Capitolo 18

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Tra un pensiero e l'altro, il nostro giovane innamorato, si era finalmente addormentato.
Deve essere stato difficile, addormentarsi con tutti quei pensieri per la testa. I pensieri talvolta possono essere letali. Possono distruggerti. Possono farti sognare.
Ma in realtà, i pensieri, sono solo controllati dalla nostra mente. E qualunque cosa facciamo, i pensieri torneranno sempre nella nostra mente.
In un modo, o nell'altro.
La notte passò turbolenta, rigirandosi in continuazione nel letto, senza trovare pace.
Levi si alzò tardi quella mattina. Erano le 12:40. Evidentemente Mikasa era partita per andare a scuola.
Armin lo disse anche l'altra sera, che i ragazzi sarebbero tornati a scuola, dopo quell'attimo di pausa.
Si alzò lentamente, sedendosi sul bordo del letto. Sbadigliando e stiracchiandosi, si mise in piedi e grattandosi la pancia dal sotto della maglietta, scese le scale fino ad arrivare in cucina. Trovò un biglietto.
Probabilmente era stato scritto dalla ragazza.

"Prendi qualcosa da mangiare, o fattene. Ricorda che dobbiamo​ essere alla stazione radio. Non fare tardi.
Non vengo a casa."

"Tch, non c'era bisogno di mettere un bigliettino. Me lo sarei ricordato benissimo. Bha-"
Accese il piano cottura, e ci mise una padella.
Aprì il frigo e notò del bacon.
"Mh, si. Variamo un po'. Oggi mi sento inglese."
Prese delle uova e il bacon.
Ruppe le uova facendo attenzione a non far cadere pezzi indesiderati del guscio. Non poteva vedere il piano cottura sporco di albume appiccicoso.
Lo pulì all'istante.  Mise a cuore anche il bacon.
L'odore che avevano erano davvero stupendi. Il bacon era fantastico. Stava prendendo quel tipico colore.
Gli aromi si intrecciavano tra di loro e la casa si riempì di quell'odore di carne e uova.
Il pranzo era pronto. Era pronto per essere impiattato.
Eppure mancava qualcosa.
Il corvino sentiva che mancava qualcosa, ma non nel cibo.
Era una presenza.
Iniziò a mangiare sul tavolo, accendendosi la Tv.
Eppure mancava qualcosa.
Era più che evidente.
Era più che logico.
Mancava lui.
Levi era abituato a cucinare nella sua casa. Era abituato che, quando stava in cucina, c'era sempre Eren ad abbracciarlo di dietro, mettendo il viso sulla sua spalla.
Ma ora, era come se quella presenza si fosse alleggerita. Sparita,come polvere.
"Ma è mai fottutamente possibile che non riesco a non pensare ad altro?! Cazzo, insomma!"
Urlò stufato Ackerman conficcando la forchetta nel bacon, per poi mettersela in bocca con foga.

"Sto diventanto pazzo, me lo sento.
Mi sono davvero stufato. Dannato me, e quando ho preso questa relazione troppo seriamente. Non potevo semplicemente fare come una volta?"
Pensò Levi, masticando la pietanza che aveva in bocca.
Il nostro caro Levi un tempo, era un ragazzo popolare tra le ragazze. Un play boy, si può aggiungere.
Le sue relazioni duravano non più dei 4 mesi con le ragazze. Era un gioco.
L'amore per lui era un gioco in cui non ci sono veri innamorati.
Al giorno d'oggi, l'amore è visto come unicamente fatto di amore corporeo.
Non ci sono sentimenti, ne amore sincero ma solo di piacere corporeo.
Forse Levi si era immedesimato in questa teoria e pensiero, tanto da avere una relazione del genere.
Conoscendo Eren, è cambiato.
Eren era il tipico ragazzo in cui crede nell'amore sincero. Nell'amore offerto dal proprio cuore.
Erano due persone con pensieri e ideali diversi, ma si trovavano bene insieme. Per Levi, la loro relazione, è stata la più lunga che abbia avuto. Soprattutto pura, non solo corporea.
Lavò i piatti e li mise apposto.
Si fece una doccia veloce.
Si vestì, e scese giù dalle scale.
Stava per spengere la Tv, quando il notiziario rese omaggio alla vittima del bagno della scuola dell'Accademy Titan School. Si era svolto il funerale ieri pomeriggio.
"Ancora un ripensamento su di lui, e mi sparo in testa. Cristo, aiutami tu.."
Spense la Tv e chiuse la porta a chiave.

La squadra era già sul posto,mancava solo lui.
"Se lo sarà ricordato?"
Chiese Armin alla ragazza dalla sciarpa rossa.
"Si,tranquillo. Lui non è mai in ritardo."
Affermò Ackerman.
E per l'appunto, comparve da una salita il Kuudere. Non sembrava affaticato. Si era fatto 3 kilometri a piedi qua. Ma per lui, è come se fosse stato 3 metri. Il corpo, se pur rimandendo fermo senza allenarsi, era in ottima forma.
L'edificio si rappresentava in buono stato, pur essendo abbandonato da qualche anno.
Aprirono la porta, e il team si ritrovò un corridoio. Alla fine di questo corridoio, vi era una grande sala con un tavolo in legno lungo e delle sedie girevoli poste lungo il tavolo.
Davanti a loro, erano situata una rampa di scale. Vicino alle scale, c'era la reception, con fogli sparsi per terra e delle cassette con un walk-man vicino. C'erano quadri e poster che raffiguravano i successi dei cantanti: dagli anni 60 ai giorni nostri.
Gli anni 60-70-80-90, qui, erano considerati i più bei anni della musica. E come dargli torto.
Alcune finestre erano rotte, e le ragnatele si erano impossessate degli oggetti e mobili che si trovavano in quel posto.
Jean, andò a sbattere contro il quadro elettrico imprecando i nomi di tutti gli dei esistenti e non.
Il suo naso aveva preso un forte urto. Tanto da farglierlo sanguinare.
La ragazza patata le porse un fazzoletto mentre sospirando attivò l'elettricità in tutta la struttura.
"Seguitemi,i piani successivi saranno di certo meglio."
Disse il biondo indicando le scale.
Esplorarono ogni stanza.
Si misero persino a giocare con i microfoni e a fare finta di avere la torre radio tutta per loro.

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