ATTO XXXV- Cosimo - Il ragno inizia a tessere la sua tela

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Firenze 1548,  Palazzo Vecchio, 07 marzo ore 00.00

Ludovico

Avevo imparato a memoria il percorso che dalle stanze del piano nobile portavano alle mura. Il problema era che ovunque c'erano guardie.

-Siete sicuro di farcela messer Ludovico? Sembrate molto provato - affermò Ace.

La cosa mi irritó. Non ero abituato che qualcuno si accorgesse che non mi sentivo bene. Soprattutto se il suddetto era un guerriero come me.

Dafne fu subito al mio fianco e cercai di sorriderle, ma mi resi conto che Ace aveva ragione. Ero leggermente fabbricante e maledissi dal profondo del mio cuore la mia ingenuità. La duchessa Eleonora non era più a Palazzo Vecchio e il granduca aveva solo un modo per uccidermi senza sporcarsi le mani. Avvelenarmi. Probabilmente non ne avevo ingerito abbastanza per esserne ucciso, ma sufficiente per debilitarmi.

-Temo che il granduca mi abbia avvelenato.

Avevo avuto il coraggio di ammetterlo. Ace, che conduceva il nostro piccolo gruppo si fermò di colpo.

-Dobbiamo portarvi via in fretta di qui. Dafne conducete fuori messer Ludovico, io raggiunto messer Davide e madonna Elena.

-Mia madre e il Cavaliere di Cristallo sono qui? - domandai senza comprendere.

-Sì sono qui, ma ora voi avete bisogno di cure.

-Non posso abbandonarvi qui.

-Dovete messer. La vostra vita è troppo importante.

L'idea di lasciare mia madre e il Cavaliere di Cristallo lì non mi piaceva per niente.

Però convenivo con lui. La febbre stava iniziando a salire di nuovo e in quelle condizioni ero più un peso che un aiuto.

-Va bene.

Vidi Dafne sospirare di sollievo. Evidentemente temeva che mi interstardissi e volessi raggiungere mia madre.
Da una parte lo volevo ma dall'altra le mie condizioni fisiche non me lo permettevano.

Dovevo essere realista.

-Coraggio andiamo. - Sorrise mia moglie mentre le indicavo il percorso più veloce per raggiungere le stalle.

-Mi dispiace, Dafne.

-Per cosa?

-Per averti messo in questa situazione.

Lei mi baciò la guancia e sorrise appena.

-Sono qui per te. Non ti avrei mai abbandonato in una situazione del genere. Non ora che siamo sposati.

Le sue parole mi fecero sorridere.

-Ho fatto appena in tempo a giurarti amore eterno e di colpo mi sono trovato nella cella dei condannati a morte.

Quelle parole la turbarono e io mi pentii amaramente di aver dato voce a quelle idee.

-Non pensarci ora l'unica cosa che è importante è portarti dell'eremita.

Annuii mentre una gamba mi cedeva.

-Ludovico!

Fui costretto ad appoggiarmi a Dafne. Mi sentivo sempre più debole, ma non potevo arrendermi ora o sarebbe stata la fine.

-Aspetta! - con le poche forze rimastomi riuscì a trascinarla dietro ad una colonna per evitare di essere scoperti.

Vi erano due guardie. Non potevamo passare.

-Devo dirti una cosa Dafne.

-Ti ascolto.

-Ho sentito che stanotte tenteranno di uccidere il granduca. Non possiamo permetterlo.

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