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Quando mi svegliai il mattino seguente, mi sentivo un po' stordita. Ancora mezza addormentata mi specchiai ritrovandomi davanti un paio di occhietti mezzi addormentati, che non si sarebbero svegliati di lì a breve. I capelli lunghi ormai sotto i fianchi, erano un nido indistricabile. Presi una ciocca fra le dita e pensai che forse avrei dovuto tagliarli di lì a poco.
Una sorta di istinto mi diceva che se avessi aperto la porta,la ragazza che mi aveva fatto il bagno il giorno prima sarebbe stata lì ad aspettarmi. Infatti così fu.

Cercando di farmi capire al meglio, nonostante la barrire linguistica, le faci il gesto del tagliare qualcosa, e poi le feci vedere i capelli. Dopo qualche minuto nella quale mi destreggiai, al meglio delle mie capacità, come mimo, sembrò capire quello che volevo. Si allontanò tornando poco dopo con in mano una sorta di punta di una freccia piatta fatta in una pietra piuttosto resistente. I bordi erano molto affilati ed era montata su un corto manico, rendendola quasi un pugnale. Con il laccetto di cuoio legai i capelli in una coda bassa e con un gesto deciso recisi tutto ciò che si trovava al di sotto del nastro. Quando li mollai, essi arrivavano poco sopra le spalle, in un buffo caschetto. Mi sentivo la testa molto più leggera e iniziai a scuoterla cercando di abituarmi a quella sensazione.

Una altra pila di vestiti era pronta per me. Erano dello stesso tessuto di quelli che già indossavo, con la caratteristica di averne anche meno se era possibile.
La donna, una volta che mi fui vestita, mi portò verso la tenda principale nella quale ero stata la sera prima. Osservai attorno a me come gli uomini della Black rose uscissero dalle loro capanne con le ragazzine della sera prima, alcune mezze nude. Non riuscivo a provare nulla a riguardo, anche se una parte di me diceva che avrei dovuto provare disgusto. Invece era come se avessi già assistito a qualcosa del genere e ormai non mi potessi più scandalizzare.
Poco più di una trentina di uomini erano stravaccati sui tavoli ad ingozzarsi di cibo e di una bevanda strana. Quando la assaggiai constatai che ricordava vagamente il sidro di mele, solo più alcolico, ma si beveva con una facilità estrema. La donna che il giorno prima ci aveva accolti, stava sul suo trono a spiluccare grappoli d'uva in modo svogliato, mettendo in mostra le sue curve. Solo in quel momento notai la grande differenza fra gli uomini nativi, magri e debolucci, e le donne native, formose e atletiche.

Dopo essermi saziata, una vocina dentro di me incominciò a parlarmi in maniera poco distinta. C'era troppa confusione fra i canti e le risa che rimbombavano nella capanna, e quando finalmente capii cosa doveva ricordare, mi sentii quasi sciocca.
Sentivo di dovermi alzare e domandare di vedere Alexander, anche se non ricordavo bene perché dovessi farlo.
Così feci, ottenendo però scarsi risultati.

<<Mi divpiace, ma pvotvete vedevlo domani. Oggi viposo.>>

Mi accontento di quella risposta, ma ormai non avevo più voglia di stare lì in mezzo agli altri, così andai per la prima volta in esplorazione. Ogni parte della foresta circostante, era dipinta di colori brillanti, come mai ne avevo visti. Uccelli dai mille colori e animali esotici si potevano vedere ad ogni passo, lasciandomi meravigliata.
Tornai indietro solo quando incominciò a calare la sera. Prima di andare a dormire riempii lo stomaco a dovere e dopo un bagno caldo, il sonno arrivò senza che dovessi chiamarlo.

Quando mi svegliai il mattino seguente, mi sentivo un po' stordita. Ancora mezza addormentata mi specchiai ritrovandomi davanti un paio di occhietti mezzi addormentati, che non si sarebbero svegliati di lì a breve. I capelli lunghi ormai quasi fino alla vita, erano un nido indistricabile. Presi una ciocca fra le dita e pensai che forse avrei dovuto tagliarli di lì a poco. Una altra pila di vestiti era pronta per me. Erano dello stesso tessuto di quelli che già indossavo, con la caratteristica di averne anche meno se era possibile.
La donna, una volta che mi fui vestita, mi portò verso la tenda principale nella quale ero stata la sera prima.
Poco meno di una trentina di uomini erano seduti a mangiare e bere, ridendo e cantando come se non avessero un problema nel mondo.
Mi unii a loro, assaggiando una bevanda strana che mi ricordava il sidro di mele, solo più alcolica.

Non so perché, ma ad un certo punto sentii il bisogno di alzarmi per parlare con la bella e formosa donna che si trovava sul trono, che solo il giorno prima ci aveva dato ospitalità. Alexander. Ecco qual'era il motivo. Ma perché dovevo cercarlo?
Mi alzai barcollando, dirigendomi verso il fondo della tenda, ma sfortunatamente scivolai su del liquido che era stato versato in terra da qualcuno. Cercai di attutire la caduta con una mano, finendo solo per farmi male al polso. Quest'ultimo pulsava dandomi scosse di dolore atroce. Una parte di me mi diceva che non era questo quello che sarebbe dovuto accadere, e invece era capitato.
Una sorta di panico dipinse il volto del capo del villaggio che si affrettò a dare ordini, in quella lingua sconosciuta, a due donne che subito mi sollevarono per le braccia, scortandomi fuori.
Le seguii credendo che mi stessero portando dal loro medico, che però, evidentemente non si trovava al villaggio. Ci inoltrammo in una parte di bosco dai coloro brillanti, fino a raggiungere una radura, in cui attorno non vi erano che piante appassite e fiori secchi, in contrasto con tutto il resto della foresta.
Una piccola capanna emanava fumo dalla punta. Alla sue spalle vi erano delle cascate e una piccola grotta su uno dei pendii,semi-nascosta fra la vegetazione. Di lì passava il fiume che avevamo percorso il giorno prima per arrivare, ma non scorgevo la nostra nave.
Le donne mi lasciarono sulla porta, sparendo subito dopo.

Quando entrai, un uomo se ne stava seduto su un tappeto di pelliccia di non so quale animale. Con un gesto mi invitò a sedermi e mi prese il braccio dolorante fra le sue dita, senza chiedermi di poter procedere con quel contatto. Mise sul polso degli impasti strani, che puzzavano  incredibilmente, ma che mi diedero una qualche sorta di sollievo immediato. Almeno sapevo che il polso non si era rotto, ma probabilmente solo slogato. Avvolse l'impacco con delle bende e poi mi spinse fuori dalla tenda,come se volesse liberarsi di me il prima possibile.

Mi voltai come attratta dalla cascata alle mie spalle, prima di dirigermi di nuovo verso il villaggio seguendo la strada che avevo percorso in precedenza. Mentre mi allontanavo, notai che al di sopra della rupe della cascata, vi erano dei grossi monoliti in legno, tutti decorati. Sembrava avessero delle facce in cima, che scrutavano ogni cosa.
Mi chiesi perché, se quelli erano i loro dei come pensavo, fossero così lontani dal accampamento principale. Andavano su e giù ogni volta per pregarli?

Nonostante la loro manifattura, anche se da lontano, sembrasse spettacolare per i suoi colori vivaci e i dettagli che li facevano sembrare quasi umani, quelle statue giganti emanavano una strana sensazione. Mi rendevano nervosa, cosa che mi spinse definitivamente ad allontanarmi dal luogo il più in fretta possibile per tornare dalla mia ciurma.
Ancora tutti sotto la tenda a festeggiare,nemmeno si accorsero del mio ritorno.
Non avevo particolarmente appetito, così mi limitai a mandare giù qualche boccone prima di tornare nel mio alloggio, dove mi aspettava un bagno caldo, un pigiama pulito e profumato e tante ore di sonno ristoratore.

Hola!
Come promesso, un altro capitolo pronto per voi.
Le cose stanno diventando sempre più strane per Charlotte. Sempre più vicini al tesoro, eppure così lontani...
Ci si vede al prossimo capitolo. Bye bye

Instagram: martinaciutto

Black Law:la leggenda dei sette mariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora