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Erano passate ore da quando mi ero chiusa la porta di metallo alle spalle, eppure avevo ancora paura ad aprirla. Paura di quello che avrei visto dall'altro lato. E se si fosse fatto del male da solo? Era troppo debole e mal ridotto per poter riuscire a sopportare altre ferite.

Mi alzai in piedi, tendendo l'orecchio per sentire rumori se c'erano rumori strani, ma c'era solo un grande silenzio. Infilai la chiave nella serratura e la girai, aprendo la porta piano piano, cercando di sbirciare all'interno nel modo più discreto possibile.

<< Alexander?>>

Non ricevetti risposta. Quando la porta di aperta del tutto e la luce entrò all'interno, vidi la sua figura, in un angolino, in posizione fetale. Mi precipitai da lui, accucciandomi di fronte al suo viso per vedere se respirava.
Era ancora vivo, ma stava dormendo profondamente, probabilmente per tutti gli sforzi che aveva fatto negli ultimi giorni. Una persona normale sarebbe sicuramente già morta.

Tolsi una ciocca di capelli dal suo viso, rivelando le profonde ferita che lo sfiguravano. Era insensato che io lo trovassi attraente lo stesso? Non era solo il suo aspetto fisico che mi aveva rapito e qualsiasi cosa fosse successa, anche se fosse rimasto così a vita, io sarei stata al suo fianco.
Il capitano socchiuse un occhio prima di afferrarmi con un braccio e spostarmi seduta più vicino a lui. Anche lui cambiò posizione, appoggiando la sua testa sul mio grembo, usando le mie gambe come cuscino.
Presi ad accarezzargli i capelli, cercando di districare dolcemente con le dita, tutti i nodi provocati dalla sua ravvicinata esperienza con il fuoco.

<<Dovresti essere nel letto a riposare.>>

Gli feci notare, intendendo che non si sarebbe dovuto alzare già la prima volta. Lui in risposta si mise più comodo sulle mie gambe.

<<Non mi serve un letto se ho te.>>

La sua voce era più roca del solito, quasi graffiante e mi fece venire i brividi lungo tutta la schiena, ma non erano di certo per la paura.
Rimanemmo in quella posizione lì per un po', fino a che il capitano non decise di alzarsi. Il suo volto era proprio di fronte al mio e avrei tanto voluto baciarlo e rassicurarlo, ma non lo feci. Fu lui invece ad appoggiare le sue labbra screpolate sulle mie e io mi godetti quell'attimo idilliaco.
Quando si stava per allontanare, lo avvolsi in un abbraccio, cercando di essere il più delicata possibile. Alexander mi lasciò fare,quasi avesse bisogno anche lui di quel contatto.

<<Mi sei mancato>>

Dissi in un sussurro, non riuscendo nemmeno lontanamente a spiegare quanto la sua mancanza aveva avuto effetti negativi su di me.
Alex mi prese il volto fra le mani, puntando i suoi occhi scuri nei miei.

<<Davvero?>>

Sembrava spaventato, come se non potesse credere che quello che provavo per lui era vero affetto e non un altro dei privilegi del marchio. Perché ero sicura che si era tormentato per tutto il tempo su quella faccenda.

<<Certo che si. Non è quello stupido disegno a farmi provare quello che provo per te Alexander. Non puoi capire quanto sia stata male senza di te e quando sei ricomparso... mi hai fatto venire mille infarti! Non farlo mai più!>>

Lo accusai passando da un tono dolce, ad una autoritario in qualche secondo, cosa che fece sorridere il ragazzo.
Lo aiutai a rialzarsi e lui dovette appoggiarsi su di me per riuscire a camminare decentemente. Era decisamente troppo debole, ma ancor di più ostinato.  Una volta arrivati in camera sua, invece di stendersi sul letto, si mise a rovistare in mezzo a delle carte, fino a tirare fuori la mappa del tesoro che suo padre ci aveva donato.

<<Charlotte, potresti andare nel mio ufficio a prendere la bussola? Ci andrei io stesso, ma come hai notato non riuscirei ad andare molto lontano.>>

Mi sorrise come se tutto quello fosse una sorta di scherzo molto divertente. Io incrociai le braccia al petto, fulminandolo con lo sguardo.

