ATTO XX- Ballo- Non mentirmi

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Firenze 1548, Palazzo della Signoria

Ludovico

Non ce la facevo più a stare dentro quella stramaledetta sala, mi sentivo osservato come se fossi sempre sotto esame.

Condussi Dafne su un balcone che dava sul giardino, la luce delle torce dava al mio volto un non so che di sinistro e demoniaco, mi odiai con ogni briciola della mia anima. Quel maledetto occhio rosso!

Perché, Signore? Perché maledirmi così?! fu quello il mio pensiero mentre tiravo un pugno al corrimano del balcone.

-Mio signore? - la voce di Dafne arrivò alle mie orecchie come una lieve carezza, avevo dimenticato di non essere solo. La ragazza mi abbracciò da dietro e io non sapevo come reagire, ma alla fine compresi che non volevo allontanarla, la sua sola presenza aveva lo straordinario potere di rasserenarmi.

-Sto bene

-Non mentitemi vi supplico - lessi della disperazione nelle sue parole.

Non dissi nulla mentre sentivo le sue mani sfiorare la schiena da sopra la stoffa dei vestiti.

-No, voi... - Non terminò mai la frase perché mi voltai fulmineo e la baciai. Lei rimase stupita ma non cercò di allontanarmi. E le fui grato.

Non era la prima donna che baciavo, ma era la prima che era riuscita a entrare nel mio cuore, dopo la morte di Cecilia.

Dopo poco si staccò da me fissandomi dritta negli occhi.

-Voi non capite, io morirei per voi! Solo per voi - la vidi scoppiare in lacrime, e a quel punto la strinsi forte facendole appoggiare la testa al mio petto.

A volte dimenticavo che era ancora una fanciulla, per gli altri era una donna perché aveva dato alla luce un figlio, ma in realtà era solo una fanciulla appena quattordicenne.

-Qui c'è solo uno di noi che darebbe la vita e sono io, Dafne, poiché anche io morirei per te.

La sentii sussultare.

-Non dite così, mio signore. Io non sono degna di voi -

Le feci alzare il viso seguendo il contorno delle sue labbra con le dita.

-Sono io a non essere degno di te. Tu parli dei nostri ranghi, ma nemmeno tutto l'oro del mondo potrà mai comprare l'amore o la fedeltà. Tu sei una bellissima ragazza, ma non parlo del fisico. Sei una donna forte, hai sopportato l'umiliazione più grande che si può abbattere su una donna e sei riuscita a rialzarti. Tutti pensano che siano gli uomini il sesso forte, ma io sono certo che sono le donne. Sopportate dolori che la maggior parte degli uomini non riuscirebbe a reggere e credimi che vi ammiro per questo - le sorrisi sincero.

Pensavo ogni singola parola che avevo pronunciato, noi uomini eravamo forti fisicamente, ma erano le donne a portare in grembo i nostri figli, loro a partorirli e a sopportare quando venivano picchiate senza una ragione o solo perché non volevano concedersi.

Quale diritto avevamo noi per ferirle? Nessuno. Ecco la risposta nessuno.

Dafne

Le parole di Ludovico mi avevano scossa, sapeva che pensava davvero quello che aveva detto. Avevo letto nei suoi occhi la sincerità e la forza di quelle idee che chissà quale educatore gli aveva insegnato rendendolo l'uomo che avevo davanti. Fui io a cercare le sue labbra, fui io a stringermi ancora di più a lui.

-È sbagliato messer Ludovico - dichiarai staccandomi dopo qualche minuto.

Lui mi guardò con un sorriso luminoso che rendeva il suo viso ancora più bello di quanto già non fosse.

-No, non lo è. È sbagliato amare? -

Ne ignoravo il motivo ma ero certa che mi avrebbe fatto quella domanda.

-No, ma noi non dovremmo innamorarci, non è conveniente e io non sarò mai come una nobildonna, sono cresciuta tra i commercianti - affermai amaramente. Purtroppo era così, un nobile non poteva sposare una plebea poiché era non avrebbe portato alcuna dote.

-A me non importa che non sei una nobildonna. - Era stato brusco, lo capivo.

Lo avevo praticamente rifiutato, il mio cuore si stava spezzando in due. Da una parte volevo poterlo amare, dall'altra sapevo che non sarebbe stato possibile. Potevo essere la sua amante ma nulla di più, mai moglie solo amante.

-Dafne, io non sono uno che non accetta rifiuti, ti capisco, ma ti prego non mentire anche a te stessa -

Come poteva la sua voce incantarmi come un flauto fa con i serpenti?

Perché non riuscivo a dargli torto?

Forse perché ero stanca di essere giudicata, o semplicemente perché lo amavo troppo da sopportare che un'altra donna potesse averlo per sé. Non sopportavo l'idea che un'altra potesse stargli vicino.

Ero gelosa, molto gelosa e me ne ero resa conto solo quella sera, quando quelle due donne, Amalia e Isabella, si erano avvicinate mi ero irrigidita, le avevo viste come una minaccia.

-Messer Ludovico, io, io temo che non riuscirò più a starvi troppo lontano - dichiarai in un impeto di sincerità.

Mi accorsi che i suoi strani occhi erano tornati a posarsi su di me e li vidi brillare entrambi, il suo occhio rosso non era mai stato demoniaco era una suggestione che tutti avevano quando lo vedevano. Ora ne avevo la conferma.

-Nemmeno io Dafne, non riuscirei a vederti tra le braccia di un altro uomo - dichiarò mentre mi guardava. Ci baciammo di nuovo.

E volevo che quel contatto non terminasse mai. Era bellissimo, ma, forse perché sapevamo che non eravamo soli ci staccammo subito e solo allora notai una cosa a cui non avevo mai fatto caso. All'altezza della giugolare messer Ludovico aveva una cicatrice. Una lunga cicatrice bianca che la attraversava come un taglio netto.

D'istinto gli accarezzai quel punto e lo vidi stringere i pugni

-Chi vi ha fatto questa? - sussurrai

-È una lunga storia. Non è ora il momento di raccontarla - rispose lui freddo.

Compresi che non era un argomento a lui gradito. Mi ricordai delle cicatrici che avevo visto sulla sua schiena, non erano le uniche quindi.

Quali altri segreti nascondeva Ludovico?

Probabilmente non lo avrei scoperto mai.

-Torniamo dentro, per quanto mi dolga, mi piace parlare con te - Mi sorrise e anche io ricambiai il sorriso.

Voi non credete nelle vostre stesse capacità, siete un uomo che merita, e io vorrei essere al vostro fianco per sempre.

Mi accorsi che in mezzo alla folla vi era un uomo più grande di noi che mi stava fissando, lo riconobbi subito. Era Marzio Arrighetti!

Il padre di mio figlio, e l'uomo che mi aveva violentata quella notte.

Venni scossa da un brivido e messer Ludovico se ne accorse. Seguendo il mio sguardo notò Arrighetti e lo vidi digrignare i denti.

-Tranquilla, non si avvicinerà a te -

-Possiamo tornare a Volta Stellata? - domandai titubante

-Certo, andiamo.

Angolo autrice: Bene, bene ecco un nuovo capitolo :) dunque non posso anticipare nulla ma nel prossimo succederà qualcosa che... Beh non voglio rovinarvi la sorpresa vi aspetto al prossimo capitolo :)

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