ATTO XLVII- Marachelle - Risate di bambini

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Firenze 1548, Volta Stellata, 15 marzo.

Ludovico

Ace era sparito all'alba e nessuno sapeva dove fosse andato.
Dafne sosteneva che l'arciere fosse tornato dalla ragazza che era la sua promessa sposa, ma io ero di altro avviso.

C'erano un sacco di cose su Ace che nessuno sapeva. Soprattutto nessuno lo conosceva così bene da sapere esattamente dove andasse di notte e cosa facesse.

Inoltre vi erano altri fatti preoccupanti per quanto mi riguardava.

Non riuscivo a non pensare ad altro se non al duello che dovevo affrontare contro il granduca.

Le strategie erano molte, ma nessuna di quelle che conoscevo poteva essermi utile contro il mio avversario. Soprattutto se il tale nemico altri non era che un burattino nelle mani di qualcun altro.

Immaginavo che Amalia fosse una donna astuta, ma non sapevo fino a che punto fosse pronta a spingersi.

La silenziosa battaglia per la conquista di Volta Stellata si sarebbe scatenata lesta.

In più avevo sentito che da qualche tempo a Firenze vi erano stati degli omicidi.

In quel momento bussarono alla porta e io quasi gridai per la sorpresa.

-Ludovico?- la testa bionda di Dafne fece capolino dalla porta e io sorrisi appena.

-Vieni pure- affermai.

Era da tempo che non stavamo da soli io e lei, forse perché io stesso mi ero tenuto parecchio distante da lei.

Mia moglie entrò con in mano un vassoio sopra il quale vi era il pranzo.

-Carlotta è preoccupata per te, dice che mangi troppo poco.- dichiarò Dafne appoggiando il vassoio sopra la scrivania del mio studio.

La sola vista del cibo mi dette il voltastomaco.

-Non ho fame.- affermai brusco.

-Non puoi continuare così! Questo duello ti sta ossessionando. Non riesci più a pensare ad altro non voglio che la tua salute ne risenta! Sei troppo importante per me- Dafne finì di proferire quelle parole guardandomi negli occhi.

Sospirai cercando di non sbottare di nuovo.

Purtroppo la mia sposa aveva ragione. Erano molte notti che non dormivo e che mangiavo a stento.

Tutte le mie energie erano focalizzate a scoprire il punto debole del granduca e questo mi aveva distratto dai miei doveri nei confronti suoi, di Anna, Elia e di tutti coloro che vivevano a Volta Stellata.

Mi lasciai andare contro lo schienale della sedia con aria affranta. Era difficile per me ammettere che Dafne avesse ragione.

-Hai ragione sto compiendo troppi errori.- mi presi la testa tra le mani mentre lei mi appoggiava le mani sulle spalle.

-Pensavo che lo avessi capito. Per te ci sarò sempre, amore mio. Te l'ho giurato davanti a Dioe non ho intenzione di rimangiarmi la parola.- affermò lei.

Era vero. Mi aveva detto molte volte che potevo appoggiarmi a lei quando avrei avuto bisogno di parlare o di confrontarmi e invece io cercavo sempre di fare tutto da solo.

Forse perché non ero mai stato abituato ad affidarmi a qualcuno oltre a me stesso.

-Ho paura, Dafne- quelle parole uscirono dalle mie labbra talmente velocemente che mi chiesi se mia moglie avesse capito.

-Di cosa?- mi poggiò le labbra sul collo sorridendo appena.

-Di perdere te.

Ero stato sincero. Oltre alla paura di perdere il duello e con esso la vita, temevo quello che Cosimo e gli altri avrebbero potuto fare a Dafne e ai bambini.

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