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Nelle favole più belle, quelle che da piccole ci raccontavano sempre, le principesse venivano salvate da impavidi principi azzurri, che sconfiggevano il cattivo e portavano in salvo l'amata. Ogni ragazzina ha sognato almeno una volta che le capitasse una cosa del genere, ma cosa avrebbe fatto se il suo principe non fosse stato mantato di azzurro, ma di nero come la notte?
Cosa avrebbero fatto quelle stupide, ingenue e inutili principesse se davanti a loro avessero visto Alexander Law con un sorriso sadico sul volto, mentre con Giustizia trucidava i nemici? Sarebbero scappate anche da lui?
Probabilmente le vecchia me sarebbe scappata a gambe levate, ma la nuova me abbracciava le tenebre e vi si immergeva, non avendo paura ad afferrare la spada di un uomo morto per ferirne un altro.

Il mio capitano era affiancato da cinque suoi uomini che misero al muro i pirati di Hound, ribaltando la situazione: ora erano loro i topi e noi i gatti affamati.
Alexander era in prima fila, non rivolgendo nemmeno una volta il suo viso nella mia direzione, cosa che mi fece preoccupare parecchio. Mi avvicinai alle sue spalle, sfiorandogli il braccio con le dita, facendolo subito scattare lontano da me. In quello vidi i suoi occhi divorati dalla rabbia, scuri come gli inferi, abbandonati al controllo di qualcuno che non era lui.
Lo avevo visto solo una volta in quello stato e sapevo quanto pericoloso potesse essere, ma non avevo paura di lui. Scioccamente pensavo che mai mi avrebbe fatto del male, ma lui non era del mio stesso avviso.

<<Portatela alla nave. Qua finisco io.>>

Disse in modo brusco, ridandomi le spalle. Venni presa per le braccia e portata via, come una prigioniera, senza la possibilità di potermi opporre al loro volere. 
Rimasi ferma, come una piccola bambola di pezza, guardando le spalle di Alexander fino a che mi fu possibile. Non capivo fino in fondo quel suo lato, così brusco e pieno di ira, mi faceva solo arrabbiare il fatto che non si fidasse di me abbastanza da lasciarmi guardare chi era davvero. Aveva davvero così paura che io scappassi da lui? Oppure mi credeva così debole da non riuscire ad affrontare anche quella verità?

Ne avevo passate troppe in così poco tempo per poter lasciare che mi tagliasse fuori anche da quella faccenda. Mio padre e mia madre mi avevano tenuto fuori da tutto da quando ero nata, così che mi ero ritrovata sola, confusa e senza poter chiedere spiegazioni a qualcuno. Non avrei permesso ad Alexander di fare lo stesso. Non potevo permettermi di perdere anche quell'ultima parte della mia vita.
Una volta arrivata sul ponte della nave mi lasciarono ed impettita me ne andai nelle cabine, oltrepassando a grandi falcate la mia stanza, per dirigermi nell'unico posto nella quale volevo stare. La cabina del mio capitano era come al solito disordinata, piena di fogli, mappe, lettere aperte e chiuse. Era come immergersi nella sua mente e scoprire che era molto più complicata di quello che si poteva immaginare.
Osai, per la prima volta, avvicinarmi alla scrivania, poggiando le dita sopra la carta inchiostrata dalla sua mano e da quella di calligrafie sconosciute.
 
Una lettera prima di tutte mi saltò all'occhio, era scritta in una calligrafia dolce, ma decisa e una firma a me familiare chiudeva alcune poche parole. Presi in mano una delle lettere che mio padre gli aveva scritto e iniziai a leggerla, constatando che era molto vecchia. Parlava di cose belle, senza alcuna nube ad oscurare le giornate di sole di quella volta.
Una ad una inizia a leggere ciò che era posto li sopra, ordinando le cose lette in una piccola pila, che via via diventava più grande, fino a che non fui interrotta dallo sbattere della porta.
Mi girai di scatto vedendo Alexander davanti a me, con gli occhi ancora ammantati dalle tenebre, lo sguardo privo di emozioni al di fuori della rabbia. Gli abiti erano macchiati di sangue altrui, come il suo volto e le sue mani. Era uscito dagli inferi, pronto a farmi sua vittima.

In poche falcate era già di fronte a me e con una mano mi afferrò il collo, pronto a strangolarmi più veloce di quanto avessi mai potuto provare ad urlare, ma io non avrei chiesto aiuto, non quella volta. Rallentai il respiro, guardandolo dritto negli occhi come a sfidarlo.

<<Fallo Alexander. Che senso ha che io rimanga qua se non conosco nemmeno cosa sei? Sono stufa di tutti questi segreti, quindi fallo, così almeno prima di morire conoscerò la tua vera natura.>>

Strinse di più la presa, iniziando a stritolarmi e a farmi mancare il respiro, fino a che non si fermò. Alexander rimase un attimo a fissarmi prima di liberarmi dalla presa e poggiare le mani sulla scrivania, ai lati del mio corpo, intrappolandomi con lui. Appoggiò il capo sulla mia spalla, respirando a fatica, con il corpo che veniva smosso da un piccolo tremore.
Quando si calmò, seppi che era tornato in lui, anche se non aveva alcuna intenzione di spostarsi da quella posizione, che stava diventando scomoda ed imbarazzante.

<<Direi che è arrivato il momento che tu mi racconta ogni cosa.>>

Gli dissi dolcemente, mentre con un mano gli accarezzavo i capelli morbidi, lasciandogli il tempo necessario per iniziare a parlare.

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C'erano veramente tante cose che frullavano per la testa di Alexander in quel momento, ma una fra tutte spiccava in mezzo alle altre. Stava talmente bene li, appoggiato a lei, respirando il suo profumo, che ogni cosa si stava zittendo. Non sapeva bene come avesse fatto a fermarsi e come lei avesse potuto rischiare così tanto, ma lo aveva fatto. Era risciuto a controllarlo, a tornare in se senza delle catene ai polsi e senza intrugli magici dal sapore discutibile. Forse era dovuto al fatto che era stato lui a chiamarlo, o forse era stato solo un miracolo. Tenne gli occhi chiusi ancora per qualche istante, lasciando che Charlotte lo coccolasse come se la creatura fragile fosse lui. Non ricordava nemmeno quando era stata l'ultima volta nella quale si era sentito così bene. Non era un tipo di persona da esternare il proprio affetto, ne dà farsi abbracciare in modo dolce; aveva sempre rifiutato il contatto fin da bambino, ma in quel momento non sentiva il bisogno di respingerla.

Smise di pensare e di farla attendere alzando il capo dalla sua spalla, per poi perdersi nei suoi smeraldi così puri e limpidi. Nessuno avrebbe potuto resistere al loro fascino e lui non era certo da meno.
Tenne a freno i suoi istinti allontanandosi da lei, per sedersi sul bordo del suo letto, con la testa bassa fra le mani, cercando un modo facile per spiegare ogni cosa, ma non esisteva un modo giusto per farlo, cosi semplicemente sollevò la manica della camicia, rivelando il marchio che da quasi sempre portava addosso.
Era il segno di quello che era e che sarebbe sempre stato se non avesse portato a compimento ciò per cui era stato prescelto. Con un filo di tristezza ripercorse gli attimi peggiori della sua vita, tutti collegati al suo braccio.
Schiuse finalmente le labbra, dopo attimi di assoluto silenzio e iniziò a racontare. 

Lo so... Non ho scuse, ma beh, primo aggiornamento dall'Australia bimbi miei 😍 qua è tutto un casino con orari, fuso, lavoro, quindi se vi trovate aggiornamenti in piena notte, niente panico, sono io che aggiorno nel mio tranquillo, assolato ed estivo pomeriggio.

Spero che a voi vada tutto bene e a presto un nuovo libro, che in teoria dovrei essere in grado di aggiornare spesso perché parlerà di me... Ciao ciao

Twitter :Milena Orton
Instagram: thesoulinastory2296

Black Law:la leggenda dei sette mariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora