Cos'è 'Il Nero'

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Ormai era prossimo all'abisso.
Gli occhi acuti e pungenti di Mello fissavano la sagoma dormiente nel letto accanto a sé. Near. Il suo volto angelico, i suoi capelli bianchi spettinati, le mani così piccole e delicate strette al lenzuolo per qualche imprecisato motivo, russava leggermente. Se qualcuno gli avesse raccontato di come si era comportato poco prima non ci avrebbe mai creduto.
Per quale ragione, di grazia, questo essere lo aveva spinto a tanto?
A sacrificare il suo migliore amico.
A sacrificare una stupida oca.
A sacrificare tutto sé stesso. I suoi sogni, le sue ambizioni, i suoi rimpianti, i suoi rimorsi, i suoi demoni, le sue colpe, le sue gioie. Persino a superare ogni sua paura e gettarsi a capofitto nel baratro sconosciuto della morte. Ma perché?
Perché lo amava così tanto?
Perché lo desiderava così ardentemente?
Perché era perseguitato da lui?
Seppure si erano dichiarati, seppure avevano fatto l'amore, Mello sentiva come una distanza incolmabile tra di loro. Come se non riuscisse mai ad averlo completamente. Come se nonostante tutto, non fosse ancora suo.. Ma perché? Perché tutto questo?
Lo odiava.
Questo era certo e lampante. Non c'era nessun dubbio. Eppure..
Lo amava alla follia, lo amava senza cervello, senza razionalità, senza un apparente motivo, senza inibizioni, senza vergogna, lo amava e basta.
E forse era questo il fatto per cui lo aveva sempre odiato, forse ancora prima di diventare secondo a lui in classifica era diventato prigioniero, privato della sua forza e della sua volontà.
Come quando a Sansone, tratto in inganno dall'amore, vennero tagliati i capelli.
Così si sentiva dalla prima volta che lo aveva visto, dalla prima volta che lo aveva baciato al chiaro di luna, rapito dai suoi occhi così profondi che ci era annegato per sempre.
Si sentiva umiliato.
Si sentiva piegato.
Si sentiva castrato.
Si sentiva inerme.
Near gli aveva rubato quel poco che aveva. Era venuto a distruggere la sua fragile esistenza piena di oscurità e di sofferenza. Eppure quel dannato gli aveva fatto conoscere la luce per la prima volta, come nel dipinto di Michelangelo, 'La creazione di Adamo', in cui Dio si protende per sollevare dall'abisso Adamo, che a sua volta allunga un braccio verso di lui.
Adamo vuole essere salvato.
Adamo deve essere salvato.
Mello era prigioniero. Mentiva. Odiava. Perché era prigioniero.
Lui che aveva sempre pensato solo a sé stesso, da quando quel barlume di luce era entrato nella sua vita non voleva altro che proteggerlo. Che mantenere quell'unica fiamma, e per questo LA ODIAVA.
Near, da sempre privilegiato, migliore, protetto da tutti gli adulti, adagiato sugli allori.
Non aveva mai mosso un dito per lui, si era limitato ad attendere le sue mosse. Disgustoso. Subdolo. Consapevole. Meschino. Viscido.
Come poteva una luce essere così egocentrica, così incapace di tendersi anche solo un altro po' per illuminare per una volta il suo volto?
Perché aveva deciso di dare tutto se stesso per qualcosa di così ingrato?
Era appagato e soddisfatto dalla sua sofferenza, era fiero di aver assistito a quel misero tentativo di suicidio. Era perversamente eccitato dall'idea che finalmente quell'essere spregevole fosse uscito fuori di testa, crollato e distrutto a causa sua.
Mello era felice in quel momento per aver vissuto abbastanza da vedere Near dilaniato dal dolore, distrutto, fino al punto da farsi del male.
Era per questo che aveva vissuto da quel giorno.
Era tutto ciò che voleva.
Tutto ciò che aveva sempre sognato.
Sottomettere il suo unico e vero assassino. Ma amarlo, amarlo fino alle ossa, fino all'anima. Averlo, per sempre.
Mello non si chiedeva se i suoi sentimenti fossero disgustosi, se il modo in cui voleva amare fosse giusto o sbagliato, era l'unico modo che conosceva, l'unico che lo faceva sentire ancora e ancora vivo.

-Che tu sia dannato Nate River, perché io sono dannato a causa tua-

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