ATTO XXXI - Ricatti - Eleonora di Toledo

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Firenze 1548, Cripta di Palazzo Vecchio

Ludovico

Il rumore della frusta si infrangeva contro le pareti. Il boia sembrava godere del numero delle ferite che avevo riportato, ma io non avevo emesso nemmeno un gemito. Non volevo dargli quella soddisfazione.

Il sangue colava dalle ferite come un fiume in piena. Quando la frusta mi colpì ancora mi morsi il labbro, era la seconda volta che succedeva, presto avrebbe preso a sanguinare anche quello.

Volevo che tutto quel dolore finisse, anche perché non sapevo il motivo di tutta quella sofferenza.

Chiusi gli occhi mentre pregavo tutti i santi del paradiso di aiutarmi a sopportare tutto quello che mi stavano facendo.

Dafne era sempre nei miei pensieri, era grazie a lei che riuscivo ad alzarmi e a reggermi in piedi.

-Allora ti arrendi? - la domanda era stata posta da Cosimo che era apparso sulla soglia di quella sala, dalla cui finestra non entrava un filo di luce e vi erano tutti gli strumenti di tortura possibili.

Ne avevo sopportate di ogni.

-No!

Cosimo fece un cenno al boia che mi colpì con un qualcosa di ardente.
Il contatto con la pelle martoriata di quell'oggetto mi fece sobbalzare.

-Non mi pare che tu sia così forte.

-Siete un bastardo!

L'unica cosa che uscì dalle mie labbra fu quell'insulto.

Questa volta il boia mi colpì con l'attizzatoio. Non vi era più un punto del mio corpo che non fosse ferita.

-Ora basta! Smettetela!

Immediatamente i colpi terminarono. Non conoscevo la voce che aveva parlato, non ero nemmeno in grado di capire se fosse un uomo o una donna.

Il dolore era lancinante tanto che persi conoscenza.

Mi svegliai dopo qualche minuto, almeno pensavo fosse passato qualche minuto.

Non ero più nella mia cella, ma in una stanza decisamente più ricca, come quella del piano nobile.

Le mie ferite erano state fasciate con dedizione. Indossavo solo dei pantaloni, ma il petto era scoperto, non mi sentivo molto a mio agio.

Non ero solo però oltre a me vi era anche una bellissima donna, castana con gli occhi nocciola, aveva il viso di un ovale perfetto, i lineamenti dolci e pieni di un'innata maestà che non avevo mai visto. Non sapevo quanti anni avesse non riuscivo a darle un'età.

-Chi siete? - chiesi con un filo di voce.

-Non dovete sforzarvi, siete ancora molto debole. - sorrise lei avvicinandosi.

Cercai di dire altro, ma avevo la gola secca.

Ai prigionieri come me non veniva portato il rancio. Probabilmente il granduca voleva farmi morire di fame e sete.

-Tenete.

Mi passò un bicchiere e bevvi avidamente, la mia gola ringrazió la mia misteriosa salvatrice.

-Mi dispiace per quello che vi ha fatto mio marito.

La donna mi osservava con aria visibilmente dispiaciuta. Alle sue spalle vi erano però altre due figure femminili che riconobbi subito.

Amalia Bagnoli ed Isabella!

Cosa ci facevano qui?

-È un piacere vedere che state bene di grazia- sorrise Amalia avvicinandosi.

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