ATTO XLI- Segreti - Un ombra dal passato

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Firenze 1548,  Casa dell'eremita ore 03.00 della notte 11 marzo

Eremita

Era notte fonda quando un bussare insistente mi svegliò del mio sonno inquieto.

-Padre cosa succede? - domandò Davide mentre, insieme a Elena, mi raggiungeva davanti alla porta della mia modesta casa.

-Non lo so figlio mio, tenete le armi pronte, potrebbero essere le guardie del granduca.

Detestavo le armi, ma sapevo che era indispensabile saperle maneggiare. Avevo addestrato Ludovico proprio perché si sapesse difendere.

Davide mise mano al corto pugnale che portava sempre con sé, era un'arma piccola, ma ugualmente letale.

Aprii la porta e vidi davanti a me una donna, avvolta in un pesante mantello blu logoro, gli abiti erano incrostati di fango e gli occhi sembravano stanchi, come il resto della sua corporatura.

-Messer Gregorio.

-Marina! Cosa ci fate qui? - domandai con la voce sfiguarata dalla rabbia.

Come osava quella donna presentarsi alla mia porta?

-Vi prego, vi supplico ascoltatemi!- la donna cadde in ginocchio e io avevo ancora la voglia di buttarla fuori da casa mia a calci, ma Davide mi poggiò la mano sulla spalla e fece segno di no con la testa.

-Cosa vuoi? - chiese mio figlio con voce fredda.

-Supplicarvi di perdonarmi.

-Come posso perdonarti per quello che hai fatto a mio nipote?

-Vi prego ascoltatemi non ho avuto scelta. Stavo morendo di fame.

-E per questo hai accettato di prendere la bambina di Ludovico e Cecilia facendo finta che fosse morta?- ruggii furioso.

Marina Cavalcante era una levatrice e aveva aiutato Cecilia a partorire due anni prima.

La povera ragazza era morta e pensavamo anche il bambino che portava in grembo, invece non era così.

Quella donna, su mandato del granduca Cosimo, aveva rapito la bambina fingendo che fosse morta e facendo cadere Ludovico nel dolore più profondo.

Non avrei mai perdonato Marina, ma forse mio figlio aveva ragione non potevo agire così.

Cercai di recuperare il mio solito contegno e fissai la donna con freddezza.

Marina sembrava trattenere il respiro, aspettava che parlassi, ma io non proferii parola.

Un tempo provavo qualcosa per Marina, ma dopo il suo gesto efferato l'avevo allontanata e non avevo più voluto vederla.

Ludovico, Davide, Elena e ora Dafne erano la mia famiglia e non avrei permesso a nessuno di farli soffrire.

-Io voglio restituire la bambina a vostro nipote, voglio che sappia la verità.

Mi venne da ridere. Una risata amara e sgradevole mentre i miei occhi si posavano su di lei.

-Cosa c'è? Il granduca ha smesso di accettarti nel suo letto e ora vuoi vendicarti? Oppure hai paura che io dica la verità su di lui e su tutte le persone che sono morte per far salire al potere Cosimo?

Marina divenne bianca per la paura. Io sapevo.

Sapevo tutto. Conoscevo tutti i segreti che giravano intorno a Palazzo Vecchio, ai sotterfugi, ai giochi di potere e soprattutto al sangue che veniva versato di continuo tra quella mura che rappresentavano il centro politico di Firenze.

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