Capitolo 12 - Dana

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«Allora, senti, problema: se metto quello rosso mi ingrossa, se metto quello bianco sembro una monaca. Mi butto sul solito nero?»

Una Dana Hyman molto disperata sta gettando all'aria tutto il suo armadio. Cerco di farmi strada nella sua stanza, badando a non calpestare nessun vestito. Lei è piegata nell'enorme guardaroba e si vedono solo le sue gambe. Una camicetta nera vola via e va ad appendersi sulla lampada da terra vicino la finestra con le tende arancioni.

La camera di Dana è proprio come Dana: chiassosa, colorata e... unica. Le pareti sono dipinte di una miriade di graffiti dai colori sgargianti. Le tonalità si amalgamano ma non si mischiano mai: osservando in un preciso punto potrai sempre distinguere una determinata figura, che mai stonerà con le altre intorno. È davvero bravissima a disegnare.

La parete a sinistra, sui cui è poggiata la testiera dell'enorme letto a baldacchino, è piena di poster e fotografie appese a fili di luci di Natale che vanno da una parte all'altra della parete e fanno anche più giri.

Ovviamente le lenzuola sono arancioni. Il pavimento è di legno, ma anche lì non poteva non divertirsi: dopo aver finito le pareti aveva così tanta vernice avanzata che ha buttato a terra secchiate di colore totalmente casuali. Ora sembra di trovarsi all'interno di una di quelle valigette per acquerelli.

Di fronte al letto c'è l'enorme cabina armadio, che occupa tutta la lunga parete, sulla quale sono attaccate un numero infinito di altre fotografie, molte scattate da me.

In fondo alla stanza - introvabile al momento, sommersa da tutti quei panni - c'è la sua scrivania, che ha deciso di mettere scoperta al centro della stanza mentre pitturava: l'effetto è che anche quella ha tutte le tonalità del mondo, e probabilmente qualcuna in più. Non mi sorprenderei se involontariamente Dana avesse creato un nuovo colore; non è una cosa difficile da immaginare.

Quanto a lei, proprio in quel momento riemerge dalla cabina. Descrivere Dana caratterialmente è impossibile. E anche se ne fossi in grado, non lo farei mai. Dana devi conoscerla e basta. È come comprare un libro e chiedere a qualcuno che l'ha già letto di dirti il finale.
Ha un tatuaggio dietro la spalla che può rendere l'idea, una frase che dice: "dentro di me coesistono le due facce della luna".

Suo padre è afroamericano e sua madre è portoghese. Lei è nata in America. Sa parlare correttamente quattro lingue: americano, portoghese, spagnolo e inglese.

Dal padre ha preso sicuramente la carnagione scura, la bocca grande e carnosa. Dalla madre, invece, ha preso gli occhi grandi e sensuali e il naso all'insù. I capelli sono ricci: gli stretti boccoli arrivano poco sopra le spalle, incorniciando il viso dalla forma tonda. È alta, ma non troppo, ha delle bellissime gambe e curve importanti, che spesso mette in mostra.

Questa è Dana Hyman. La mia modella preferita quando ho voglia di scattare un po' di foto e la persona più bella del mondo.

Certo. Magari non proprio in questo istante, mentre con un gesto di stizza si passa una mano nei capelli e li scompiglia tutti, disperata.

«Dana, smettila! Lo sai anche tu che stai bene con tutto, no? Sai già come finirà. Tu te ne proverai cinquecento, io ti dirò il mio preferito e tu metterai esattamente l'opposto, ma sarai comunque uno spettacolo.»

Lei fa un gesto con la mano, come a dire "ma smettila". «No, Håbe, ho davvero bisogno di un consiglio. Sono troppo agitata e quando lo sono, sai benissimo che non riesco neanche a sbattere le palpebre, figurati scegliere cosa mettermi.»

«Che ne dici di quel vestito nero? Te lo sei messa a quella festa di qualche giorno fa...»
«Esatto, l'ho messo! Sicuramente ci sarà gente importante e magari qualcuno mi ha già visto...»

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