Parte 29 - L'isola nebbiosa

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  « Finché resteremo uniti, io continuerò a proteggerti. »
Luke?
Lara Croft aprì gli occhi. Si trovava su una superficie sabbiosa e umida, sotto un cielo nuvoloso tinto di rosso: l'alba di un nuovo giorno su Oblivion. Si alzò a sedere, costretta ad accettare un nuovo dettaglio di quella triste realtà: era sola in quella spiaggia: non c'era traccia dei suoi compagni, spariti dalla sua vista negli ultimi istanti prima che il Titanic affondasse.
Lara capì subito di non essere tornata nel suo mondo, ma un dolore lancinante alla spalla sinistra attirò la sua attenzione; aveva un taglio profondo e sanguinava copiosamente. L'archeologa cercò il suo kit di pronto soccorso, ma questo era sparito, insieme alle pistole e al resto dell'equipaggiamento; doveva aver perduto tutto durante il naufragio, e questo rendeva la situazione ancora più grave.
Io sono viva...
Continuò a ripeterlo per mantenere la calma, poi tornò a occuparsi della sua ferita. Non avendo alternative, strappò un lembo del suo top e lo usò per fasciarla, stringendo forte per fermare l'emorragia; il dolore si fece più acuto, ma riuscì a non urlare. Aveva subito ferite ben peggiori di quella, dopotutto, e ne portava ancora le cicatrici: segni indelebili che avevano temprato il suo spirito di avventuriera.
Lara voltò le spalle al mare, concentrandosi sulla terraferma su cui poggiava i piedi. La sabbia terminava poco più avanti, lasciando il posto a una distesa enorme di vegetazione tropicale. L'aria era fredda e umida, e una buona dose di nebbia avvolgeva l'ambiente; il silenzio era quasi assoluto, interrotto appena dal rumore delle onde e dai consueti versi animaleschi provenienti dalla giungla.
Il primo pensiero di Lara fu di essere tornata, in qualche modo, sull'isola di Yamatai, il luogo che l'aveva cambiata per sempre. L'ipotesi fu demolita comunque pochi secondi dopo, quando si rese conto di trovarsi in un luogo molto diverso: non c'erano relitti nei paraggi, e la spiaggia era piatta e sabbiosa anziché rocciosa. Ciò non bastò comunque a tranquillizzarla: nulla poteva togliere il fatto che Lara fosse ancora sola e disarmata in un luogo del tutto sconosciuto.
Sembrava un vero ritorno alle origini della sua carriera. Lara Croft era sopravvissuta ancora una volta a un disastro, e ora doveva cavarsela da sola in un territorio ostile, priva di armi ed equipaggiamento. Quindi, dopo aver accettato il nuovo stato delle cose, strinse i pugni e si addentrò nella giungla.
Per prima cosa doveva procurarsi un'arma. Lara aveva con sé solo un coltello da caccia tirato fuori da uno stivale, ma già sapeva che non sarebbe servito a molto: era troppo sperare, infatti, che quella giungla fosse disabitata o priva di creature feroci, perciò le occorreva un'arma più letale. La vegetazione fu in grado di fornirgli il materiale necessario: l'archeologa impiegò le due ore successive per fabbricarsi un arco rudimentale e una dozzina di frecce, servendosi di rami e corde. Non era il massimo per difendersi, ma ricordava di essersela cavata a Yamatai con roba simile.
Lara avanzò, muovendosi con cautela tra la vegetazione che si faceva sempre più fitta. L'aria mattutina era ancora fresca e umida, e i versi animaleschi si fecero sempre più forti: alcuni non erano affatto familiari, e ciò la fece preoccupare; se la giungla ospitava creature sconosciute provenienti da altri mondi, non sapeva come affrontarle.
Doveva assolutamente riunirsi ai suoi amici, ovunque fossero finiti. Era certa che fossero scampati al naufragio.
Luke...
Un brontolio allo stomaco interruppe i suoi pensieri. Aveva molta fame, non poteva negarlo: non mangiava da almeno un giorno, da prima degli allenamenti sul Titanic. Senza dubbio, aveva bisogno di nutrirsi al più presto. Si fermò, scrutando attentamente i dintorni finché non individuò la preda adatta: un uccello tropicale appollaiato sul ramo di un albero a una decina di metri di distanza. Lara si appostò dietro un tronco caduto, con molta calma, poi tese l'arco; non lo faceva da un po', ma per lei era come andare in bicicletta... impari a usarla e non dimentichi più come si fa.
Incoccò la freccia.
Tese la corda.
Respirò a fondo...
Lasciò andare.
La freccia fendette l'aria, rapida come un proiettile. Pochi attimi dopo l'uccello cadeva morto a terra, centrato in pieno da un colpo quasi perfetto. Soddisfatta, Lara afferrò la sua preda e si allontanò, in cerca del riparo adatto in cui mangiare.
Fu allora che l'archeologa si rese conto che insetti e uccelli non erano i maggiori rappresentanti della fauna locale. Mentre camminava vide un tronco ricurvo, del tutto spoglio; poi il tronco si mosse e si girò verso di lei. Lara capì che quello non era affatto un tronco. Aveva davanti a sé l'aggraziato collo ricurvo di una creatura gigantesca, alta quindici metri.
Stava guardando un dinosauro.
« Oh » mormorò Lara. Si era fermata di botto sul sentiero e fissava l'animale che si stagliava imponente davanti a lei. Era un Brachiosaurus, uno degli erbivori più grandi che avessero mai camminato sulla Terra: questi la scrutò con attenzione per alcuni secondi, poi la ignorò e tornò a brucare il fogliame dell'albero vicino. Altri brachiosauri erano nelle vicinanze, tutti intenti a fare colazione in quella parte di giungla.
Lara rimase immobile, stordita dalla nuova rivelazione. In verità aveva già avuto modo di incontrare dinosauri vivi e vegeti in passato, ma l'idea di ripetere l'esperienza così all'improvviso era comunque una sorpresa. Ora più che mai le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, a giorni difficili della sua vita. Cercò di riprendersi e si rimise in cammino, percorrendo il sentiero ancora un po' fino a trovare riparo tra un gruppo di rocce: Lara si sistemò là in mezzo e accese un fuoco per arrostire la sua preda.
La sosta fu breve, e quando ebbe finito di mangiare, Lara riprese la marcia, l'arco di nuovo in pugno. Ora si sentiva molto meglio, e la ferita alla spalla non faceva più così male. Dopo pochi minuti, l'archeologa vide la vegetazione interrompersi all'improvviso, divisa in due da una strada asfaltata: era sicuramente opera dell'uomo, ma abbandonata da tempo a giudicare dalle pessime condizioni in cui versava. Lara si voltò a sinistra e fu assalita da una nuova ondata di stupore: si trovava a pochi metri da una porta gigantesca, verso cui conduceva la strada. L'arco di pietra che la sosteneva recava una scritta, in lettere gialle e rosse.

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