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È l'ignoto a spaventarci, o quello che sappiamo esserci oltre a farlo? Forse abbiamo meno paura nel saltare da un burrone, non sapendo cosa ci sia effettivamente sotto, che saltare e sapere già che sarà la fine.
La fine di un capitolo durato tutto una vita; la fine della fama, della gloria... la fine della schiavitù indotta da se stessi.

Fin da quando mi ero reso conto di chi ero, o di cosa ero, avevo sempre immaginato come sarebbe stato alla fine, quando sarei rimasto solo con me stesso nel mio corpo. Una meta che mi era sempre sembrata lontana, quasi impossibile, eppure quella notte, una debole fiammella di speranza si era accesa. Camminando per tornare alla nave, decisi che avrei dovuto dire ogni cosa a Charlotte, non potevo più tenerla all'oscuro. Se qualcosa fosse andato storto, lei avrebbe dovuto sapere contro cosa sarebbe stata, abbandonando ogni sentimento umano nei miei confronti.
Ero nervoso, lo ammetto, perché avevo paura di sapere già quale sarebbe stata la sua reazione. Non volevo perderla, non dopo tutta la strada che avevamo fatto assieme, dopo tutto quello che lei aveva fatto per me. Ormai non era più solo una promessa fatta ad un padre a legarci, ma un profondo sentimento di affetto... solo fraterno?
Non lo sapevo proprio e non avrei giocato con la sorte per scoprirlo.

Arrivammo alla nave ed un irreale silenzio ci accolse una volta messo piede sul ponte. Non un singolo dei miei uomini che canticchiava o faceva ancora festa. Alzai lo sguardo verso l'albero maestro, sulla piattaforma di vedetta, trovandola stranamente vuota. Qualcosa nell'aria mi diceva che non era un buon segno. Lucas non lasciava mai la sua postazione durante la notte. Feci in tempo solo a sguainare la spada che una ventina di uomini ci piovve addosso con le loro armi affilate. Mi difesi subito dal loro repentino attacco, cercando d'istinto con gli occhi Charlotte, che a pochi passi da me, si stava difendendo con il suo coltello. Un arma corta, corto un arma lunga negli spazi aperti, era un grande svantaggio.
Dopo solo qualche colpo, mi fermai, sentendomi chiamare da una voce sconosciuta.

<<Capitano Black Law.>>

Mi voltai vedendo un uomo alzarsi rispetto agli altri sul ponte di poppa.
I suoi uomini si fermarono, puntandoci le spade alla gola e intrappolandoci come topi in gabbia.

<<So che non mi conoscete, ma lasciate che mi presenti: il mio nome è Augustus Hound, capitano della Gigliottina e sono qua per prendere qualcosa che voi avete. Datemi la mappa del tesoro e la bussola e io vi lascerò liberi.>>

Un sorriso sfrontato si dipinse sul volto dell'uomo facendomi innervosire. Digrignai i denti, pronto a mandarlo al diavolo, ma una voce calma e decisa mi precedette.

<<Va bene. Vi porterò io alla mappa, ma dovrete promettermi che non farete del male a nessuno dei miei compagni.>>

Charlotte intascò il coltello, esponendosi completamente al nemico, disarmata, con parole più grandi di lei. Cosa voleva fare? La mappa e la bussola ce l'avevamo noi, perché portarli altrove? Voleva forse morire? Non potevo permettere che le facessero del male... non a lei.

<<E voi sareste, ragazzina?>>

Le chiese il pirata, guardandola con un filo di curiosità. Charlotte guardò me per poi tornare su di lui.

<<Sono la promessa sposa del capitano Law. Nessuno meglio di me sa dove poter trovare quegli oggetti, nascosti su quest'isola. Lasciatelo liberi e io vi porterò da essi.>>

<<Liberi no, li userò come garanzia che voi non vogliate scappare.>>

Fece un gesto e due uomini presero Charlotte per le braccia, iniziando a trascinarlo via. Subito tentai di oppormi, ma molte spade mi vennero puntate contro. Lei mi guardò dritto negli occhi, scuotendo la testa, ad impedirmi di cercare di salvarla, mentre lei credeva di poter salvare noi con il suo gesto stupido. Mi acquietai solo per paura che potessero farle del male ed inerme guardai mentre la portavano via. Subito alcuni uomini ci privarono delle nostre armi, trascinandoci nella nostra stiva, lungo corridoi che conoscevo molto bene e che in quel momento mi sembravano così stretti da soffocarmi. Venimmo buttati nella cambusa, assieme a casse piene di viveri, appena portati e pronti per il viaggio che avremmo dovuto compiere e speravo avremmo potuto intraprendere.
Tutti i miei compagni erano lì, vivi e un pò ammaccati,  ma nessuno era morto ed era quello che contava per me.

Quando la porta fu chiusa, le tenebre ci ammantarono portando uno strano silenzio pieno di ansia. Non potevo stare li fermo mentre Charlotte era la fuori, da qualche parte, con quegli esseri rivoltanti attorno. Più pensavo a lei e a quello che avrebbero potuto farle, più la rabbia saliva, invadendo ogni singola vena del mio corpo fino a farmi smarrire del tutto. Mi persi nella mia rabbia e lasciai, per la prima volta in vita mia, che lui mi controllasse.

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Charlotte non aveva un piano ben preciso in mente, solo tante speranze frammentate in possibili vie di fuga,  che mano a mano diminuivano. Aveva dovuto decidere ciò che era meglio, non per sé,  ma per i suoi compagni. Da quel momento, con così poche difese, Alexander se la sarebbe cavata e poi sarebbe andato a cercarla. Ne era sicura.

Ogni via a cui svoltava per prendere tempo, diventava sempre più chiaro che forse il suo capitano non c'è l'avrebbe fatta. Forse nemmeno lei sarebbe uscita viva da quella situazione. Il comandante di quegli stolti e rozzi uomini la tallonava per tutta la strada, non mollando i suoi movimenti nemmeno un attimo,  con il fiato sul collo, cosa che la rendeva ancora più nervosa.
La stretta alle sue braccia, diventava via via più leggera, come se fossero stanchi di farsi trascinare ancora in quella ricerca di oggetti inesistenti.
Charlotte prese tutto il coraggio che aveva in corpo e con un unico strattone forte, riuscì a liberarsi dalla loro presa, iniziando a correre subito dietro un angolo di una strada. Non si guardò indietro nemmeno una volta sentendo tutte le imprecazioni che le venivano lanciate contro. Si limitò a correre al massimo delle sue possibilità, con le gambe che le facevano male e i polmoni che scoppiavano.  Con la mente cercò di non tornare indietro nel tempo, ricordando la fuga dalla sua casa assediata, attimo troppo triste che l'avrebbe portata a cadere sul terreno, in ginocchio.

Oltrepassò ancora un angolo e il suo cuore si fermò in quell'attimo, come la sua corsa. Un muro si ergeva davanti a lei, bloccandole la strada e ogni via di fuga. Si girò finalmente, facendo quei pochi passi che poteva ancora permettersi, prima che la sue spalle si scontrassero con il muro freddo. Loro erano lì, davanti a lei,  intrappolandola come farebbero con uno stupidissimo topo.  Era morta, lo sapeva bene, così chiuse gli occhi e pensò intensamente ad Alexander. Sperava che almeno lui fosse riuscito a liberare la sua nave e che stesse bene. Se fosse morta sapendo di averlo salvato, non le sarebbe importato.

Era pronta alla sua fine, che sembrava prolungarsi fin troppo, eppure lei li aveva visti di fronte, a pochi passi. Riaprì gli occhi e vide uno dei due uomini che l'avevano tenuta, mentre cadeva in terra, privo di vita. Una spada gli aveva trafitto il busto, da parte a parte, rimanendo insanguinata nella mano del suo proprietario.
Gli orecchini di lui brillarono sotto la luce della luna sorridente, mentre con il capo chino osservava il suo operato.
C'era ancora vita per lei nel futuro, perché lui era lì e salvarla era il suo unico desiderio.

Buongiorno
Avevo promesso che avrei aggiornato prima del nuovo anno almeno una volta, quindi ecco qua l'ultimo capitolo che pubblicherò per questo 2017 ormai giunto quasi al termine... Sembra ieri che facevo i buoni propositi per questo anno e molti li ho pure rispettati:ho incominciato boxe, ho lavorato, ho iniziato a studiare tedesco, ho trovato un ragazzo e sto per partire per Australia.
Spero che il nuovo anno porti altre cose nuove, nuove storie, più tempo per scrivere e più fantasia.
Vi auguro buon anno e non bevete troppo!

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Black Law:la leggenda dei sette mariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora