire. Ed non poteva nemmeno immaginare che razza di sciagura avesse colpito tutti loro: creature che, dal suo punto di vista, erano innocenti alla pari degli animali a cui era abituato.
Perché Nul ha coinvolto anche loro?
« Siamo arrivati! » disse la voce di Agumon nel frattempo, riportandolo alla realtà.
Il trio era giunto in una radura, al centro della quale sorgeva un maestoso albero di canfora. Ed alzò lo sguardo, incantato da tale bellezza, ma il grande tronco si perdeva nel fitto fogliame della foresta, ancora impenetrabile dalla luce del sole. Era un luogo molto bello, apparentemente libero da costruzioni artificiali; poi l'attenzione del ragazzo fu rivolta su una casetta ai piedi dell'albero: era una normalissima casa in legno a due piani, dipinta di rosa e con la scritta Kame House sulla facciata principale.
« Yuhuu! Siamo tornati! » gridò Agumon in quel momento. « Ragazzi, ci siete? Abbiamo un nuovo ospite! »
Una voce maschile rispose pochi secondi dopo.
« Eccomi, Agumon, sono qui. »
Un ragazzo sbucò dal retro della casa, con un cesto di panni tra le mani. Era alto, con corti capelli neri e con indosso un grembiule sopra un'uniforme scolastica; lo sguardo nei suoi occhi era intimidatorio, tanto assomigliava a quello di un delinquente. Ed cercò di non farci caso, ma ebbe lo stesso una brutta impressione nei confronti di quel ragazzo.
« Oh, ma guarda » disse il ragazzo, notando la presenza di Ed. « Erano settimane che non vedevo un altro umano. Non sono in molti quelli che riescono a raggiungere la foresta. Benvenuto, comunque... io mi chiamo Riuji Takasu. »
E gli tese la mano con fare amichevole. Ed, sempre più sorpreso, la strinse.
« Io sono Edward, Edward Elric. Piacere di conoscerti. »
« Piacere mio » aggiunse Riuji. « Naturalmente avrei preferito incontrarci in un luogo migliore di questo. Purtroppo sembra che siamo entrambi reduci da una catastrofe. »
Ed chinò leggermente il capo, consapevole dell'amara verità.
« Già... dunque ci siamo solo noi in questa foresta? Non ci sono altre persone? »
« Be', non proprio. A dire il vero ci sarebbe anche... »
« Edward... Elric? »
Una nuova voce, stavolta femminile, attirò l'attenzione dei presenti. Ed, Riuji, Pikachu e Agumon si voltarono verso un punto tra gli alberi, dal quale era apparsa una ragazza. Un po' più bassa di Ed, aveva grandi occhi azzurri e lunghi capelli biondi, con un ricciolo che penzolava davanti al suo viso gentile. Era magra ma aveva curve molto generose, messe in evidenza dalla corta canottiera rosa che indossava sopra una lunga gonna azzurra. Camminava a piedi nudi sull'erba, con in mano un cesto pieno di funghi. Lo sguardo dolce che era solita sfoggiare era in quel momento offuscato dallo stupore, mentre fissava Ed.
« Non ci posso credere... Edward Elric, sei proprio tu? »
« Ehm... sì, sono io » rispose l'alchimista, sorpreso. « Ma tu... chi sei? Come fai a conoscermi? »
La ragazza si avvicinò di qualche passo.
« I miei fratelli... mi hanno parlato molto di te » disse. « Io sono Catherine... Catherine Elle Armstrong. »
« Armstrong? » ripeté Edward, e un'enorme sorpresa s'impadronì di lui. Nel frattempo posava lo sguardo su quel capello riccioluto sulla fronte di Catherine, e in un attimo le immagini di due persone esplosero nitide nella sua mente: un energumeno senza capelli e dai grandi baffi biondi, insieme a una donna vestita da militare dallo sguardo gelido... due fratelli, accomunati da quel minuscolo particolare. Un capello biondo arricciato.
