Capitolo 1

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"Il ricordo della felicità
non è più felicità;
il ricordo del dolore
è ancora dolore."
- George Gordon Byron

Musica scassa timpani, alcool, luci psichedeliche, persone ammassate a ballare: tutto ciò che caratterizzava una festa in un locale a Brooklyn.
Tutto ciò che amavo, soprattutto ballare.
Peccato però che non lo potessi fare.
Mi trovavo in uno di questi locali, certo, ma invece di scatenarmi come la maggior parte della gente che si trovava al "Light Blue", dovevo sorbirmi le persone ubriache che si lamentavano e che ci provano spudoratamente con me e le mie colleghe, il mio capo che se non mi faceva uscire di testa non era contento e i ragazzini che ordinavano alcolici credendosi fighi, quando non sapevano che i loro shot di vodka erano formati dal 95% di acqua.
Se ancora non vi era chiaro facevo la barista nel "Light Blue" uno de locali più famosi e frequentati di tutta Brooklyn.

In realtà non avevo liberamente scelto io di lavorare qui. Preferivo di gran lunga stare dall'altra parte del bancone a ballare e ubriacarmi per dimenticare per un po' la mia vita,
come tutti insomma. Ma alla fine Elisabeth mi aveva convinto dicendo che ci saremmo divertite a lavorare fianco a fianco.
Si certo, come no! Non ci trovo nulla di divertente a vedere altra gente scatenarsi o a pulire a fine serata il casino che lasciavano sul balcone gli ubriachi. Ma almeno facevo qualcosa e non restavo a casa la sera da sola a pensare e a deprimermi guardando film strappalacrime, cercando di evitare le chiamate e le visite non sempre gradite in camera mia di Eli che cercava sempre di tirarmi su il morale e di farmi fare qualcosa di diverso.

A volte Elisabeth, la mia unica amica, mi faceva domande cercando di trovare una motivazione del perché ero sempre così distaccata nei confronti di tutti e sul perché non mi lasciavo andare con le persone. Io cercavo sempre di sviare il discorso o di risponderle con "non c'è una motivazione specifica, è il mio carattere" e lei lasciava stare perché ormai sapeva che non le avrei detto nulla. Non ero ancora pronta e non sapevo se lo sarei mai stata. Certe volte mi dispiaceva per lei perché sapevo che questo la faceva stare male, ma ormai non riuscivo a fidarmi più di nessuno.

《Hayden!Hayden!》
Mi richiamò Elisabeth correndo verso di me con il fiatone e i capelli tutti spettinati come se avesse appena corso la maratona di New York, che si sarebbe tenuta proprio fra qualche giorno.
Aspettai in silenzio che si riprendesse un minimo e che rispondesse al mio dubbio: cosa era successo da farla agitare così tanto?

《Sono....Sono appena...arrivati..i..i..》
Disse con ancora il fiatone e il respiro irregolare.

《Chi Eli? Chi è appena arrivato?》
Chiesi mettendole le mani sulle spalle per tranquillizzarla. Elisabeth si sistemò i capelli biondi dietro l'orecchio e poi fece un lungo respiro, tranquillizzandosi.

《I Black Dragons! Sono arrivati ora, i Black Dragons!》
Il mio cuore si fermó nell'udire quelle parole. Sapevo cosa significasse quando arrivavano e lo sapevano pure tutte le persone presenti che li stavano guardando entrare e facevano spazio per farli passare.
Quando c'erano i Black Dragons in circolazione significava che in vista c'erano: risse, furti e anche omicidi.

I Black Dragons erano la gang più pericolosa di tutta Brooklyn e il loro capo Kyle James era il ragazzo più temuto e senza scrupoli che potevi trovare in giro.
Le persone, soprattutto le ragazze, dicevano che fosse, ovviamente, un donnaiolo e che fosse in grado di far cascare ai suoi piedi chiunque. Beh, che dire, buon per lui!
Vorrei avere anche io questo potere. Gli unici uomini che mi cadono ai piedi sono gli ubriachi fradici durante i weekend.

Intanto che i Black Dragons avanzavano, le persone intorno si rendevano sempre più conto della situazione in cui tutti ci trovavamo.
Questa sera doveva per forza succedere qualcosa, dovevano per forza fare qualche danno o riscuotere, con non molta delicatezza, dei soldi da qualcuno. Se no, non si sarebbero trovati proprio lí, al "Light Blue".

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