Parte 24 - Il futuro non è scritto

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« Ora sono con te, Jake... siamo uniti per sempre. »

« Ugh... Neytiri... »

« ...per sempre... »

« Neytiri! »

Jake Sully aprì gli occhi, urlando a gran voce il nome della sua amata. Ora più che mai desiderava vederla accanto a sé, al risveglio dopo la notte più magica mai scesa su Pandora... ma ciò che vide non realizzava minimamente il suo desiderio. Si trovava su una superficie sabbiosa e umida, sotto un cielo avvolto dal buio più totale: chiaramente era notte, e l'assenza di stelle e del profilo del pianeta intorno a cui orbitava Pandora lasciò intendere che non era tornato a casa.

Si alzò a sedere, costretto ad accettare un nuovo dettaglio di quella triste realtà. Jake era solo in quella spiaggia: non c'era traccia dei suoi compagni, e il motivo di tale assenza non tardò a collegarsi agli ultimi ricordi che aveva prima di riprendere i sensi. Il Titanic stava affondando, ridotto a pezzi per i danni causati dallo scontro tra i Valorosi e un terribile nemico ignoto; l'ultimo, disperato attacco combinato per annientare quel mostro, che aveva causato un'esplosione gigantesca. Jake non era riuscito a mettersi in salvo... aveva donato tutta la sua forza per sconfiggere il nemico, così era stato spazzato via dall'esplosione, impotente come una foglia secca. Era caduto in acqua, perdendo i sensi... separato dai suoi amici.

Ora si sentiva meglio, ma non sapeva dire quanto tempo fosse passato dal naufragio: ore, o addirittura giorni. Il tempo, ricordava, scorreva in modo irregolare in quel mondo... e ora doveva sfruttare quello a sua disposizione per ritrovare gli altri Valorosi. Non poteva credere di essere stato l'unico a salvarsi dal disastro.

« Sora! » gridò, guardandosi bene intorno. « Po! Harry! Lara!! Dove siete!? »

Nessuna risposta. Gridò ancora, invocando a gran voce i nomi di tutti i suoi amici, ma non cambiò nulla. Anche se i suoi occhi di alieno vedevano attraverso il buio e tendeva le orecchie al massimo, non percepiva alcuna presenza nei dintorni. Il silenzio dominava incontrastato intorno a Jake, costringendolo ad accettare la realtà del momento: era solo... completamente solo.

Il Na'vi cercò di non perdersi d'animo e si rimise in marcia. Su quella stessa spiaggia ritrovò buona parte del suo equipaggiamento: il pugnale, il fucile M60, il cinturone con le granate, qualche freccia, ma soprattutto l'arco di Neyitiri. Jake era abbastanza sicuro che la sua compagna gli avrebbe staccato le orecchie a morsi se fosse tornato a casa senza l'arma appartenuta a suo padre, la quale aveva visto più battaglie di quante ne potesse immaginare. Ovviamente non vedeva l'ora di tornare su Pandora, ma adesso aveva una nuova priorità: ritrovare i suoi amici, sani e salvi.

Jake lasciò la spiaggia pochi minuti dopo, addentrandosi in un nuovo territorio: una città in rovina si ergeva davanti ai suoi occhi, cupa e silenziosa come tutto il resto. Ovunque volgeva lo sguardo, non vedeva altro che macerie e morte: edifici, automobili, tutto ciò che comprendeva l'ambiente urbano era bruciato o ridotto in frantimi. Vide inoltre un gran numero di scheletri, a cumuli, ciò che restava degli abitanti: erano dappertutto, sui marciapiedi o tra le macerie degli edifici, o ancora a bordo delle auto, come se fossero stati colpiti all'improvviso da una catastrofe... troppo in fretta, per riuscire a salvarsi.

A giudicare dall'aspetto, sembrava che l'intera città fosse stata investita da un'ondata di fuoco, distruggendo tutto nel suo raggio d'azione. In quel momento Jake riusciva a pensare a una sola arma in grado di arrecare un simile danno a una città intera... qualcosa che non aveva mai visto con i suoi occhi in vita sua, ma che da secoli era divenuta tristemente famosa per ciò che aveva saputo fare all'umanità.

Una bomba atomica.

Jake tirò un calcio a un cumulo di rottami, colmo di rabbia. Credeva di aver visto il peggio dalla razza che aveva rinnegato, ma evidentemente si sbagliava: all'orrore non c'era mai fine, e ora ci stava camminando dentro... un orrore fin troppo simile a quello accaduto su Pandora. Per un attimo gli parve di trovarsi di nuovo tra i resti bruciati dell'Alberocasa, respirando l'aria intrisa di cenere: una sciagura portata dagli umani, capaci solo di distruggere.

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