« Aaaah! Ma certo! » esclamò improvvisamente Ed, puntando il dito contro Catherine. « Tu sei la sorella del maggiore Armstrong e del generale Olivier! »
Catherine si limitò ad annuire. Il silenzio cadde improvvisamente su tutti quanti, come se nessuno fosse più in grado di parlare. Poi, inaspettatamente, Catherine lasciò cadere il cesto e si gettò addosso a Edward, stringendolo in un abbraccio che quasi lo stese; nel frattempo era scoppiata in lacrime.
« Grazie al cielo... grazie al cielo! » singhiozzò. « Per tutto questo tempo ho temuto di essere l'unica... di essere sopravvissuta solo io. Non potevo, non volevo crederci! »
Ed rimase senza parole. Aveva trascorso giorni interi in un incubo senza fine, fatto di viaggi interminabili e duelli all'ultimo sangue contro strani personaggi. La parte peggiore era indubbiamente lo scontro con suo fratello Alphonse, convinto per qualche strana ragione che lui fosse il responsabile della sciagura. Dopo la visita al Cimitero dei Mondi, inoltre, aveva cominciato a credere che il suo stesso mondo fosse stato distrutto... che nessuno fosse sopravvissuto, eccetto lui e Al.
Ora, tuttavia, la ragazza impaurita stretta al suo petto metteva in dubbio tutto questo.
« Mi... mi dispiace, Catherine » riuscì a dire nel frattempo. « Mi dispiace tanto. Non avevo idea... non sapevo che fossi stata coinvolta anche tu in questa guerra. »
Catherine alzò il viso rigato di lacrime.
« Guerra? Quale guerra? »
« Non lo sai? » chiese Ed, perplesso.
« Ehm, forse sarà meglio metterci comodi » intervenne Riuji, facendosi avanti « e parlarne con calma davanti a un piatto di zuppa. Dopotutto, è ormai ora di pranzo. »
« Beh... ottima idea » osservò l'alchimista; in effetti solo ora si rendeva conto di quanto avesse fame.
Poco dopo, erano tutti riuniti intorno ad una pentola messa sul fuoco, accanto alle radici dell'albero. Edward stava seduto tra Riuji e Catherine, e insieme a loro stavano anche Pikachu e Agumon, insieme ad altri Pokemon e Digimon che vagavano per la radura; come Pikachu, in grado di emettere scariche elettriche, anche gli altri sembravano dotati di poteri.
L'attenzione di Ed fu attirata da una creatura in particolare: una bestia molto grossa simile a un leone, coperto da pelo castano che s'infittiva formando la folta criniera che copriva il collo. Sulla schiena aveva degli spuntoni grigi, da cui partiva una nuvola di fumo che formava la sua coda; aveva enormi zampe feline, dotate di artigli retrattili. Tutto questo lo rendeva una bestia orgogliosa e al tempo stesso letale... qualcuno da rispettare alla sola vista. Edward rimase senza parole mentre costui si avvicinava con calma a Catherine, la quale gli accarezzò subito la criniera senza paura.
« Oh Entei, bentornato » gli disse con un sorriso dolce. « Sei arrivato appena in tempo. Guarda, abbiamo un nuovo ospite tra noi! Lui è Edward. »
Entei rivolse all'alchimista un'occhiata, fiutandolo per una manciata di secondi. La bestia chiuse e riaprì gli occhi, chinando il capo come per salutarlo.
« Ehm... ciao » fece Ed, leggermente impaurito. « Lui cosa dovrebbe essere? » aggiunse sottovoce, rivolto ad Agumon.
