Capitolo 7 - Doreen

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«Sam, si è svegliata.» Sento la voce di mamma vicino a me e una carezza sulla guancia.
«Oh.» Dei passi raggiungono il mio letto. «Håbe? Buongiorno! Finalmente, dormigliona!»

Apro gli occhi e li vedo entrambi. Sbiascico un "ciao". Mamma mi guarda, il viso disteso e sollevato. I capelli castani le scivolano sulle spalle. Si sistema gli occhiali da vista e si scansa un poco affinché Sam si allunghi ad abbracciarmi forte. Ricambio, premendo le mani sulla sua schiena. Il profumo di bagnoschiuma e cannella che caratterizza il ragazzo mi coccola.

«Bene, vi lascio soli, devo andare a lavoro, ti ho lasciato qualcosa da mangiare Håbe. Resti per pranzo, Sam? Ce n'è anche per te, ovviamente.»
Il grande Indiano Palestrato si stacca da me per risponderle con un sorriso. Indossa la sua felpa preferita nera e un paio di jeans, mentre i capelli sono raccolti in un codino basso. «Va benissimo, grazie Sofie.»

Mia mamma chiude la porta e Sam torna a guardarmi. Si sdraia comodo vicino a me, gli faccio un po' di posto sul letto. Mentre mi accarezza i capelli, chiedo: «Quanto ho dormito?»
La mia voce è roca, ancora non sono molto lucida, e sento formicolare tutto il corpo.
«Fammi fare i conti» ride. «A occhio e croce, ventiquattro ore, da ieri mattina a stamattina.»
«Wow.» Rimango un attimo a pensare. «Oh, cavolo, no, oggi pomeriggio dovevo...» mi blocco, e mi correggo mentalmente: ieri pomeriggio.
«Cosa?» chiede, guardandomi interrogativo.

Dovevo andare a vedere lo Sconosciuto che suonava, allo studio. Cioè, non "dovevo", ma "volevo". Nonostante tutto, volevo andarci.
Mi giro e sprofondo nel cuscino. Maledetto sonno. Non riemergo, perché Sam è ancora lì ad aspettare una risposta che non voglio dargli, quindi evito il suo sguardo.

«C'entra qualcosa quel tipo con i capelli neri?»
Canestro, tre punti puliti. Resto ancora in silenzio.

Ovvio che c'entra quel tipo, da giorni è l'unica cosa che ho in testa, lui e quello che scatena nel mio cervello. Ogni volta che sento menzionarlo il sangue pare circolare più velocemente nel mio corpo e una spinta di adrenalina colpisce la mia memoria che inizia a sparare immagini a raffica, e seppur io cerchi in tutti i modi di cancellarle, rimangono incastrate sotto le palpebre, pronte a ripresentarsi appena chiudo gli occhi, appena tento di dormire.

Ho incontrato quel ragazzo venerdì sette maggio, al concerto. E per i sei giorni successivi, non ho avuto altro che incubi. Fino a ieri, quando mi ha fatto bere quella roba e mi sono addormentata tra le sue braccia, e non sono neanche riuscita a gustarmi il momento.

Anzi... sembra quasi che non sia successo, a ripensarci ora.
Gustarmi il momento? Ma che sto dicendo?

«Sì, dovevo andare a vederlo suonare ieri. È un membro dei Fourth-off July.»
Sam sgrana gli occhi, e spalanca la bocca. «Cazzo, ecco dove lo avevo già visto! Pazzesco! Ma come lo hai conosciuto scusami? E quando?»

Mi rendo improvvisamente conto di quanto le domande nei suoi confronti mi diano fastidio. Non mi va di parlare di lui con altre persone, nemmeno con Sam. È una faccenda talmente personale la mia conoscenza con quel ragazzo che mi sorprendo di me stessa.
Sam sa tutto di me, tutto. Ma sento che quello che provo quando sto con quel ragazzo, deve rimanere tra me e lui e basta.

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