Capitolo 20 - Acqua

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In fondo, sembra davvero sincera. Gli occhi da gatta sono supplichevoli. «Va bene... aspetta che lo cerco», decido.
Lego il Cavallo all'albero e le dico il numero, mentre lei lo segna sul telefono. «Grazie grazie grazie, Håbe! Penso di andare a riportargliela domani pomeriggio.»

Storco il naso. Anche io avevo intenzione di andare a trovarlo domani. Mia madre si sarebbe presa un pomeriggio libero e io avevo un disperato bisogno di parlare di nuovo con man. Da quella volta sotto le stelle, devo dire che... mi manca.
"Che stupida, eh?"

Non so come, ma Loren pare leggermi nel pensiero. «Se vuoi puoi... non so, venire anche tu! Ci incontriamo da lui per le sette e poi ci andiamo a prendere un aperitivo. No?»
«No, davvero. Ho da fare domani.»
«Oh, beh, fa niente, te lo saluterò. Bene allora, a presto Hubby!»
E se ne va via felice. Un po' troppo felice.

In un angolino della mia testa improvvisamente balza un'idea insana. «Loren!», la chiamo.
«Sì?»
«A... a te piace man?» Faccio uscire quelle parole con tutta la disinvoltura che posso fingere.

Lei ride. Mi guarda, e posso giurare che sia completamente cambiata, in un secondo. Il suo sguardo è più come... quando... «A chi non piace man?!» esclama, e si allontana ridendo.

Rimango impietrita lì. Lo stesso sguardo di quando quella notte era venuta a dirmi che lei e Dean erano stati insieme. Proprio la notte prima che tutta la mia vita cambiasse... Non ci ho mai creduto. Eppure quella strana luce negli occhi...

Sento una stretta allo stomaco mentre la guardo scappare via.
"Mi ha invitato lei. Potrei solo... andare a controllare che non... potrei... man..."

Pesto un piede a terra, intanto Lilo è finalmente riuscito a fare la sua pipì. «Andiamo, cane.»
Vorrei tanto esser lui, con l'unica preoccupazione di scegliere il posto giusto dove pisciare.

***

Quel pomeriggio, Sam torna da lavoro prima. Sono così irrequieta che gli mollo il cane in malo modo senza neanche accorgermene. Quando me lo fa notare, sgrano gli occhi e torno al presente.

«Scusa, Sam, davvero.» Mi siedo e scuoto la testa. Siamo nella sua cucina con la minuscola veranda sul retro. La porta è aperta e si possono sentire i fūrin ondeggiare e suonare al contatto col vento. Un grosso orologio sulla parete del divano fa "tic tac". Ginger la gatta se la prende col suo tiragraffi, facendo attrito con le unghie. Nella sua comoda gabbietta posta vicino alla finestra del salone, invece, il pappagallo Navii passa il tempo fischiettando.

È questo che ho sempre amato della casa di Sam. Non è mai silenziosa. Èviva, respira. E tu respiri con lei.

«A cosa pensi, Håbe?», mi chiede. La faccia è triste, o meglio, giù di tono. Sembra provato. Poi aggiunge, con un sospiro: «E non rispondere "niente".»
Avevo già il "niente" pronto fra le labbra quindi mi prende in contropiede. Abbozzo un sorriso. «Non ti si più proprio nascondere nulla.»
«No. Vuota il sacco.»

Gli racconto dell'incontro con Loren, anche se con poca, pochissima voglia. Penso abbia intuito che provo qualcosa per man, ma dirglielo così mi sembra scorretto. Dovrei trovare il coraggio, prima o poi.
Ma lui è Sam. Mi guarda dritto negli occhi. «Non ci andare, se vuoi ci vado io. Almeno, per una volta, riesco a mollargli un cazzotto.»
Gli prendo la mano, lui la ritrae. «Non lo so, io... Ho paura che Loren combini qualcosa. Qualcos'altro. Capisci?»

Annuisce. «Capisco. Ma Håbe, non hai paura di... quello che potresti trovarti davanti?»
«Man non lo farebbe mai.»
«Ne sei sicura?»
«Sì!»
«Lo conosci così bene?» chiede, scettico.

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