Capitolo 30

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La vita non è trovare te stesso,
la vita è creare te stesso.
-George Bernard Shaw

Kyle's Pov

《Che sia chiaro. Ieri sera non ti ho abbracciato perché provavo pena per te o perché mi sentivo obbligato, ma perché volevo farlo. Sentivo il bisogno, il bisogno di abbracciarti, confortarti e sentirmi vicino a te perché per me tu conti, e anche troppo. Per il fatto di dedicarti la canzone ballare con te, stessa cosa. Sentivo il bisogno di averti a stretto contatto con me, anche se per quei pochi minuti. E per quanto riguarda il fissarti... Beh, mi spiace morettina, ma dovrai abituarti. Sei troppi bella per non essere ammirata, basta che sia solo io a farlo, però!》

Dissi queste parole, aprendole il mio cuore e i miei pensieri che erano rivolti la maggior parte del tempo verso di Lei. Notai il suo sorriso allargarsi e successivamente, non lo vidi più, perché le sue labbra erano di nuovo a contatto con le mie, ma stavolta, per mano suo. Fu la volta mia di sorridere e di stringerla fra le mie braccia, e solo in quel momento mi resi conto di una cosa.

Erano anni che aspettavo questo momento.
Anni che aspettavo di poterla stringerla tra le mie braccia.
Anni che aspettavo di poterla baciare, di poter baciare quelle labbra tanto perfette, di poter baciare quel sorriso meraviglioso cbe si ritrovava e che, purtroppo, vedevo comparire sul suo viso raramente.
Erano anni che aspettavo questo momento.
Che aspettavo il momento di poterla finalmente amare senza paura.

Prima, quando l'avevo vista urlare contro di me tutte quelle idiozie sul fatto che per nessuno contasse qualcosa, mi sono sentito male per Lei perché, mentre lei pensava che nessuno potesse realmente volerle bene, io ero nascosto nell'oscurità ad amarla con tutto me stesso.
E si l'amavo.
Eravamo due opposti che avevano vissuto la stessa esperienza, che si erano supportati a vicenda nell'Inferno, che si erano coccolati, che avevano cercato di far dimenticare, anche se solo per un secondo, la situazione che stavamo vivendo all'altro, che avevano visto la paura negli occhi dell'altro, ma non una paura fasulla, ma la paura più grande. La paura di morire e lasciare l'altro da solo a combattere.
Eravamo tutto questo e molto di più.

Eravamo opposti si, ma in un certo senso eravamo pure simili.
Eravamo un mix, non eravamo un clichè.
Non facevamo parte della frase:" Gli opposti si attraggono. I simili si amano."
Non ne facevamo parte perché non eravamo ne opposti ne simili, eravamo tutto ma niente.
Un bellissimo mix di queste due cose.
Eravamo il mare in tempesta mischiato a una deliziosa collinetta fiorita in un giorno di primavera.
Eravamo il nero mischiato al bianco. Eravamo un bellissimo grigio, ma non un grigio spento, privo di emozioni.
No, noi eravamo il grigio più pieno di sentimenti e emozioni che sarebbe mai potuto esistere. Eravamo tristi come il colore da fuori, ma dentro di noi avevamo una battaglia tra sentimenti e emozioni contrastanti e, alcune, bellissime, come, soprattutto in questo momento, mentre le nostre labbra continuavano ad avvolgersi tra di loro.

Sembrava che tra di loro cercassero qualcosa.
Sembrava che tra di loro cercassero un'ancora, sembrava che noi la cercassimo attraverso esse.
Sembrava che cercassero qualcuno da amare, che cercassero amore.
Sembrava che tra di loro cercassero la speranza di essere finalmente amate e apprezzate.
Sembrava che loro cercassero e provassero a trovare, tutto quello che alle nostre anime e ai nostri cuori, in realtà, serviva.

Dopo quelle che poterono essere ore, ma che io non sentivo passare addosso, ci staccammo, sfortunatamente, per cercare aria e riprendere fiato e, mentre lo facevamo, rimanemmo con le nostre fronti attaccate fra loro e con dei sorrisi incorniciati sui nostri volti.
Dopo vari minuti passati in questa posizione, senza parlare ma, semplicemente, a sorriderci a vicenda,  la vidi rabbrividire,  molto probabilmente per il freddo, così le chiesi, preoccupato: 《 Hai freddo? Vuoi rientrare dentro? O, sennò, ti presto la mia gi...》
Non mi lasciò neanche il tempo di finire la frase, che mi stampò, nuovamente, le sue labbra sulle mie, delicatamente, interrompendomi come avevo fatto io, precedentemente.
《Tranquillo, sto bene. Non ti devi preoccupare. Non sento freddo.》 Disse con un sorriso rassicurante, che mi fece calmare solo per un breve periodo, visto, che, dopo pochi minuti la vidi di nuovo rabbrividire e capì tutto.
Mi aveva mentito.
Mi aveva mentito perché voleva rimanere ancora con me, qua fuori, lontani dal caos, a goderci i baci e i sorrisi dell'altro, ma io non potevo farla svegliare l'indomani con una polmonite per colpa di questo venti gelido che tirava, perciò la presi per mano e le dissi:《 Andiamo dentro. Non voglio che domani tu ti svegli con una brutta febbre.》, ma primi di rientrare mi disse quelle parole che fecero scogliere il cuore a me.
A Kyle James, il ragazzo più temuto di tutta Brooklyn, il capo di una delle gang più famose e temute in tutto lo stato di New York, e che si era appena sciolto di fronte alla parole della ragazza che amava.

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