« Lui è un altro Pokemon » rispose lui. « Uno potente, leggendario secondo la gente del suo mondo. Cerca di non provocarlo, ok? »
« Oh, Entei non farebbe del male a una mosca » ribatté Catherine, continuando ad accarezzarlo; il Pokemon sembrava apprezzarlo, visto che nel frattempo si metteva seduto accanto a lei. « Ma è pronto a proteggerci tutti, se saremo in pericolo. »
« È stato lui a portare qui Catherine, due settimane fa » spiegò Riuji, mentre mescolava la zuppa di verdure che cuoceva nella pentola. « Ha molto a cuore questo posto... e sembra essersi affezionato anche a lei, ormai. »
Ed tacque di nuovo; non era più abituato a stare in un ambiente così pacifico e tranquillo. Tutta quella quiete, quelle creature straordinarie che sedevano accanto a lui, sembravano impedirgli di scegliere da dove cominciare: aveva molte domande e dubbi da sciogliere, ma nel frattempo lo stomaco continuava a brontolare. Riuji soddisfò subito la sua tacita richiesta di cibo, porgendogli una ciotola fumante di zuppa. Ed ringraziò e cominciò a mangiare: con sua grande sorpresa, quella roba era squisita; sembrava opera di un cuoco provetto, e non di un giovane con la faccia da teppista come quello seduto al suo fianco. Indubbiamente, Riuji Takasu era un tipo pieno di sorprese.
« Allora, Edward » domandò il ragazzo poco dopo, durante il pasto. « Mi è parso di capire che tu e Catherine vi conoscete... dunque provenite dallo stesso mondo? Mi piacerebbe conoscere la tua versione dei fatti su questa faccenda; hai parlato persino di una guerra. »
Ed annuì e attaccò a parlare, raccontando di come si fosse unito ai Valorosi e del viaggio insieme a loro per trovare Nul, fino al naufragio. Parlò della sfida lanciata dal misterioso individuo, e di Alphonse, reclutato per combattere nello schieramento avversario. L'alchimista parlò a lungo, anche dopo aver terminato la sua ciotola di zuppa; Catherine e Riuji ascoltarono con attenzione, supportati dalla presenza di Agumon, Pikachu ed Entei.
« Capisco » mormorò Riuji, al termine del racconto. « Dunque le cose stanno così... non avevo idea di quanto fosse tragica la situazione. Purtroppo non so nulla di tutto questo, né dei compagni a cui ti eri unito durante il tuo viaggio... se fossero giunti fin qui, lo avremmo saputo sicuramente. Finora non avevo mai sentito della serie di battaglie organizzate da questo Nul... lo stesso vale per Catherine. »
« Strano » osservò Ed. « Certo, nemmeno io e gli altri miei compagni lo sapevamo all'inizio, ma poi lo abbiamo scoperto durante il viaggio. Come hai fatto a tenerti fuori da tutto questo? »
« Perché io non sono un eroe. Voglio dire, non sono come te... non ho salvato alcun mondo, né compiuto grandi imprese come hai fatto tu. Sono sempre stato un normalissimo ragazzo di Tokyo, con una vita normale a cui mi piacerebbe tanto tornare. »
Lo sguardo di Ed si riempì di stupore. Si voltò a guardare Catherine, che tuttavia rimase impassibile.
« Non ho nulla a che fare con la battaglia di cui parli » riprese Riuji. « Io provengo da un mondo normale: certo, anche laggiù la vita è dura e non mancano le difficoltà... ma purtroppo, non ci sono mai stati tipi come te... eroi. Io avevo la mia vita, e mi piaceva; avevo appena finito il liceo, e mi ero innamorato della ragazza più straordinaria della città. Taiga. Quante ne abbiamo passate insieme... quante, prima di nutrire sentimenti l'uno per l'altra! Lei se ne andò per un po' di tempo, ma poi ritornò da me. Non avrei potuto essere più felice, quando la ritrovai davanti a me.
« Ma è stato allora che il mio mondo ha cessato di esistere. Avevo appena riabbracciato Taiga, quando è accaduto: un'ombra gigantesca ha ricoperto il cielo, spegnendo il sole e ricoprendo la città nelle tenebre; ricordo un vento fortissimo che spazzava via ogni cosa, e l'urlo di Taiga mentre scompariva nel caos che si era scatenato intorno a me. Tutto è diventato buio, e al mio risveglio mi sono ritrovato nella città dei Senzavolto. Intorno a me c'erano solo macerie e silenzio, e nessuna traccia di Taiga... né delle altre persone a me care; non ho trovato nulla che mi fosse utile, a parte quella. »
Riuji indicò la Kame House, suscitando nuovo stupore in Edward.
« E come hai fatto a portartela dietro? »
« Non so come funziona, ma ha un dispositivo che la trasforma in una capsula tascabile; ho pensato che fosse comodo, avere a disposizione una casa portatile. Così ho vagato a lungo, fino ad arrivare qui. La Foresta di Ghibli mi ha accolto volentieri, per proteggermi dal caos che regna su questo mondo. »
Ed non trovò nulla da dire. Il racconto di Riuji, la sua storia, non erano molto diversi da ciò che aveva sentito da altri personaggi incontrati nei vari luoghi; ciò che lo sconcertava, tuttavia, era l'apparente, assoluta normalità che caratterizzava quel ragazzo. C'era sicuramente lo zampino di Nul dietro tutto questo... ma perché aveva portato un tipo come Riuji Takasu nel suo mondo caotico? Se non era un eroe né un malvagio, perché lo aveva strappato dal suo luogo d'origine?
E perché la stessa sorte era toccata a Catherine? Edward tornò a guardare quella graziosa fanciulla, ora intenta a coccolare Pikachu sulle sue ginocchia; anche lei contribuiva a rendere la situazione priva di senso.
Questa storia diventa sempre più pazzesca... forse c'è ancora qualcosa che non sappiamo.
« E a te, Catherine? » domandò l'alchimista. « È capitato lo stesso? »
La ragazza si voltò a guardarlo, e annuì dopo aver abbandonato il sorriso.
« Sì » disse. « Ero appena tornata ad Amestris con la mia famiglia, al termine di quella battaglia avvenuta a Central City. Avevo ripreso la mia vita di sempre, quando ho visto succedere lo stesso fenomeno descritto da Riuji: l'ombra, la tempesta, e poi il buio. Alex, Olivier, i miei genitori... li ho visti svanire nell'oscurità insieme a tutto ciò che mi circondava. Quando ho ripreso i sensi mi sono ritrovata nel Cimitero dei Mondi: intorno a me non c'era nessuno... solo i resti della mia casa, e molte armi di famiglia. Non sapevo cosa fare... mi sentivo persa: credevo di essere l'unica superstite della mia famiglia... e forse di tutto il mondo. Non sarei sopravvissuta così a lungo, se non avessi incontrato Entei. »
Il Pokemon leggendario, seduto al suo fianco, sbuffò piano.
« E loro? » chiese infine Ed, accennando a Pikachu e Agumon.
« Anche loro sono dei sopravvissuti » rispose Riuji. « Hanno perso i loro mondi d'origine, proprio come è accaduto a noi. I Pokemon provengono da un mondo in cui le persone possono catturarli, allenarli e farli combattere per divertimento; Pikachu apparteneva per esempio ad un giovane allenatore divenuto molto famoso... »
« Pika-pika! » fece il roditore giallo, improvvisamente irritato.
« Ehm... Pikachu dice che non "apparteneva" a nessuno » intervenne Agumon. « Lui era un grande amico del suo umano, non il suo animale da compagnia. »
« Certo, scusami. Sta di fatto, comunque, che il suo amico è scomparso insieme al resto del suo mondo. Solo lui e pochi altri Pokemon – quelli che vedi qui – sono sfuggiti a questo fenomeno.
« Agumon e gli altri, invece, provengono da Digiworld, un mondo digitale parallelo a quello umano. Anche i Digimon si trovavano spesso a contatto con gli umani, quando il loro mondo era in pericolo: i Digimon non erano in grado di difenderlo da soli, perciò venivano reclutati dei bambini per sconfiggere i nemici di Digiworld. Agumon faceva parte di un gruppo formato da Digimon e "Digiprescelti" per eliminare l'ultima minaccia su entrambi i mondi. Aveva anche lui un partner umano, proprio come Pikachu. »
« Tai... »
Agumon si fece triste mentre diceva quel nome. Ed tacque di nuovo, sapeva benissimo quello che provava. Lui aveva perso fin troppe persone care... e l'idea di aver perso forse un mondo intero non migliorava la situazione.
« Vorrei tanto poter fare qualcosa » disse poco dopo. « Non solo per me, ma per tutti voi. Io e i miei compagni, i Valorosi, siamo stati scelti per combattere in una battaglia voluta da Nul... ma non intendiamo fare il gioco di quel maledetto. Abbiamo giurato di trovarlo e costringerlo a riportarci a casa, nei nostri mondi; ma ora... solo ora mi rendo conto di quanto sia egoista la nostra scelta. Qui non si tratta solo di tornare a casa... si tratta di salvare tutti: tutte le vittime del gioco di Nul! »
Si voltò a guardare Catherine, che ricambiò con uno sguardo ammirato.
« Non permetterò a Nul di continuare la sua folle guerra contro i mondi » dichiarò Ed, alzandosi dal suo posto. « Lo troverò, a costo di rivoltare questo mondo come un guanto. Riporterò tutti indietro, Catherine, te lo prometto... tu ed io, e anche Alphonse, ritorneremo a casa! »
La ragazza annuì con orgoglio. Lo stesso fece Pikachu, ancora accoccolato tra le sue ginocchia.
« Pikachuuu! »
« Eheh... certo, mi farebbe comodo un po' d'aiuto in questa impresa » ammise l'alchimista. « Per prima cosa devo ritrovare i miei compagni, ma non saprei da che parte cominciare. Voi conoscete questa foresta, ragazzi, perciò accetto suggerimenti sulla direzione da prendere. »
Catherine, Riuji, Pikachu e Agumon si scambiarono un'occhiata incerta. Entei, invece, alzò lo sguardo, indirizzandolo verso il grande albero di canfora.
« Uhm, non credo che servirà a molto » commentò Agumon, intercettandolo. « Finora non ha mai fatto niente... non è nemmeno mai sceso da lassù. »
« Di chi stai parlando? » chiese Ed.
« Del nostro vicino di casa, Totoro » rispose Riuji. « È il guardiano della foresta, ha accolto tutti i Pokemon e i Digimon sopravvissuti, insieme a noialtri. Non so molto di lui... nelle leggende è noto per essere una specie di spirito custode, d'animo mite e gentile; ma solo in pochi possono vederlo, ad esempio gli esseri innocenti... come i bambini. »
« Ah... quindi noi non possiamo vederlo? »
« Certo che possiamo. Le cose, qui, funzionano diversamente dai nostri mondi d'origine... ormai dovresti saperlo. Ad ogni modo, Totoro non potrà esserti d'aiuto. »
« È molto triste, ultimamente » aggiunse Catherine. « Se ne sta per tutto il tempo sull'albero senza fare nulla, fissando il vuoto. Anche lui ha perso il suo mondo, e questo non gli piace: si sente in trappola, incapace di venirne fuori... il massimo che può fare è accogliere gli altri sbandati nella foresta. »
Ed lanciò un'altra occhiata all'albero. Per quanto le parole dei ragazzi fossero convincenti, lui non poteva certo rinunciare così facilmente; era sempre stato un tipo testardo, e portava ancora addosso le cicatrici delle sue scelte. Ogni sguardo posato sui suoi automail gli ricordava fino a che punto fosse in grado di spingersi. Ecco perché, mantenendo l'aria decisa, si avvicinò con sicurezza al grande albero.
« Voglio parlargli comunque » dichiarò Ed, voltandosi verso i ragazzi. « Devo provarci, almeno. »
« Pikapi! »
Pikachu si era fatto avanti, lasciando la compagnia di Catherine. Ed vide il Pokemon passare a gran velocità tra le sue gambe e arrampicarsi su per il tronco; una volta salito sul ramo più vicino, si voltò a guardare l'alchimista, facendogli chiaramente segno di seguirlo.
Ed sorrise.
« Ehe... fammi strada, amico! »
Batté le mani e le poggiò sul tronco: il legno si trasmutò al suo comando, e lungo il tronco apparvero piccoli gradini che salivano verso l'alto, fino in cima.
« Buona fortuna, Edward » disse Catherine con voce ansiosa.
Il ragazzo le mostrò un pollice levato al cielo, prima di voltarsi e proseguire. La scalata fu semplice, ma richiese una notevole quantità di tempo; l'albero era ben più grande di quanto Ed immaginasse. Continuava a seguire Pikachu, che proseguiva verso l'alto saltando tra i rami con l'agilità di uno scoiattolo; lo invidiò parecchio in quel momento, mentre lui faceva del suo meglio per non guardare in basso. Ormai erano così in alto che il fogliame copriva la visuale verso il suolo; non doveva mancare molto, ormai...
Alla fine, il ragazzo e il Pokemon sbucarono fuori dal fogliame. L'aria fresca riempì di nuovo i loro polmoni mentre si affacciavano sulla cima dell'albero di canfora. Una vista mozzafiato dominò innanzitutto il loro campo visivo: la Foresta di Ghibli nella sua interezza si estendeva davanti a loro, in ogni direzione; una meravigliosa distesa di alberi a perdita d'occhio. Un panorama magnifico, reso cupo soltanto dalla solita coltre di nubi grigie che ricopriva il cielo di Oblivion.
« Pika! »
Ed si voltò alla sua destra, attirato dalla voce di Pikachu. Trovò subito ciò per cui era venuto: Totoro era lì accanto a loro, seduto sul fogliame.
Era ben diverso da come Ed lo aveva immaginato. Aveva l'aspetto di un grosso animale, alto quasi due metri, ricoperto di pelo grigio; aveva due piccoli occhi rotondi e lunghe orecchie, simili a quelle di un coniglio. Sembrava l'incrocio tra un orso, una talpa e un procione.
Ed cercò di avvicinarsi, facendo attenzione a dove metteva i piedi; non era facile muoversi sulla cima di un albero, con pochi fragili rami sotto le sue scarpe. Alla fine fu abbastanza vicino da farsi notare; Totoro, che fino a quel momento era intento a fissare il panorama, gli lanciò un'occhiata inespressiva.
« Ehm, ciao. Tu devi essere Totoro, giusto? Io sono Edward, molto piacere. »
Il ragazzo gli tese la mano, ma Totoro non fece nulla; aveva l'aria triste, si vedeva, proprio come aveva detto Catherine.
« No? Va bene, non c'è problema. Voglio solo parlarti per qualche minuto; io mi metto comodo qui... perché so già che mi ascolterai. »
Ed si sistemò come meglio poteva accanto a Totoro, fissando nel frattempo l'orizzonte come faceva lui.
« Gli altri mi hanno parlato di te » disse Ed. « Dicono che qui comandi tu. Certo, dev'essere una gran noia, stare qui per tutto il giorno ad osservare il panorama... ma sono certo di aver visto passatempi peggiori.
« Mi dicono che sei triste, Totoro, e credo di sapere perché. Riconosco quello sguardo... è lo stesso che portano tutti coloro che hanno perso qualcosa – o qualcuno – di molto importante. Immagino che ancora una volta sia opera di Nul... con la sua guerra deve averti portato via ciò che avevi di più caro. »
Una pausa. Ed sperò di sentire qualche risposta, ma nulla accadde. Anche Pikachu restava in silenzio, aspettando gli sviluppi della situazione.
« Eppure, davanti a me vedo molto più di un grosso animale taciturno » riprese il ragazzo. « Se aguzzo la vista, infatti, vedo un'intera foresta, verde e rigogliosa, abitata da un gran numero di creature straordinarie. Vedo un popolo intero di superstiti, tutti qui riuniti grazie a te. Hanno perso il loro mondo, i loro cari, proprio come noi... ma sono vivi, perché tu li hai salvati. Ti sei preso cura di Catherine, di Riuji... e per questo ti ringrazio. Guarda ciò che hai fatto, Totoro: davvero non significa niente per te? »
Ancora silenzio. Totoro lanciò un'altra occhiata a Ed, che nel frattempo restava serio.
« Ah, non sono bravo a restituire il buonumore agli altri » ammise l'alchimista, grattandosi il capo. « Vorrei che il mio amico Sora fosse qui, certamente lui saprebbe fare di meglio. Mi manca tanto. Mi mancano tutti loro... i miei amici, il mio mondo... mio fratello. Vorrei tanto poter tornare da loro, ma ho bisogno di aiuto; so che tu puoi darmelo, Totoro... perciò ti prego, aiutami. Aiutami, affinché io possa salvare tutti quanti. »
Ed sospirò dopo l'ennesima pausa.
« Senti, io capisco bene quello che provi. Quel dolore... il dolore che si prova di fronte a una terribile realtà, è lo stesso che si prova quando commetti un grave errore. Perciò posso dirti questo: non s'impara nulla da una lezione senza provare dolore, proprio come non puoi guadagnare senza sacrificare qualcosa in cambio... ma, quando superi il dolore e impari la lezione, ottieni in cambio un infallibile ed insostituibile cuore d'acciaio. Puoi credermi senza alcun dubbio: hai ragione a sentirti triste, ma non potrai restarlo in eterno. Tu hai perso un mondo, Totoro... ma non hai perso tutto. »
Ed tacque, non avendo altro da aggiungere. Aspettò a lungo, sperando con tutto il cuore che Totoro si riprendesse grazie alla forza di quelle parole; il vento si alzò durante questo intervallo, soffiando forte tra le fronde.
Ma nulla accadde. Totoro tornò a fissare il panorama con occhi tristi.
Ed sospirò di nuovo.
« Uff... come parlare a un muro » disse, deluso. « Peccato, ma valeva la pena tentare. Mi trovo prigioniero di un mondo dominato da un folle che ci sfida al suo gioco mortale... sono naufragato in una foresta sperduta chissà dove, in compagnia di buffi animaletti e di un castoro gigante che ha perso la lingua... mi domando come potrebbe andare peggio. »
Un tuono echeggiò in lontananza e, quasi puntualmente, iniziò a piovere. All'inizio erano solo poche gocce d'acqua, ma in pochi minuti aumentarono di numero, trasformandosi in un autentico acquazzone.
« Ovviamente sì... poteva andare peggio » commentò Ed. Pikachu si mise subito al riparo sotto la cappa del ragazzo, ma Totoro restò immobile al suo posto.
« Non dovresti restare qui con questo tempaccio. Spero che almeno tu abbia un ombrello! »
Totoro ficcò una mano tra il fogliame e tirò fuori qualcosa, mostrandolo a Ed. Era un ombrello nero, rotto in vari punti.
Ed sospirò.
« Va bene, dammi qua... forse non posso far nulla per il tuo morale, ma per il tuo ombrello sì. »
Batté le mani e toccò l'ombrello, che subito fu avvolto da un bagliore rosso. Quando svanì, l'ombrello era come nuovo, tornato integro grazie al potere dell'alchimia. Lo sguardo di Totoro si riempì di stupore, che aumentò ulteriormente quando lo aprì.
Ed, consapevole di non avere più nulla da fare, ridiscese l'albero insieme a Pikachu. Era a corto di idee, ma non intendeva rassegnarsi; in qualche modo ne sarebbe uscito, come aveva sempre fatto.
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Interior Dissidia
FanfictionIn un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto i...