Capitolo 36 - "Coney Island"

6.2K 383 283
                                    

La spiaggia di Coney Island è, ovviamente, vuota

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

La spiaggia di Coney Island è, ovviamente, vuota. L'odore acre di salsedine si mescola con quello di pioggia in arrivo. Le spesse nuvole grigie fanno si che i lampioni siano già accesi lungo la strada: si stanno ammassando all'orizzonte sempre più velocemente. Molto presto pioverà.

Mi accendo una sigaretta mentre osservo il mare. Non ci vengo abbastanza spesso qui, forse. Dovrei venirci di più, non solo il sette maggio.
Chissà cosa ne penserebbe mia madre. Probabilmente direbbe che sono patetico. E avrebbe anche ragione. Tutta questa strada in macchina da casa mia...

Solo perché a lei piaceva il mare, alla fine. Il mare è sempre stata più una cosa sua che mia.
Più sua, che del resto del mondo.

Reprimo i pensieri, che si sono fatti sempre più strani col passare delle ore.
Sta succedendo qualcosa dentro di me. Qualcosa di drastico. Sento che da un momento all'altro tutta questa mia libertà potrebbe scomparire. Non potrei più essere in grado di ricordare queste cose.

Il punto è: lo voglio? Voglio tornare indietro?
No.
Ma ho la forza per impedirlo?

Mi poggio coi gomiti alla ringhiera. È strano: vedo un movimento a destra del mio campo visivo. Qualche altro essere umano pazzo quanto me sta venendo a vedere il mare a febbraio, prima d'un acquazzone?

Pian piano si avvicina a me. Lo sento. E più si avvicina, più capisco.
Non è un altro essere umano pazzo qualsiasi.

È quell'essere umano pazzo. Si affianca alla mia destra, fermandosi a guardarmi. Ha il fiatone, come se avesse fatto da Central Park a qui a piedi. Aspetta un po' che il suo respiro torni regolare.
E poi lo dice: «So il tuo nome.»

Tiro ancora un po' di sigaretta. La rigiro fra le dita, guardandola. È a metà.
Prima o poi l'avrebbe scoperto. Sapevo che con una forza simile non ci avrebbe messo molto. E un po' lo temevo.

La guardo. È così dannatamente bella.
Non so dire perché.
Non so mai niente.
I capelli le volano al vento, che ha cominciato a soffiare più forte. Le guance sono rosse per la corsa, gli occhi accesi dalla scoperta. In quel momento, dietro di lei, in lontananza, si vede un lampo. Socchiudo gli occhi per il fastidio dell'aria che li sferza.
Come mi ha trovato?
"Mi parli del tuo posto preferito?"
Ah. Vero.

«E qual è?» chiedo. Tanto vale sentirlo pronunciare. Da quanto non lo sento? Non lo so nemmeno io.
«Jake.»

Scuoto la testa, mi vien da ridere. «Tutto qua? Ti facevo più astuta» la provoco, guardandola.

Ma lei mi sorprende. Prende un bel respiro, poggiando una mano al parapetto.
«Jake è il tuo secondo nome.»
Sussulto.
«Il primo è...»

"Jake, Jaaake! Dai Jake, vieni, o devo chiamarti come tu sai? Jake sbrigati, è pronto! Mamma ti aspetta! E smettila di far casino in camera! Jake! Oh, al diavolo! ---------"

STORM (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora