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La rabbia era difficile da contenere per il capitano Law nelle situazioni comuni, ma quella non lo era per nulla. Era molto peggio di quanto si fosse mai trovato davanti. Suo padre, l'uomo che aveva abbandonato la madre e lui, quando aveva solo 7 anni, era di fronte ad Alexander. Il sangue gli fischiava nelle orecchie, le vene del collo erano esposte allo sguardo di tutti, gli occhi erano un cielo senza stelle e senza luna. I pugni stretti fremevano per la voglia di colpire, ripetutamente, il volto di quell'essere che lui credeva morto da tutta quasi tutta la vita. 
Sentiva gli sguardi stupiti del suo vice capitano e della sua sorellastra, che bruciavano sulla pelle.

<<Padre>>

Era l'unica cosa che era riuscita a dire, con le labbra serrate in una riga dritta e dure. C'era tanto, troppo, odio in una parola che per quasi tutti significava solo affetto. Lui non poteva provarne per un essere del genere, così spregevole.

<<Alexander sei cresciuto tantissimo. Mi somigli molto, quando avevo la tua età.>>

Il vecchio Law parlava con affetto e vera felicità nel poter finalmente rivedere, e parlare, con il figlio perduto. Guardandolo, era come se tornasse indietro nel tempo, guardandosi allo specchio. Purtroppo non aveva preso solo l'aspetto, ma anche il carattere del lui più giovane.

<< Non osare parlarmi come se non ci avessi abbandonato. Per vent'anni ho creduto che tu fossi morto, lasciando me e mia madre da soli. Lo sai che quando è morta io sono finito in mezzo ad una strada? Sai quello che abbiamo sofferto? Sei solo un lurido bastardo e devi ringraziare il tuo Dio se in questo momento non ti sto ammazzando io con le mie mani.>>

La rabbia era palpabile in ogni singola parola, ma non colpì particolarmente l'uomo. Lui lo sapeva già di averli abbandonati e conviveva con quel dolore da troppo tempo. L'unica che parve avere il coraggio di parlare con Alexander, fu Charlotte.

<<Secondo me dovresti provare almeno ad ascoltare quello che ha da dirti.>>

Sì beccò subito un occhiataccia che le fece quasi pentire ti aver parlato.

<<Ti avevo espressamente detto di non allontanarti e di non dare confidenza a nessuno. Come al solito riesci a creare casini. Non ci si può fidare delle ragazzine viziate come te.>>

Charlotte sapeva di non essere viziata, e sapeva che il suo capitano se la prendeva con lei solo perché era accecato dall'odio per suo padre, ma qualcosa le pizzicava gli angoli degli occhi. Se fosse stata più debole probabilmente avrebbe pianto, ma lei doveva essere forte e ragionare per entrambi.

<<Figliolo, lascia che ti spieghi...>>

<<Non voglio ascoltare altro dalla tua bocca da bugiardo. Lasciami in pace e sparisci finalmente dalla mia vita.>>

Così Alexander girò sui proprio tacchi e se ne andò a grandi falcate verso una meta sconosciuta. Edward, dopo qualche minuto rimasto sconvolto dalla scena, lo seguì, senza pensare alle conseguenze. La cosa più importante per lui, era il suo migliore amico, così dopo averlo pedinato per infinite vie, senza riuscire a raggiungerlo, decise di aumentare il passo. Afferrò Law per il braccio bloccando la sua corsa sfrenata, beccandosi per poco un pugno in faccia. Alexander, vedendo il suo amico, si tranquillizzò un poco, ma una rabbia così profonda era difficile da cancellare, o anche solo sedare.

<<Pretendo delle spiegazioni. Mi avevi detto che tuo padre era morto, invece a me sembrava piuttosto vivo.>>

<<Vorrei davvero capire cosa succede pure io. Lui doveva essere morto!>>

Il capitano si tirò i capelli in un gesto disperato, con la testa che gli scoppiava per tutto quello che stava succedendo in così breve tempo. Chiuse gli occhi fino a che una consapevolezza non lo colpì in pieno, come un onda infuriata che colpiva il fianco della nave, minacciandola di capovolgersi.

<<Edward... ma se tu sei qui... con chi è Charlotte?>>

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Non ero mai stata una sprovveduta, ne nella vita di tutti i giorni a Londra, ne quando le cose per me diventarono solo un incubo che mi inseguiva. Non avevo mai sottovalutato chi avevo davanti, ne dato più confidenza di quella necessaria, infatti non avevo accettato l'aiuto del mio capitano la prima volta che si era presentato a me. Non avevo riposto fiducia in lui, sapendo esattamente chi fosse, e sapendo che i miei genitori avrebbero voluto che io lo seguissi, senza mettere in discussione le loro parole.
Valutavo le persone per come si presentavano a me, per come si comportavano e anche un pò per il loro aspetto, perché esso diceva molto su una persona.

Quella sera, basai la mia analisi sull'istinto per valutare il capitano Ocean, o Law, in qualunque modo lui volesse farsi chiamare da me dopo aver scoperto che fosse il padre di Alexander. Il mio istinto mi diceva che potevo fidarmi e che seguirlo, lungo le strade della infida Tortuga, era la cosa giusta da fare. Se non  perché era il padre del mio capitano, anche perché lui possedeva l'unica cosa che ci serviva per iniziare il nostro viaggio: la mappa perduta di un tesoro troppo grande per essere anche solo pensato.

Arrivammo finalmente di fronte ad una casetta piccola, ma non diroccata.Il capitano mi aprì la porta e io prima di entrare, per istinto, misi la mano sul coltello che avevo in tasca. Era sempre meglio essere preparate.
Le lampade nella stanza vennero accese, illuminando un salotto ingombro dai tanti oggetti, soprattutto scaffali colmi di libri di ogni genere. Capii da chi aveva preso la sua passione per i libri Alexander, solo guardando il disordine in cui erano disposti e l'enorme quantità presente anche sulla piccola scrivania.
Sorrisi leggermente, mentre il capitano cercava di liberarmi una sedie da tutte quelle cianfrusaglie.

<<Accomodati Charlotte. Non posso offrirti molto, ma scommetto che tu vorrai arrivare subito alla parte in cui ti racconto della mappa.>>

Affermò sedendosi alla sua sedia, grattandosi la barba folta.

<<Veramente, vorrei prima sapere come mi conoscete mr Law.>>

Affermai convinta provocandogli un improvviso sorriso triste e amaro in volto.

<<È da tanto che nessuno mi chiama più così. Comunque ti darò la tua risposta cara: conoscevo molto bene tuo padre Adam, eravamo quasi migliori amici da giovani, poi le cose si sono complicate e io sono dovuto fuggire. Anche da oltre oceano,però, mi è arrivata la notizia della tua nascita Charlotte Olive Pearl, un nome belissimo adatto ad una ragazza che farebbe invidia alle più belle principesse.>>

Mi sorrise come si sorriderebbe ad una figlia e la cosa mi scaldò il cuore infinitamente. In un attimo però, fui colpita da una cosa: sentendo il mio nome completo, riuscii a capire finalmente. C.O.P. Le iniziali del mio nome, ma erano anche le iniziali del nome dell'uomo che mi stava di fronte.

<<È per la vostra amicizia che avete scelto questo nome?>>

<<Se acuta come tua madre vedo. Si, dovevo cambiare nome e in un moto di nostalgia, scelsi di appropriarmi delle iniziali del nome della figlia del mio migliore amico. Un modo per non abbandonare mai il vecchio me e la mia vera patria.>>

Stavo per dire qualcosa, quando bussarono alla porta, non una, ma un miliardo di volte, in modo impaziente.

<<Direi che continueremo il nostro discorso con i nostri ospiti.>>

Buongiorno
Sto riuscendo ad aggiornare di fortuna questa settimana visto che sono vicino Amalfi a trovare alcuni parenti. Purtroppo ho beccato molto brutto tempo, a parte ieri, ma non mi posso lamentare. Qua i panorami sono bellissimi!
Ho fatto i 900 scalini da Pontone ad Amalfi e ho camminato un sacco anche perché con tutto quello che mi hanno fatto da mangiare, dovrei rotolare.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se vi manco, c'è sempre Twitter mentre aspettate i miei capitoli super lenti. Ciao ciao

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Black Law:la leggenda dei sette mariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora