Capitolo 33 - Volere

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Dormo diverse notti in ospedale. Non ho la minima intenzione di andarmene. La terza notte mi addormento con la testa poggiata al muro. Sam se ne è appena andato: anche lui era rimasto la scorsa notte, e mi aveva anche proposto di andare a casa sua stavolta.

Ma avevo detto di no.

Riesco dopo diverso tempo ad addormentarmi. Vengo svegliato da una mano sulla mia spalla e una voce che riconosco a stento. Mi stropiccio gli occhi con le mani.

«Senti, non pensi che potresti andare a casa? Sono tre notti che dormi qui. Ti farà bene.»
«No, non preoccuparti», rispondo. È la ragazza della reception.

«Davvero, ti consiglierei di andare. Ci vorrà domani, che stia meglio, potrebbe anche svegliarsi. Torna a casa dai tuoi.»
«Non ho nessuno da cui tornare», le rispondo. Lei mi guarda un po', poi si siede affianco a me.

«Dove abiti?», mi chiede.
Cerco di essere garbato. «Manhattan, Madison Ave.»
«Posso chiamarti un taxi. Anche se non hai nessuno che ti aspetta, hai sempre un letto comodo.»

Sorrido. Chiudo gli occhi, e mi poggio di nuovo con la testa sul muro. «Come ti chiami?», domando.
«Luna», mi risponde.
«È un nome strano.»
«Sono italiana.»
«Polpette» riesco a dire, prima di addormentarmi di nuovo.

Quando apro gli occhi per la prima volta, il mondo è una macchia bianca, sfocata e indistinta

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Quando apro gli occhi per la prima volta, il mondo è una macchia bianca, sfocata e indistinta. Cerco di mettere a fuoco, ma a fuoco ci sto andando: la gola mi brucia, e anche il naso. Sento tubi ovunque, un fastidioso nastro che mi tira la pelle. Un gran male alla schiena e su per giù a tutta la parte inferiore del corpo.

Qualcuno è alla mia sinistra. La figura si muove, smanetta su qualche attrezzo, che non riesco a vedere bene, poi si volta. Quando il suo volto appare chiaro, capisco che è una ragazza circa della mia stessa età. Mi sorride.

«Ben svegliata, signorina. Come si sente?»
Mi sforzo per rispondere: «Come se mi fossero passati sopra con un tir.»
Lei ride. «Descrizione abbastanza azzeccata. Ha dormito molto.»

Noto che parla piano, in modo sommesso e la ringrazio per questo. Percepisco ogni rumore amplificato.

«Cosa ho? Cioè... come sto?»

«Non si preoccupi, la situazione è molto meno grave del previsto. La aggiorneremo domani mattina, intanto si rilassi, ok?»

Annuisco, mi guardo un po' intorno, ora che gli occhi si sono abituati alla luce. Deve essere sera. Le tende alla mia destra sono abbassate e fuori è buio. Nella stanza, dopo le finestre, c'è un divano blu, e su di esso...

La ragazza segue il mio sguardo, e sorride. «Ha dormito sempre qui. Non se ne è mai andato, nonostante glielo abbia detto non so quante volte. Vuole che lo svegli? Penso proprio lui lo vorrebbe.»

Annuisco ancora, parlare è molto complicato.

La ragazza si avvicina a man, e lo tocca delicata sulla spalla. Lui si stiracchia, poi apre gli occhi e la guarda. Lei fa un piccolo cenno con la testa verso di me.

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