Capitolo 36

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Ci sono solo
due giorni all'anno
in cui non puoi fare niente:
umo si chiama ieri,
l'altro si chiama domani,
perciò oggi è
il giorno giusto per amare,
credere, fare, e, principalmente, vivere.
-Dalai Lama

Hayden's Pov

Ma non erano soli.
No, non lo erano.
Perché ai loro piedi giaceva, come se fosse stata spinta, l'unica persona che avrei mai pensato di vedere in questo luogo.
Insieme a me.
Avevo sempre cercato di proteggerla, come quella volta al suo compleanno, anche se forse non ci sarei mai riuscita, come in questo caso.
Pensavo che non l'avrebbero mai presa, soprattutto ora, che avevano me nelle loro mani.
Pensavo che fosse la sicuro lontana, anche se per poco tempo, da questa città.
Ma, a quanto pare, mi sbagliavo, come sempre, d'altronde.

Di fronte a me c'era la mia migliore amica.
C'era Elisabeth.

《 Vedi che bella sorpresa che ti abbiamo portato? O per meglio dire, che lui ti ha portato?》 Mi chiese l'uomo con quel suo ghigno malefico stampato in volto, mentre la donna se la rideva alle sue spalle.
Lei era sempre lì.
Alle sue spalle.
Non era una donna quella.
Era la feccia delle donne.
Colei che si faceva comandare da quello che l'umanità chiamava uomo, ma che per me era solo un animale.
E sapevo.
Sapevo se qualcuno lo avesse saputo.
Avesse saputo quello che facevano nella loro vita "privata", li avrebbe definiti peggio di animali.
Animali per trattare altri essere umani, senza un motivo, come tali, anzi, peggio degli animali, come sfoghi.
Per sfogare la rabbia repressa, probabilmente.
O per fare su di noi, quello che, forse, hanno vissuto loro tanto tempo fa.
Non sapevo la vera risposta e, forse, non l'avrei mai saputa, ma di una cosa ero certa: a me potevano pure trattarmi come un animale, ma, alla mia migliore amica non l'avrebbero mai toccata.
Non l'avrei permesso.
Lei non centrava niente con tutto questo, con tutto questo Inferno.
Ce l'avevano con me.
Con me e Kyle, ma in questo momento, ero l'unica, dei due, ad essere qui, quindi i loro sfoghi l'avrei dovuti subire io.
Io soltanto, Elisabeth era innocente, più di quanto ero io.

Dopo aver detto quelle parole, lasciarono quella stanza nel modo in cui ci erano entrati, ovvero sbattendo la porta, ma stavolta per chiuderla, e mi lasciarono sola con la mia migliore amica.
Una cosa che non avevo notato prima, troppo scioccata dalla vista di una delle persone più importanti per in questo Inferno, erano i suoi occhi lucidi, rossi e gonfi, come se si stesse per mettere a piangere, ma già poco prima lo avesse fatto.
Sapevo cosa stava provando in questo momento.
Pure io avevo provato quella sensazione tanti anni fa, solo che al posto mio, di adesso, un tempo c'era Alex, o, per meglio dire, Kyle. 

Era confusa.
Lo capivo dal suo sguardo smarrito. Aveva paura.
Lo capivo dal suo corpo che continuava a tremare come una foglia in una notte ventosa e fredda. Ma c'era un altro sentimento che non riuscivo a comprendere.
A comprendere il perchè lo stesse provando adesso, in questo momento.
Era la tristezza.
I suoi occhi erano vuoti di qualsiasi sentimento, tranne la tristezza.

Pure io l'avevo provata in quel periodo, ma solo perchè, ero ancora triste per la perdita dei miei genitori. Lei non aveva un motivo per essere triste.
Questo posto non metteva tristezza, metteva addosso la solitudine, la paura di ciò che ti avrebbero fatto il giorno consecutivo, anche se tu lo sapevi già, più o meno, il terrore di quello che ti avrebbero fatto in quel preciso momento e di cosa sarebbe successo quando sarebbero venuti a "prelevarti" dalla tua stanza, la nostagia di casa, della tua famiglia, ormai non più in vita, ma non metteva addosso tristezza.

Allora, perchè era triste?
Forse il vedermi in questo contesto le metteva tristezza?
Oppure era il mio aspetto a non renderla felice, che dopo questi giorni infiniti e infernali, ero sicuramente orribile e inguardabile?

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