<<Lo faccio, ma solo se prometti che subito dopo te ne vai a riposare e non ti alzi fino a che non ti sei ripreso!>>

<<Va bene. Chiama anche Edward, per favore>>

Mi fece una faccia da cucciolo che mi fece alzare gli occhi al cielo e ad uscire spazientita da quella stanza. Qualsiasi cosa volesse fare, sarebbe stata l'ultima cosa che gli avrei permesso di fare fino a che non fosse guarito.
Era un miracolo che fosse ancora vivo e lui si metteva a giocare a caccia al tesoro in quel momento... incredibile!

Mi ci volle più di qualche minuto per trovare la bussola in mezzo a tutta quella roba che c'era in giro nel suo ufficio. Guardai i pezzi di vetro sparsi vicino alla scrivania e decisi di raccoglierli e di sistemare tutte le carte che erano volate in giro per colpa del nostro "scontro". Non volevo che i ricordi negativi si attaccassero a quel luogo e avevo bisogno di calmare i miei pensieri.
Lui era lì con me in quel momento e non se ne sarebbe andato, vero?

Una volta finito quel lavoretto, andai a cercare Edward. Di certo non un lavoro arduo come trovare la bussola. Con l'assenza del capitano era lui che aveva preso il comando della nave, quindi si trovava spesso al timone, o comunque sul ponte a dare ordini.

<<Vice capitano, il capitano vuole vederti.>>

Dissi con fare quasi formale. Eravamo circondati da troppi mezzi dell'equipaggio perché io potessi permettermi di chiamarlo per nome. Non che ci fosse qualche regola che me lo impediva, ma come aristocratica, avevo imparato che a volte le apparenze contavano eccome.
Edward mi seguì senza indugio sotto coperta, fino alla nostra destinazione.

<<Ti vedo stravolta. Cos'è successo?>>

Giusto, lui non sapeva di tutto quello che era avvenuto qualche ora prima. Gli spiegai ogni cosa è fra noi due calò il silenzio. Il ragazzo era troppo preso dai suoi pensieri, ma potevo capirlo a pieno. Era preoccupato anche lui per la salute di Alexander.
Una volta entrata nella stanza, i due ragazzi si scambiarono uno sguardo che valeva più di mille parole. In quel momento potei percepire il loro vero legame, che andava oltre qualsiasi cosa si potesse spiegare.

<<Ci hai messo una vita.>>

Mi fece notare Law, prendendomi di mano la bussola spostandosi, con non poca fatica, sulla sedia della scrivania.
Poggiò l'oggetto al centro della mappa e come la prima volta, il cursore della bussola iniziò a girare, come impazzito.
Di solo in quel momento che dalla tasca dei pantaloni estrasse qualcosa. Era una chiave nera di qualche metallo particolarmente lucido.

Alexander esaminò con attenzione la bussola, fino a che non trovò il foro nella quale inserire la chiave. La girò dentro alla serratura e un piccolo click si sentì quando improvvisamente la lancetta smise di girare.

<<Non è possibile!>>

Law sbatté un pugno sul tavolo che mi fece saltare per la paura. Io ed Edward ci avvicinammo di più per vedere cosa aveva fatto arrabbiare il capitano così tanto. La freccia della bussola era ferma e puntava in in unica direzione. Mi sporsi ancora un pochino per vedere meglio la mappa e quando mi resi conto a cosa puntava, rimasi di sasso.

Niente... era tutto quello che c'era sulla mappa nel punto indicato dalla lancetta. Com'era possibile? La mappa era quella giusta e avevamo faticato tanto per recuperare la chiave!

Rimasi a guardare il mare disegnato su quel foglio di carta, mentre un enorme sconforto prendeva possesso di me. Vicolo cieco... E adesso? Cosa avremmo fatto?

Hola
Ed ecco il nuovo capitolo. Ho appena finito di scriverlo, quindi non ho nemmeno tempo per i ripensamenti. Comunque anche per questo capitolo, il mai una gioia ritorna in tutta la sua potenza.
Chissà cosa capiterà dopo...
preparatevi a dei capitoli un po' strani... comunque siamo in dirittura d'arrivo per questa storia, o almeno per quanto riguarda questa parte della storia. Quando finirò questo libro so già che mi mancherà un sacco.

Comunque spero vi piaccia la foto ad inizio capitolo perché l'ho scattata io. A me piace da morire!

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Black Law:la leggenda dei sette mariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora