Qualcosa non va.

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Dopo aver trascorso un giorno di riposo con mia figlia, mio fratello e Roberta, oggi è venerdì. Oggi pomeriggio sarei andata in ospedale per Noemi. Solito prelievo, solite visite abituali. Altro giorno in cui le lacrime sarebbero scese a dismisura, proprio perché io non riuscivo a vederla in questo stato. Per quanto bene possa stare, non accettavo che mia figlia fosse costretta a tutto questo. Non era colpa sua, forse neanche del padre. Oramai il problema c'è, c'avremmo vissuto. Le avrei insegnato ad accettarlo, io che poi quel disturbo mai l'avrei sopportato. Spero solo vada tutto per il meglio, e possa finire presto. Ad ogni modo, questa mattina avrei lavorato. Lascio Noemi dalla solita Patrizia, dirigendomi velocemente nel locale. Oggi non avevo voglia di lavorare, ero tesa per oggi. Non avevo quel classico sorrisetto, non volevo sentire nessuno. Ma sarebbe stato difficile, visto che relazionare con la clientela fa parte del mio lavoro. Arrivo nel negozio con qualche minuto d'anticipo, la direttrice mi nota. Nota lo sguardo triste, angosciato. Le preoccupazioni da mamma. A lei ho dovuto dirlo, anche perché nei primi tempi ho dovuto richiedere parecchie entrate e uscite anticipate e non, per portare mia figlia in ospedale.

:- Buongiorno.

:- Buongiorno. Le dico, fingendo la mia spensieratezza.

:- Ch'è 'sta faccia?

:- Devo portare Noemi in ospedale, oggi.

:- Per le visite?

:- Si.

:- Sei preoccupata?

:- E' più forte di me, non ci riesco a vederla così. Dico, mentre la prima lacrima riga il volto.

:- Lo so ch'è difficile, immagino. Sono mamma anche io, ti capisco. Ma tu per prima devi essere forte. Non per te, ma per tua figlia. Tu devi dare il sostegno di cui ha bisogno, a maggior ragione che il padre non ce l'ha.

:- Lo so che devo farlo per lei, però io non ne posso più. Ogni settimana, ogni cazzo di settimana vederla con quei tubi, con quella mascherina e con tre dottori che la visitano. Non ce la faccio.

:- So che ti fa male, ma purtroppo Noemi ha questo problema. Devi farlo, per te e per lei.

:- Non è bello affrontare le cose da sola.

:- Non sei sola. Hai tuo fratello e la compagna, hai i genitori, hai noi di ModaNapoli.

:- Si, lo so. Ma l'affetto che potete darmi voi non equivale all'amore di un ragazzo..

:- E' normale. Ma arriverà anche chi saprà amare te, e tua figlia.

:- Lo spero. Ho bisogno dell'amore di qualcuno, e vorrei che qualcuno donasse un pò d'affetto a Noemi.

:- Capisco, le cose belle richiedono tempo. Devi aspettare solo un po'.

:- E' questo po' che mi preoccupa!
:- Nicole, sei giovane, sei bella. Troverai chi apprezzerà te, il tuo carattere. E la tua splendida bambina.

:- Speriamo sia così..

:- Fidati, le cose belle capitano a chi sa aspettare.

Rientriamo dentro, mi offre un caffè mentre io continuo ad asciugarmi qualche lacrima scesa. Sembro un panda, cazzo. Mi ricompongo, cercando di sembrare, almeno per qualche ora, normale. Pronta per lavorare.
Solita clientela, soliti volti.
:- Dove si trova l'abito esposto sul manichino?
:- Quanto costa quel paio di jeans?
:- La promozione vale anche su quella maglia?
Rispondevo come un robot, non sapevo cosa dicevo ma fortunatamente le risposte andavano via sole. La mia nuova collega, la nuova arrivata che devo seguire costantemente, mi osserva. Nota ogni cosa che faccio, ogni mossa e azione registrata. Come mi ponevo con i clienti, come li accoglievo e indirizzavo. Mi scappava da ridere, sembrava la mia fan e io il suo idolo.
Mentre rimane al bancone, io giro Fra gli scaffali per sistemare il solito caos che la gente lascia. Maglie mescolate, alcune senza stampelle lasciate li per caso. Sarei andata nella sala centrale a urlare come una matta contro tutti i clienti. Ma diamine, un minimo di ordine.
Ad ogni modo, sistemo senza fiatare un centinaio di capi, compresi i vestiti maltrattati. Finalmente torno dagli altri, affiancando la commessa alle prese con le prime registrazioni di conti sul registro. Le indicavo dove scrivere, cosa riportare e cosa fosse futile. Era una ragazza un po' timida, sembrava temermi. Specialmente se il mio sguardo fosse così tanto capace di fulminare le persone. La tranquillizzai, dicendole che anche io commettevo errori i primi giorni, poi si impara facilmente. Il telefono vibra, era un messaggio di Roberta.

Resta ancora un po'. ||Dries Mertens||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora